L’harakiri della Lega, che perde Rovigo, è clamoroso. Il partito di Salvini ha governato per quattro anni, poi il sindaco aveva cominciato a perdere pezzi di giunta, fino a rimanere da solo. Senza assessori, senza maggioranza. Per ventun giorni ha resistito nel vuoto amministrativo più assoluto, finché a sfiduciarlo, quando la situazione era diventata insostenibile, una specie di farsa politica, sono stati anche i suoi consiglieri, poi puniti dal partito per aver fatto cadere un sindaco che però i rodigini non rimpiangeranno. Ma la frana di Massimo Bergamin, ex autista di autobus, diventato addirittura vicepresidente regionale della Liga Veneta–Lega Nord, a distanza di alcuni mesi si è trasformata in un’autentica disfatta per il Carroccio.
E’ stato un testa a testa appassionante. Dopo 13 sezioni scrutinate su 56 il suo vantaggio era di appena 15 voti. A 40 seggi su 56 è salito a 278 voti. Alla fine la forbice è stata di 390 voti appena. Per Gaffeo il risultato si è fissato i 10.600 consensi, pari al 50,94%. L’architetto Gambardella si è fermata a 10.210, pari al 49,06%, circa 400 voti in meno rispetto a quelli del primo turno. E’ stato Gaffeo a risalire la corrente, con un incremento di voti pari al 49,9 per cento.
Nel 2015 l’impresa di Bergamin era stata memorabile. Ma poi è stato travolto dallo sgretolamento interno. Le dimissioni dei consiglieri erano state decise per evitare l’ormai inevitabile commissariamento, che avrebbe fatto slittare al 2020 le elezioni per avere un nuovo sindaco.
In Veneto il centrosinistra conserva Valdagno, dove Giancarlo Acerbi si riconferma per altri cinque anni, distanziando di circa 300 voti Alessandro Burtini del centrodestra, che al primo turno lo aveva sopravanzato di appena 104 consensi. A Mogliano Veneto, nella provincia di Treviso dove alle Europee ha ottenuto un diluvio di voti, la Lega conquista il Comune con appena 45 voti di scarto: 6.166 per Davide Bortolato, 6.121 per Carola Arena del centrosinistra, che ha solo sfiorato il colpaccio.