Una proposta di legge presentata dal presidente del Consiglio Michele Pais introduce le "indennità differite" di cui i consiglieri potranno beneficiare a fine carriera e che saranno per buona parte a carico delle casse pubbliche. E la giunta ha fretta: in queste ore il Tar discute i primi due dei 14 ricorsi presentati sulla regolarità della raccolta firme dopo le elezioni del 24 febbraio e gli 8 eletti della Lega potrebbero decadere
Nella Sardegna guidata da Christian Solinas si chiamano “indennità differite“. Nel resto d’Italia il loro nome è “vitalizi“. Sono il risultato della prima (e unica) legge portata a casa dal senatore nato sardista e poi convertitosi al credo leghista divenuto presidente della Regione.
“Disposizioni in materia di status di consigliere regionale”, si chiama la proposta di legge presentata dalla maggioranza. Prevede che il deputato regionale possa mettere da parte soldi per integrare la pensione versando un contributo mensile di 580,80 euro, in modo da avere un gruzzoletto da incassare a 60 o a 65 anni, riporta il Corriere della Sera. Fin qui nulla di strano. Per il futuro tesoretto personale il testo prevede però anche una “contribuzione a carico del bilancio del consiglio regionale” pari a “2,75 volte la contribuzione mensile a carico del consigliere”. Quindi le casse pubbliche contribuiscono a questa pensione con quasi 1.600 euro, tre volte il contributo del singolo consigliere.
In questo modo, attacca la capogruppo M5s Desirè Manca, “accade che in un provvedimento teso al contenimento della spesa, la stessa aumenti di 1.149.984,00 euro all’anno, per arrivare per l’intera legislatura alla bella cifra di 5.749.920,00 euro”. E non è tutto. Il presidente del Consiglio Michele Pais ha fretta e ha provato a far arrivare il provvedimento in Aula il prima possibile senza passare per la commissione Riforme, ma la Manca si è rifiutata di apporre la firma che avrebbe attivato la procedura d’urgenza. “Si tratta di un privilegio inaccettabile e vorrei fosse chiaro che non lo voteremo mai, non siamo qui per regalarci privilegi ma per difendere i cittadini”, ha assicurato la consigliera pentastellata.
Ma perché tutta questa fretta? Perché la giunta – messa insieme tra enormi difficoltà e presentata solo il 10 maggio, due mesi e mezzo dopo il voto, laddove Matteo Salvini in campagna elettorale aveva annunciato: “La faremo in un quarto d’ora” – rischia di andare a casa anzitempo. E di farlo da un momento all’altro. Proprio in queste ore, infatti, al Tar della Sardegna vengono discussi i primi due dei 14 ricorsi presentati sulla regolarità della raccolta firme dopo le elezioni del 24 febbraio. A preoccupare i vincitori è in particolare il ricorso presentato da Antonio Gaia, Pierfranco Zanchetta e Marzia Cilloccu, che se accolto, modificherebbe la composizione del Consiglio regionale, escludendo in particolare gli otto eletti della Lega. Meglio quindi premere sull’acceleratore, è il ragionamento, e approvare i vitalizi prima di andare a casa (i leghisti) e alle urne (i cittadini sardi): la proposta prevede, infatti, che i consiglieri possano avere comunque il vitalizio con i versamenti volontari.
Secondo il Corriere della Sera e Repubblica uno dei firmatari è anche Paolo Truzzu, Fratelli d’Italia, da poco consigliere regionale ma anche candidato-sindaco alle Comunali di Cagliari. Ma lui in realtà smentisce tutto: “Non ho firmato nessuna proposta per reintrodurre i vitalizi e mai la firmerò. Nella scorsa legislatura ho presentato una proposta di legge per ridurli e sempre nella scorsa legislatura è stata presentata una legge, che io e il mio partito non abbiamo firmato, che dietro la scusa di introdurre un sistema contributivo per i consiglieri regionali in realtà triplicava l’assegno di fine mandato”.
Aggiornato alle 9.15 del 14 giugno 2019