Il centrodestra guidato da Francesco Ferrari batte 64 a 35% la candidata dem Anna Tempestini, che si era presentata in continuità con l’ex giunta di centrosinistra di Massimo Giuliani. Tra i principali motivi della sconfitta del centrosinistra la crisi dell’acciaieria ex Lucchini
L’ennesimo (ex) bastione rosso della Toscana che viene conquistato dal centrodestra sovranista. Sembra il solito refrain sentito e risentito così tante volte negli ultimi cinque anni da non far quasi più notizia. E invece no, perché Piombino è stata per 70 anni, dopo la vicina Livorno, il simbolo di quella sinistra in grado di resistere alla caduta del muro di Berlino, alla crisi economica del 2008 e a quello che Hegel chiamerebbe lo Zeitgeist, lo Spirito del Tempo. Oggi non più. La città che negli ultimi anni ha visto cadere ai suoi piedi uno degli ultimi poli siderurgici d’Italia ha svoltato a destra: per la prima volta nella storia è stata conquistata dal centrodestra di Francesco Ferrari (Fratelli d’Italia) che ha battuto 64 a 35% la candidata del Partito Democratico Anna Tempestini, che si era presentata in continuità con l’ex giunta di centrosinistra di Massimo Giuliani. Nel suo primo discorso Ferrari quasi non ci credeva parlando di una vera e propria “magia”: “Questo successo è figlio di tutti i piombinesi che hanno voluto riscrivere con noi il proprio futuro – ha detto il nuovo sindaco di centrodestra –. Aver interpretato in maniera così completa il desiderio diffuso di cambiamento significa che siamo stati fin da subito in sintonia non con la pancia degli elettori ma con il loro cervello. Dirò di più: con il loro cuore”.
A Piombino gli operai votano a destra – Tra i 17 comuni toscani al voto al ballottaggio, Piombino (insieme a Cortona e ad Agliana) va in controtendenza rispetto alle vittorie del centrosinistra nelle altre città, tra cui Livorno e Prato. Ma già dal primo turno dello scorso 26 maggio qui si era capito che la storia era stata già riscritta: a Ferrari erano mancati 300 voti (48%) per vincere al primo turno e il risultato del secondo sembrava scontato. Invece, secondo una prima analisi, il candidato di FdI appoggiato da tutto il centrodestra avrebbe addirittura allargato il proprio bacino di elettori con 10.411 voti (quasi due mila in più rispetto al primo turno) vincendo praticamente in tutte le zone della città. Ferrari è stato trasversale e in grado di raccogliere consensi tra molti ex elettori del Pci (poi Ds e Pd) che qui aveva sempre raggiunto percentuali bulgare al primo turno. Ed è stato proprio il voto degli operai a dare la spinta decisiva a Ferrari per l’elezione a primo cittadino. Una parte di questi, che avevano sostenuto il candidato di Rifondazione Comunista Fabrizio Callaioli al primo turno (7,1%), si sarebbe astenuto anche perché il partito di sinistra ha deciso di non dare indicazioni di voto ai propri elettori.
La crisi delle acciaierie e i rifiuti – Tra i principali motivi della sconfitta del centrosinistra c’è sicuramente la crisi dell’acciaieria ex Lucchini che, nonostante il nuovo corso di Jindal e tanti annunci entusiasti, non ha risolto il problema occupazionale: a dicembre scorso gli operai in cassa integrazione erano ancora 1.300. La cessione di Aferpi da Cevital agli indiani di Jindal per 75 milioni di euro quindi non ha portato ad una ripartenza dello stabilimento e quindi dell’intera città, che da sempre gira intorno alla fabbrica. Poi, a influenzare tutta la campagna elettorale è stato anche il tema dei rifiuti: l’ex giunta dem ha raddoppiato gli spazi della discarica di Rimateria contro il parere di Ferrari e delle opposizioni che da tempo chiedevano un referendum consultivo sullo smaltimento della spazzatura urbana. Infine, il resto lo ha fatto la crisi economica: Piombino è il cuore di quella che in linguaggio burocratico viene chiamata “area di crisi industriale complessa”. Ergo: negli ultimi dieci anni è stata messa in ginocchio soprattutto a livello occupazionale, con ben 1.100 disoccupati in più nell’ultimo trimestre del 2018.
Né Calenda né Zingaretti sono bastati – La sfida di Piombino però non rappresentava solo una partita locale: i governi Renzi e Gentiloni avevano puntato molto sulla ripartenza industriale del polo siderurgico e per questo la scorsa settimana in città erano sbarcati anche i pezzi grossi del Pd tra cui il segretario Nicola Zingaretti e Carlo Calenda, che un anno fa aveva trattato direttamente con indiani di Jindal. Anche Cgil, Anpi e Arci si erano esposti pubblicamente con un comunicato in cui chiedevano agli elettori di arginare la destra e votare espressamente per la candidata dem, Anna Tempestini. Non è bastato.
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