Dopo il quarto giorno di violente proteste a Hong Kong e l’invasione del Parlamento da parte dei manifestanti, l’assemblea ha deciso di sospendere i lavori sulla controversa legge sulle estradizioni verso la Cina. Le autorità hanno annunciato la chiusura di tutti gli uffici governativi situati nel distretto finanziario. Gli scontri tra cittadini e polizia hanno causato mercoledì 72 feriti, di un’età compresa tra i 15 e i 66 anni, di cui due in gravi condizioni. Tra questi, ci sono 21 sono poliziotti, 9 dei quali sono ricoverati in ospedale. Anche nel corso della giornata di ieri, i manifestanti hanno lanciato bottiglie incendiarie ed eretto barricate e le forze dell’ordine hanno usato proiettili di gomma, gas urticante, cannoni ad acqua e lacrimogeni. Il disegno di legge che viene contestato, secondo gli oppositori, metterà i cittadini di Hong Kong in balia di un sistema giudiziario cinese opaco e politicizzato. La governatrice del Paese Carrie Lam ha detto che la legge, al momento in seconda lettura, non sarà ritirata e ha definito le manifestazione “rivolte organizzate, inaccettabili per qualsiasi società civilizzata”.
Intanto, i manifestanti non accennano a smobilitarsi. Il Fronte civile per i diritti umani, la coalizione pro-democratica che ha organizzato le manifestazioni, ha annunciato che andranno avanti fino a quando il governo non avrà ritirato il disegno di legge. Le proteste sono iniziate tre giorni fa, quando un milione di cittadini si sono riversati in strada contro il testo di legge voluto dalle autorità pro-Pechino. Ieri, dopo che i manifestanti hanno invaso la sede del Consiglio legislativo, il capo della polizia, Lo Wai-chung, ha riclassificato gli scontri come “rivolta”: da ora, le persone arrestate durante le proteste rischiano fino a 10 anni di carcere.
In queste ore, l’Unione europea ha invitato le autorità di Hong Kong a “rispettare” il diritto dei manifestanti. La portavoce dell’Alta rappresentante della politica estera Federica Mogherini, Maja Kocijancic, ha detto di “condividere molte” delle preoccupazioni dei cittadini: “Negli ultimi giorni il popolo di Hong Kong ha esercitato il suo diritto fondamentale a riunirsi ed esprimersi liberamente e pacificamente. Questi diritti devono essere rispettati”. La portavoce ha precisato che “moderazione dovrebbe essere esercitata da tutte le parti. Violenza e risposte di escalation devono essere evitate”. In risposta, Pechino ha giudicato le dichiarazioni espresse dall’Ue “irresponsabili”. “Nessun Paese né organizzazione né alcun individuo ha il diritto di interferire che riguardano esclusivamente gli affari interni cinesi”, ha dichiarato la portavoce della diplomazia cinese, Geng Shuang sulla questione di Hong Kong. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha detto che spera che i manifestanti “saranno capaci di trovare una soluzione con la Cina”. In risposta, Pechino ha giudicato “irresponsabili” i giudizi espressi dall’Ue.
Contro la legge, già nell’aprile 2014, si era tenuta la più grande manifestazione del Hong Kong, da cui era nato poi il “Movimento degli ombrelli”. La normativa è vista dalla maggior parte degli abitanti del Paese come un attentato al principio “un paese due sistemi”, che serve a garantire il rispetto delle libertà democratiche nell’ex colonia britannica dopo il ritorno sotto la sovranità cinese. “Quando vediamo un milione di persone scendere in strada, significa che Hong Kong è veramente in pericolo”, dichiara un manifestante, che non vuole dire il suo nome per paura di ripercussioni. Non c’è soltanto il timore che l’estradizione colpisca gli attivisti per la democrazia, ma anche che venga messa a rischio la libertà economica. Nella giornata di ieri, oltre mille imprese hanno annunciato una serrata di protesta, mentre la confederazione sindacale di Hong Kong ha invitato i lavoratori a mettersi in malattia. Insegnanti e dipendenti dei servizi sociali si sono messi in sciopero e gli autobus hanno marciato a rilento per bloccare il traffico.
This is Hong Kong Police #HongKongProtest pic.twitter.com/ful9lOHDlp
— williamcwk (@wcwkmoney) 12 giugno 2019
In queste ore, Telegram ha subito un cyber-attacco, partito dalla Cina, legato al fatto che manifestanti di Hong Kong hanno usato il sistema di messaggistica per sottrarsi al controllo elettronico e coordinare le proteste. La società ha annunciato mercoledì di trovarsi alle prese con un “potente” attacco Ddos: un’incursione basata sull’invio di numerose richieste “spazzatura” al fine di travolgere i server. Pavel Durov, ceo dell’azienda, ha dichiarato che le richieste provenivano principalmente dalla Cina e che storicamente tutti gli attacchi di questo tipo di dimensioni “statali” sperimentati dall’azienda “coincidevano nel tempo con le proteste di Hong Kong”. Per spiegare come sono andare le cose, ha scritto in un tweet, di immaginare “che un esercito di lemmings abbia appena saltato la fila davanti a voi al McDonald’s e ognuno stia ordinando un whopper. Il server è impegnato a dire ai lemming del whopper che sono venuti nel posto sbagliato, ma sono così tanti che lo stesso server non riesce a vederti e a prendere il tuo ordine”. Sempre via Twitter, Telegram ha annunciato la stabilizzazione del sistema.