Il Tribunale di Locri, presieduto da Fulvio Accurso alla vigilia della prima udienza del processo ha rigettato l’istanza formulata dagli avvocati Antonio Mazzone e Andrea D’Aqua che avevano chiesto la revoca della misura cautelare
Non è più sindaco. Non è nemmeno consigliere comunale di opposizione perché, nonostante sia stato il più votato, alla fine la sua lista ha rimediato un solo seggio ed è andato alla candidata a sindaco. Non potrebbe in nessun caso rappresentare un pericolo in un Comune dove, ormai, è un semplice cittadino. Eppure Mimmo Lucano, da otto mesi al divieto di dimora, non può ancora tornare nella sua Riace. Lo ha stabilito ieri il Tribunale di Locri presieduto da Fulvio Accurso che, alla vigilia della prima udienza del processo, ha rigettato l’istanza formulata dagli avvocati Antonio Mazzone e Andrea D’Aqua che avevano chiesto la revoca della misura cautelare. Una revoca che sembrava più che altro una formalità dopo la sconfitta elettorale di Lucano e che, invece, è stata negata dai giudici per i quali l’ex sindaco deve rimanere “in esilio” almeno fino a quando la Cassazione non si pronuncerà di nuovo sulla decisione presa dal Riesame di Reggio Calabria.
Ed è proprio leggendo le carte del secondo Riesame (che ad aprile aveva confermato la misura cautelare dopo il primo annullamento della Suprema Corte) che la difesa di Lucano dava per scontata la revoca del divieto di dimora. “Il pericolo – avevano scritto infatti i giudici – che il Lucano, nell’esercizio delle sue funzioni di sindaco del Comune di Riace o comunque di componente a qualsiasi titolo del civico consesso locale possa reiterare i reati della stessa specie di quelli per cui si procede, è attuale e concreto”. Addirittura il Riesame aveva descritto Lucano come un soggetto che “si muove ed agisce nel Comune di Riace con disinvoltura e abilità sorprendenti”. E ancora: “Lucano ha fatto quello che ha voluto della sua qualità di sindaco e di responsabile dell’ufficio anagrafe del Comune di Riace”. In sostanza, “un sindaco che abusa costantemente del suo ruolo e della sua funzione”. L’esigenza cautelare ravvisata dai giudici nei confronti di Lucano, quindi, è il rischio di “reiterazione del reato”. Un pericolo “attuale e concreto”.
Ma dal 26 maggio, con la vittoria alle elezioni comunali di una lista a trazione “Lega”, non ci sono più né l’attualità né la concretezza di un rischio che Lucano possa reiterare quei reati per i quali a ottobre il gip lo ha arrestato su richiesta della Procura di Locri. Nell’ambito dell’inchiesta “Xenia”, infatti, Lucano è accusato di alcune irregolarità nella gestione dei fondi per l’accoglienza ma la misura cautelare per quest’accusa non è stata accolta. Il divieto di dimora, infatti, riguarda i reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e alcune presunte irregolarità nell’appalto del servizio di raccolta dei rifiuti. Entrambe le accuse sono legate alla funzione di sindaco (che non ha più) ma fino alla Cassazione dovrà rimanere in esilio.
Intanto stamattina inizierà il processo a Locri. Lucano sarà in aula sul banco degli imputati e fuori dal Tribunale è prevista la manifestazione di solidarietà organizzata dal “Comitato 11 giugno”. Tantissime sono state finora le adesioni a quella che si presenta come un’aggregazione civica e politica per sostenere Mimmo Lucano. Probabilmente ci saranno centinaia di persone che da tutta la Calabria e anche da fuori raggiungeranno Locri dove il sindaco, Giovanni Calabrese, “con apposita ordinanza” ha interdetto “la sosta e il transito nelle principali vie cittadine”. “Tutta la zona del palazzo di giustizia – ha scritto Calabrese su Facebook – sarà per ovvi motivi, off-limits”. Un provvedimento che non è stato mai applicato a Locri, nemmeno quando si è celebrato il processo per la strage di Duisburg alle cosche di San Luca.