L’ultimo incontro di Sergio Mattarella con Luca Lotti risale al 6 agosto scorso. Quindi quattro mesi prima che per l’ex ministro dello Sport venisse chiesto il rinvio a giudizio relativo all’inchiesta Consip. Quando ancora Giuseppe Pignatone era nel pieno delle sue funzioni. Insomma: i legami vantati dal braccio destro di Matteo Renzi con Luca Palamara, registrati dal trojan installato sul telefonino di quest’ultimo e riportati da alcuni quotidiani, sarebbero privi di alcun riscontro. Come totalmente infondate sarebbero pure le notizie messe a verbale dallo stesso Palamara: il pm indagato per corruzione ha raccontato ai magistrati umbri di essere stato informato da un amico del trojan installato sul suo telefonino. Una notizia che sarebbe arrivata da una non meglio specificata fonte all’interno del Quirinale.
“La presidenza della Repubblica non dispone di notizie su indagini giudiziarie e dal Quirinale non può essere uscita alcuna informazione al riguardo“, fanno sapere fonti qualificate del Colle, interpellate sul punto dal fattoquotidiano.it. “Non è la prima volta che i retroscena giornalistici raccontano di contatti con il presidente della Repubblica, attribuendo al capo dello Stato opinioni e interventi. Che però sono inesitenti“, aggiungono le stesse fonti. Sottolineando che il presidente “non si è mai occupato né ha mai parlato di nomine di magistrati“.
Il riferimento è ovviamente per le ultime novità emerse dall’indagine che ha spaccato il mondo della magistratura, riportate da Repubblica e Corriere della Sera. Il Gico della Guardia di Finanza, infatti, ha consegnato alla procura di Perugia le trascrizioni integrali dei dialoghi captati dal trojan installato sul telefono di Palamara. Agli incontri notturni col pm indagato (al quale partecipavano cinque consiglieri del Csm), Lotti avrebbe raccontato di essere andato addirittura al Quirinale. Il motivo? Raccontare a Mattarella la propria vicenda giudiziaria, dipingendosi come una vittima della ufficio inquirente capitolino, lamentandosi col capo dello Stato del procuratore Giuseppe Pignatone e dell’aggiunto Paolo Ielo. L’ex ministro dello Sport avrebbe anche sostenuto di essere in grado di tornare al Colle per provare a trovare una sponda nel risiko che avrebbe portato alla nomina del nuovo capo dell’ufficio inquirente capitolino.
La presidenza della Repubblica non ha fatto e non intende fare alcuna nota per smentire quanto avrebbe sostenuto Lotti e soprattutto Palamara. Ma fonti qualificate interpettalate dal fattoquotidiano.it smontano punto per punto le affermazioni accreditate dagli atti giudiziari – riportati dai quotidiani – all’ex ministro e del pm sotto inchiesta. Dallla presidenza, infatti, fanno notare che i colloqui di Mattarella sono annotati nelle agende presidenziali. L’ultima volta che Lotti è salito al Colle era il 6 agosto del 2018. E si trattò di una visita di congedo, come tante altre visite simili furono concesse ai ministri uscenti del governo di Paolo Gentiloni.
Insomma, solo una incontro di commiato, che nulla aveva a che vedere con il futuro della procura di Roma. “Il presidente – ribadiscono dal Quirinale – non si occupa di nomine. Gli unici interventi sono di carattere generale, per richiamare il rispetto rigoroso dei criteri cronologici“. Un auspicio ripetuto più volte da Mattarella nel pieno della bufera giudiziaria del Csm. Il capo dello Stato, infatti, ha invitato i consiglieri a occuparsi delle nuove nomine a partire dagli uffici giudiziari in cui la poltrona di vertice è vuota da più tempo. Lo stesso input contenuto nel discorso – riveduto e corretto fino alle virgole dallo stesso Mattarella – del vicepresidente David Emini al plenum straordinario del 4 giugno scorso. E subito seguito dalla nuova commissione incarichi direttivi.