La resa di Petroceltic. Che si allontana sempre di più dall’obiettivo di colonizzare l’Adriatico. La multinazionale irlandese, arrivata nel 2016 sull’orlo del fallimento, ha presentato al Ministero dello Sviluppo Economico istanza di rinuncia a tre permessi di ricerca (B.R270.EL, B.R271.EL. E BR272.EL) e a un’istanza di permesso di ricerca (d 505 B.R) nelle acque davanti ad Abruzzo e Molise. Solo i tre permessi di ricerca, tanto per farsi un’idea, riguardano 94.500 ettari di mare. Contro queste proposte di attività petrolifere negli ultimi anni erano insorti cittadini, movimenti ed enti locali. I primi tentativi della società nell’off shore pugliese, molisano ed abruzzese, risalgono al 2006. Nelle Isole Tremiti, per esempio, dopo una serie di proteste e iniziative si arrivò alla manifestazione del 2011 a Termoli, alla quale partecipò anche Lucio Dalla. L’ultima istanza di ricerca era frutto di diverse richieste, anche parzialmente interferenti con il limite delle 12 miglia marine. A febbraio 2016, nove anni dopo la prima istanza che riguardava quell’area, la Petroceltic rinunciò a cercare petrolio al largo delle Tremiti. Le ragioni? Scarsa liquidità della multinazionale (oggi Sunny Hill Energy), ma anche i sopraggiunti cambiamenti sia legislativi, sia del prezzo del petrolio. Dei nove progetti petroliferi che interessavano interamente o parzialmente il mare di fronte alle coste abruzzesi oggi ne è rimasto soltanto uno, il progetto Elsa (BR268 RG), su cui c’è un’istanza di sospensione del decorso temporale. Un progetto che la multinazionale non intende abbandonare, considerando le risorse di petrolio dell’area.
L’ULTIMA RESA – Come sottolineato dal Coordinamento No Hub del Gas, le aree coperte dai titoli minerari per cui è stata presentata istanza di rinuncia sono immense. “I frutti della lotta per la tutela dell’ambiente e del clima iniziano a dare frutti – ha commentato il coordinamento – e, dopo Ombrina, un’altra azienda di petrolieri è costretta a fare dietrofront. Purtroppo rimangono numerose istanze e titoli minerari sia in mare che a terra”. Esulta anche il Wwf, impegnato in prima linea contro la colonizzazione dell’Adriatico. Per due tra i quattro progetti petroliferi in questione “il Wwf – commenta Fabrizia Arduini, referente per l’energia dell’associazione – si è impegnato anche a livello giuridico vincendo un ricorso al Tar nel 2012, insieme a Lipu, Legambiente e Fai, costringendo l’azienda a riavviare da capo la Valutazione di Impatto Ambientale”. E aggiunge: “Gli abruzzesi si sono dimostrati tutt’altro che popolo mansueto, così come le compagnie petrolifere descrivevano ai propri azionisti”.
LA PETROCELTIC IN ITALIA – E se è vero che dei progetti che la Petroceltic aveva in Adriatico è rimasto solo Elsa, quello principale e dal quale è partito tutto ormai più di un decennio fa, è anche vero che è difficile sapere cosa ne sarà, considerando che già da tempo la multinazionale ha smobilitato la sua presenza in Italia. Una delle ultime notizie che la riguardavano, in Italia, è stata quella relativa al decreto di decadenza del permesso di ricerca Carisio firmato dal direttore generale del Mise, Gilberto Dialuce, alla vigilia di Natale. Tutto iniziato, a dire il vero, nel marzo 2012 con la presentazione del primo progetto targato Eni per trivellare un pozzo petrolifero esplorativo a poche centinaia di metri dalle case di Carpignano Sesia (Novara). A gennaio 2018 Eni si era però tirata indietro, rinunciando a detenere il 52,5 per cento delle quote del progetto, lasciando tutta la competenza a Petroceltic. Il Mise ne aveva dichiarato la decadenza, ma gli irlandesi si erano opposti. Emblematica la risposta della Commissione idrocarburi e risorse minerarie: “Petroceltic Italia non presenta una consistenza societaria tale da garantire la realizzazione in sicurezza dei lavori previsti, in quanto la società, che non ha attualmente personale impiegato in Italia, ha visto nel tempo una diminuzione dei ricavi e, conseguentemente, una diminuzione del patrimonio netto che rimane comunque superiore ai 300mila euro minimi richiesti dal Mise”.
(immagine d’archivio)