A Civitavecchia, nella città del carbone, la Lega si mette il vestito ambientalista e alle amministrative batte un Pd piuttosto ambiguo sul destino della centrale Enel. Solo che ora il neo sindaco del Carroccio, Ernesto Tedesco, e la maggioranza che lo sostiene, finita la campagna elettorale dovranno confrontarsi con la linea nazionale di Matteo Salvini. Il quale, sull’argomento, ha già detto che “è finito il tempo dei ‘no’ a tutto”. Dichiarazione in linea con i piani di phase-out dell’Enel che, nei siti di La Spezia, Fusina, Brindisi e Civitavecchia, vuole sostituire il carbone con il metano. Tutt’altro, insomma, rispetto al “polo delle rinnovabili dal 2025” di cui la nuova maggioranza ha parlato in campagna elettorale. Un argomento che mette in ansia anche il M5s, di cui i comitati No-Coke civitavecchiese – da sempre per la dismissione della centrale – sono stati fra i primissimi sostenitori nello scorso decennio e che ora attendono pronunciamenti chiari dai due ministri competenti, quello allo Sviluppo Economico, Luigi Di Maio, e quello all’Ambiente, Sergio Costa. Quest’ultimo, nelle scorse settimane, proprio a Civitavecchia ha annunciato “l’uscita dal carbone” senza però soffermarsi sul futuro della centrale.
LA CARBON-STORY – Il carbone si affaccia a Civitavecchia all’inizio degli anni 2000, con il governo Berlusconi che decide di trasformare la storica centrale a olio combustibile di Torre Valdaliga Nord in un sito di produzione energetica a cosiddetto “carbone pulito”. L’ok della città arriva il 25 marzo 2003, quando il consiglio comunale a maggioranza di centrodestra – sindaco il forzista Alessio De Sio – vota con 19 favorevoli e 10 contrari l’ok alla riconversione. Fra gli assessori c’è proprio Ernesto Tedesco, che ovviamente non votò in consiglio ma disse di ‘si’ in Giunta allo schema di convenzione con la società elettrica. “Ma non è stato mai un carbonaro e le sue battaglie lo dimostrano”, affermano dal suo entourage.
Nonostante le proteste dei no-coke di fine decennio, appoggiate da Beppe Grillo, nel 2008 l’allora ministro allo Sviluppo Economico, Pierluigi Bersani, certifica l’ok definitivo alla centrale, che comincia a bruciare il carbone in arrivo dagli Stati Uniti all’inizio del decennio successivo. Negli anni, il Comune di Civitavecchia stipula con la società elettrica una convenzione che prevede l’investimento di 300 milioni di euro sul territorio per un polo eolico, ma la situazione critica delle casse comunali spinge il sindaco pentastellato, Antonio Cozzolino, nel 2014, a chiedere di trasformare quei fondi in “progetti per la città”. Progetti, fin qui, realizzati solo in minima parte.
LA PHASE-OUT DELL’ENEL – Il carbone torna nell’agenda politica locale nel 2017, quando il premier Paolo Gentiloni indica, nel documento di strategia energetica nazionale, il 2025 come data di uscita dal carbone. Enel si adegua e, in vista dell’apertura di un tavolo nazionale con il Governo, il 15 maggio 2019 – dunque al culmine della campagna elettorale – presenta un piano di “sostituzione progressiva degli attuali impianti a carbone” con “impianti a gas nei siti in cui Enel è oggi presente”. Il tema è subito divisivo. Il metano scontenta tutti. Gli ambientalisti che danno la colpa – mai dimostrata – alle centrali per i 700 tumori all’anno che colpiscono i civitavecchiesi. I sindacati, che vedrebbero crollare l’occupazione dai 2.000 posti assicurati dall’indotto del carbone ai 60-70 che impiegherebbe una centrale a gas.
Così accade l’imponderabile. Il centrodestra sceglie la linea ultra-ambientalista e una parte della coalizione a sostegno di Tedesco invoca addirittura il no al gas, fermo restando il ripristino del “polo delle rinnovabili” e dei 300 milioni di euro spostati dal sindaco pentastellato, mentre il Pd e il suo candidato Carlo Tarantino, sposano la mozione “lavoro” auspicando addirittura una permanenza del carbone “in mancanza di un piano alternativo”. Linea che in parte ha pagato – nonostante la sconfitta – visto che al ballottaggio Tarantino si è preso 2.000 voti dei pentestallati esclusi dal secondo turno. Tutto ciò mentre Matteo Salvini affermava che “non si può dire no a tutto: al carbone, al metano e agli inceneritori. È finito il tempo del no a tutto”.
I DUBBI DEL M5S – In tutto questo, l’ultra ambientalismo della Lega potrebbe andare a scontrarsi con le “frenate” del Movimento 5 Stelle. Perché se il sindaco uscente Antonio Cozzolino si è sempre schierato contro ogni ipotesi di aumento del carbone bruciato – “ma tutelando il più possibile l’occupazione per evitare di creare nuove povertà”, in una città in cui si lavora soprattutto al porto, in centrale e in poche altre attività locali – a livello nazionale i tentennamenti sono più di quelli previsti. Il capo politico Luigi Di Maio, vicepremier e titolare del Mise (dunque il più titolato a pronunciarsi) ancora non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali sul tema, avendo aperto un tavolo governativo su tutta la strategia energetica nazionale che riguarda, ovviamente, altri siti in città. A Civitavecchia è andato invece il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, che tuttavia si è soffermato solo sull’uscita dal carbone, senza approfondire il tema della riconversione a metano. “Enel va richiamata al rispetto degli impegni assunti con la città di Civitavecchia. Se da parte dell’azienda ci si volesse limitare alla riconversione a gas, sarebbe inaccettabile”, dice a IlFattoQuotidiano.it Massimiliano Grasso, esponente civico e uno dei principali azionisti della neonata maggioranza di centrodestra.