Ad annunciare che Chiamparino resterà in politica sono gli altri consiglieri regionali del Pd, che lo ringraziano per "avere dato la disponibilità a restare per una fase di accompagnamento della quale verrà definita, in seguito, la durata". Il 27 maggio aveva detto: "Metto a disposizione il mio seggio per vedere se ci sono soluzioni che aiutino a portare qualche energia nuova"
“Non credo di avere più molto da dire”. Era stato chiarissimo dopo la sconfitta alle Regionali contro Alberto Cirio. Due settimane dopo, l’ex governatore del Piemonte, Sergio Chiamparino, ha cambiato idea: la politica fa ancora per lui e si tiene il seggio in Consiglio regionale. All’indomani del k.o. nelle urne, Chiamparino aveva dichiarato di voler dire addio “per consentire che una nuova base politica abbia inizio” dopo aver combattuto la sfida elettorale che aveva definito “l’ultima battaglia”.
“Ho 71 anni. Potevo farlo anche prima – aveva spiegato – Mi sono sentito di combattere l’ultima battaglia. L’ho persa, non ho più nulla da dire”. Un (quasi) addio pacato: “Non vado via sbattendo la porta. Metto a disposizione il mio seggio per vedere se ci sono soluzioni che aiutino a portare qualche energia nuova”, aveva detto. Ma quel momento non è ancora arrivato.
Ad annunciare che Chiamparino resterà in politica sono gli altri consiglieri regionali del Pd, che lo ringraziano per “avere dato la disponibilità a restare per una fase di accompagnamento della quale verrà definita, in seguito, la durata, contribuendo con la sua grande esperienza all’opposizione”. Un impegno breve, pare di capire, almeno nelle intenzioni.
“Abbiamo convenuto sulla necessità di una mia iniziale partecipazione al lavori consiliari, in accompagnamento all’avvio dell’attività del gruppo stesso – dice ora l’ex governatore – I tempi di questo accompagnamento saranno definiti in itinere, in coerenza con quanto già detto quando ho annunciato che la mia uscita sarebbe stata concordata nei modi e nei tempi con la coalizione”.
L’ex governatore aveva già lasciato la politica una volta, nel 2011, quando al termine del suo secondo mandato da sindaco di Torino “lasciò” il suo posto a Piero Fassino per diventare il presidente della Compagnia di San Paolo, la fondazione bancaria che detiene una fetta delle azioni di Intesa San Paolo.
Cresciuto nel Partito Comunista e nella Cgil, passato poi al Pds, Ds e infine al Pd, due volte sindaco del capoluogo piemontese (dal 2001 al 2011) ed eletto nel 2014 alla, dove era stato candidato quasi per acclamazione, senza passare per le primarie, adesso siederà in Consiglio. A tempo, giura.