Uno studio dell’Università australiana di Newcastle rivela che ogni anno ingoiamo oltre 250 grammi di plastica. Le maggiori contaminazioni nell'acqua, sia di rubinetto che in bottiglia, e in birra, sale, pesce e frutti di mare. Marco Lambertini del Wwf: "È necessaria un’azione urgente a livello di governi, di imprese e di consumatori, e un trattato globale con obiettivi globali"
Ogni settimana ingeriamo fino a 2000 minuscoli frammenti di plastica, una quantità equivalente al peso di una carta di credito. A dirlo è lo studio “No Plastic in Nature: Assessing Plastic Ingestion from Nature to People” dell’Università australiana di Newcastle e commissionato dal Wwf, che combina i dati di oltre 50 precedenti ricerche. Secondo lo studio la maggior parte delle particelle ingerite sono sotto i 5 millimetri di grandezza e molte si trovano nelle acque di tutto il mondo, sia in quella di superficie che in quella delle falde. Nelle acque degli Stati Uniti e dell’India ne sono state riscontrate il doppio rispetto a quelle di Europa e Indonesia.
Tutti i giorni, quindi, insieme all’acqua del rubinetto o in bottiglia, alla birra, ai frutti di mare, al pesce e al sale, ingoiamo anche la plastica. Si sta ancora indagando su eventuali effetti negativi sulla salute causati dall’invasione nella natura delle microparticelle, che si diffondono nell’aria, nel suolo e nei mari: al momento si sa che le materie plastiche sono in grado di assorbire anche agenti tossici e cancerogeni dall’ambiente. Uno studio dell’università Heriot-Watt di Edimburgo ha però quantificato fino a 68.415 fibre di plastica potenzialmente pericolose che finiscono nel nostro stomaco ogni anno.
I risultati della ricerca dell’Università australiana, segnano, secondo Marco Lambertini, direttore internazionale del Wwf, “un importante passo in avanti nel comprendere l’impatto dell’inquinamento da plastica sugli esseri umani”. Ogni anno sono 8 milioni le tonnellate di rifiuti che finiscono negli oceani, di cui il 75% è costituito da plastica. Questo, rileva lo studio, provoca un danno all’economia del mare stimato dal Programma per l’ambiente delle Nazioni Unite in 8 miliardi di dollari all’anno. “È chiaro – conclude Lambertini – che si tratta di un problema globale, che può essere risolto solo affrontando le cause alla radice. Se non vogliamo plastica nel corpo, dobbiamo fermare i milioni di tonnellate di plastica che continuano a diffondersi nella natura. È necessaria un’azione urgente a livello di governi, di imprese e di consumatori, e un trattato globale con obiettivi globali”.