Prima premessa. Ci sono tavolieri di gioco che sono mappe (pensate al Risiko!, per esempio) e ci sono tavolieri composti da oggetti particolari, più o meno tridimensionali (tipo il Mastermind, per capirci); moltissimi tavolieri sono invece porzioni di piano tassellato. Il primo che viene in mente è ovviamente la scacchiera, anzi è invalsa l’abitudine (a mio avviso pessima) di chiamare scacchiera non solo il tavoliere dove si gioca a scacchi, ma anche ogni tavoliere tassellato con quadrati.
Poi è stata la volta dell’esagono, poligono prediletto nei giochi di simulazione. L’esagono è anche la forma base de I coloni di Catan, il gioco che nel 1995 ha segnato una svolta storica nel settore dei giochi di tavoliere: la sua prima e peculiare caratteristica è la modularità del tavoliere, composto da una ventina di tessere esagonali che rappresentano diversi tipi di paesaggio. In altre parole tassellatura esagonale, ma tavoliere sempre diverso ad ogni partita. E l’ottagono? Non ci sono tavolieri con tassellatura ottagonale, semplicemente perché con l’ottagono non si tassella il piano, bisognerebbe intervallare con dei quadrati (provate!). Lasciamo comunque stare le profondità matematiche della tassellatura del piano (potrebbero farci venire le vertigini), diciamo solo che se volessimo tassellare il piano utilizzando un solo poligono regolare, la nostra scelta, oltre che su quadrato ed esagono, potrebbe cadere solo sul triangolo equilatero.
Seconda premessa. Ve lo ricordate, vero, il gioco per carta e matita degli anni 60 noto soprattutto col nome di La Pista? Carta quadrettata (un piano tassellato col quadrato) e matite colorate, si disegna un circuito, si simula una corsa automobilistica e si cerca di arrivare primi con la propria auto, affrontando le curve senza uscire fuori pista. Il gioco ha anche valenze didattiche in quanto applica concetti di matematica vettoriale e si “corre” sfruttando il principio del mantenimento del moto. Una spiegazione più dettagliata la trovate per esempio su Giochiamo insieme con carta e matita di Andrea Angiolino (Sonda, 2016).
Ma veniamo finalmente a noi. Spartaco Albertarelli, certamente uno dei più prolifici autori di giochi italiani, da ragazzo giocava con soddisfazione a La Pista, ma già si domandava se non fosse possibile trasformarlo in un gioco da tavolo. A dire il vero nel corso degli anni sono comparse edizioni in scatola de La Pista, ma riproducevano in modo pressoché pedissequo il meccanismo del gioco su carta. E Spartaco non è tipo da accontentarsi! Lui voleva partire dall’idea di base del movimento vettoriale per creare qualcosa che non fosse vincolato a una griglia di gioco, per evitare una serie di “difetti” che il gioco carta e matita non poteva eliminare; per esempio la scarsa interazione fra i giocatori, che si limita ad ostacolare le traiettorie degli altri con la propria “macchina”. Una sequenza di gioco predefinita sin dall’inizio crea poi il problema della “mossa perfetta”, che di fatto rende impossibile qualsiasi sorpasso da parte di chi gioca dopo il primo. E dopo molti anni ecco che la perseveranza di Spartaco viene premiata: esce Vektorace, la soluzione a tutti i problemi.
Questo progetto ha avuto una gestazione lunghissima, e Spartaco non si fa pregare a raccontarcela. “I miei primi prototipi – ci dice – risalgono a circa dieci anni fa, ma in tutto questo tempo non avevo mai trovato l’elemento giocoso che consentisse di rendere un titolo totalmente deterministico e a informazione completa, gradevole anche a chi trova i numeri un po’ troppo freddi. A fine 2017, in modo del tutto casuale, entro in contatto con Davide Ghelfi, autore di un gioco intitolato Papecarz che altro non è che una corsa automobilistica interamente realizzata in cartoncino da montare e incollare. Conoscevo il gioco, graficamente bellissimo, ma non Davide. Capire che avremmo potuto mettere insieme le due idee è stato un attimo e le sue macchinine sono diventate il vero cuore del gioco.”
Ah, dimenticavo, è ottagonale anche la scatola. Naturalmente.