L'accesso a Piazza San Marco era stato vietato ai partecipanti del corteo. Ma intorno alle 20 almeno un migliaio di loro ha approfittato del cordone degli agenti che si era allentato. Il prefetto Zappalorto: "Cercheremo di identificarli, la prossima volta riva degli Schiavoni se la sognano"
Adesso arriveranno le denunce, parola di prefetto. Ventidue anni dopo la presa del Campanile di San Marco da parte dei Serenissimi con il Leone marciano, le cui immagini fecero il giro del mondo con il Tanko che girava per la Piazza, come il panzer di una forza d’occupazione. Da allora era scattato il divieto. Ventidue anni dopo, altre bandiere hanno sventolato nel luogo proibito, interdetto a ogni manifestazione politica. Sono le bandiere dei No Grandi Navi che volevano esprimere lì il loro dissenso, una settimana dopo l’incidente del Canale della Giudecca, perché davanti a quella riva ogni giorno transitano i bestioni del mare carichi di turisti che fotografano un’incantevole Venezia dall’alto. E ogni nave che passa, lo fa “in deroga” al divieto del decreto Clini-Passera, che risale ormai al 2012. Sette anni di deroghe. Ma per un giorno ai No Navi la stessa deroga non era stata concessa per entrare nel salotto buono del capoluogo lagunare. Alla fine ce l’hanno fatta. Ma dal rappresentante del governo arriva l’annuncio di denunce a raffica, per non aver rispettato l’ordine, per aver violato l’accordo.
Questa è la cronaca di un pomeriggio di tensione, di un braccio di ferro durato quattro ore tra diecimila manifestanti e il palazzo prefettizio. Battaglia di logoramento e di simboli, da esibire o da negare. Venerdì 7 giugno il Comitato per l’ordine e la sicurezza aveva impedito l’accesso alla piazza, limitando il percorso del corteo dalle Zattere a Campo Sant’Angelo, passando per Accademia e campo Santo Stefano. Ma alle 16 di sabato, quando una folla di diecimila persone si è snodata per le calli, è cominciata una febbrile consultazione. Tommaso Cacciari, uno dei leader dei No Navi, lo ha urlato al microfono: “Andiamo a San Marco”. Dalle forze dell’ordine è venuto in extremis un via libera (dopo consultazioni tra Prefettura, Comune e Questura) almeno parziale, limitato all’accesso della piazza. “Il prefetto ci ha concesso di andare a San Marco. È una vittoria” hanno urlato i manifestanti, forzando la mano dell’accordo. In realtà, l’entrata in Piazza rimaneva proibito.
Il serpentone variopinto, ma pacifico, a Santo Stefano ha deviato verso la prefettura, poi ha raggiunto San Moisè e, attraverso calle Vallaresso, la Riva degli Schiavoni, lungo il Bacino. Così è arrivato in un punto da loro considerato strategico e comunque soddisfacente, almeno per quanto riguardava la riuscita dell’adunata. “Volevamo andare lì, sotto Palazzo Ducale, perché lì transitano le Grandi Navi che umiliano ogni giorno Venezia”, ha spiegato Cacciari. Ma prendete qualche centinaio di no global e ragazzi dei centri sociali. Impossibile che non ne venga fuori un corpo a corpo feroce con i poliziotti schierati a sbarrare la via verso il Campanile e la Basilica. La Piazza ha tanti accessi. Un veneziano li conosce. E gli agenti non potevano chiedere i documenti a tutti, discriminando turisti e anti-navi. Così molti sono entrati in piazza alla spicciolata, portando le loro barriere. Ma era la testa del corteo che voleva raggiungere la “zona rossa”. Ce l’hanno fatta sul far della sera, poco prima delle 20. Almeno un migliaio di persone hanno approfittato del cordone delle divise che si era allentato. Missione compiuta, sotto gli occhi delle telecamere delle televisioni di mezzo mondo, cantando in coro: “Mai più, mai più navi. La laguna paura non ne ha”.
Il prefetto Zappalorto, prima ha dichiarato: “La manifestazione è stata un successo, sia per loro che per le forze dell’ordine. È finita in riva degli Schiavoni come avevo prescritto e autorizzato. Poi, se un gruppo ha voluto andare a San Marco a farsi il selfie rompendo la legalità è un altro conto”. Quindi ha minacciato: “Se un gruppetto di antagonisti vuole infrangere la legge, come è nel loro dna, non è che li bastoniamo col manganello. Certamente, però, cercheremo di identificarli e, nel caso, di denunciarli”. Messaggio molto chiaro. “Non hanno mantenuto la parola che avevano dato, vorrà dire che la prossima volta la riva degli Schiavoni se la sognano. Anzi, quando chiederanno di manifestare, non autorizzeremo nulla a Venezia. Andranno in terraferma a protestare contro le navi. L’importante per noi è aver mantenuto l’ordine pubblico, che non ci siano stati feriti né danneggiamenti”.