Cultura

Premio Strega 2019, ecco chi sono i cinque finalisti: è sfida all’ultimo voto tra Marco Missiroli e Antonio Scurati

Missiroli e Scurati stavolta se le daranno di santa ragione fino all’ultimo voto con lo scrutinio palese che si terrà in diretta televisiva la sera del 4 luglio prossimo

di Davide Turrini

Due uomini (favoriti) e tre donne. La cinquina finalista del Premio Strega 2019 è servita. A succedere alla strana e indecifrabile meteora letteraria di Elena Janeczek e del suo altrettanto indecifrabile La ragazza con la Leica (Guanda) sarà uno tra: Marco MissiroliFedeltà (Einaudi); Antonio ScuratiM, il figlio del secolo (Bompiani); Benedetta Cibrario Il rumore del mondo (Mondadori); Claudia DurastantiLa Straniera (La Nave di Teseo); e Nadia Terranova con Addio Fantasmi (Einaudi). Tutto come previsto, insomma, con Missiroli e Scurati che stavolta se le daranno di santa ragione fino all’ultimo voto con lo scrutinio palese che si terrà in diretta televisiva la sera del 4 luglio prossimo. Intanto alcune curiosità: è la prima volta che Einaudi porta due titoli contemporaneamente in cinquina; è la seconda volta per la giovanissima La Nave di Teseo di Elisabetta Sgarbi in finale; e ci sono tre donne in finale come forse non è mai accaduto nella storia dello Strega.

Quisquilie, comunque. Perché la partita è apertissima solo tra Fedeltà e M – Il figlio del secolo. Due libri diametralmente opposti nella scrittura, nell’approccio e nello sviluppo narrativo, come nella costruzione del punto di vista, e nella tenuta del ritmo. Scurati si è letteralmente immerso nella figura di Benito Mussolini (“Affacciamo nella piazza del Santo Sepolcro. Cento persone scarse, Tutti uomini che non contano niente. Siamo pochi e siamo morti. Aspettano che io parli, ma io non ho nulla da dire”, è l’incipit del romanzo) provando a raccontare il fascismo come fosse un romanzo raggiungendo picchi di variegata, folle (e contestata) ricostruzione storica, come di una forma descrittiva da cronaca giornalistica (dispacci, lettere, stralci di diari) che in certi momenti deraglia formalmente oltre l’originalità dell’idea di fondo.

Marco Missiroli diventato scrittore Einaudi dopo una vita in scuderia Feltrinelli assesta il colpo di un romanzo finalmente compiuto, groviglio inestricabile di affetti familiari incrociati nella Milano a cavallo del duemila, con l’apparente e pruriginoso amo dell’infedeltà coniugale della classica coppia borghese protagonista, quando invece Fedeltà è un dolorosissimo e tragico racconto del passaggio tra una generazione, quella del dopoguerra, concreta, saggia, idealista e allo stesso tempo placidamente compromissoria, e quella della generazione X, incapace di trovare senso all’esistenza se non attraverso un’impossibile, creativa, deresponsabilizzante realizzazione individuale. “I pensieri la assaltavano, era stata una donna di elucubrazioni al tavolo da cucito, ora li arginava sempre con la stessa immagine frivola: le distese di mignon della pasticceria Cova. Il lucido della glassa, la consistenza del marzapane, le gelatine che per lei erano gioielli: in famiglia li mangiavano nelle ricorrenze, con Franco che si accaparrava i cestini alla frutta e Margherita i bignè alla crema. A lei rimanevano i diplomatici, quanto aveva imparato ad amare i diplomatici”,  questa una citazione tratta da Fedeltà. Una curiosità: a pagina 479 di M, il figlio del secolo Mussolini affronta in duello Mario Missiroli, ex direttore de Il resto del Carlino e direttore all’epoca dei fatti de Il Secolo. Per la cronaca, che Scurati non tarda a descrivere con particolari da sussidiario, Mussolini ferisce Missiroli vincendo comunque il duello. 

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