Ancora scambi di accuse tra il ministro dell'Interno e gli operatori dell'organizzazione, dopo che mercoledì la nave che opera nel Mediterraneo ha soccorso 52 migranti a bordo di un gommone al largo della Libia. Un'operazione che il leader del Carroccio aveva definito "atto di pirateria"
Scambi di accuse, ordini disattesi e annunci di querele. È di nuovo scontro tra il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, e gli operatori della ong Sea Watch dopo che mercoledì la nave che opera nel Mediterraneo ha soccorso 52 migranti a bordo di un gommone al largo della Libia. “Le autorità libiche hanno assegnato ufficialmente Tripoli come porto più vicino per lo sbarco. Se disubbidiranno pagheranno pienamente”, ha dichiarato il vicepremier leghista che poi, come nell’ultimo caso che ha coinvolto la ong tedesca, invia una diffida ufficiale a entrare in acque territoriali italiane.La risposta dell’organizzazione non si è fatta attendere: “Tripoli non è un porto sicuro, non ci andremo. È vergognoso che l’Italia promuova queste atrocità e che i governi Ue ne siano complici”. Poi rilanciano: “Salvini (che aveva definito il salvataggio un ‘atto di pirateria’, ndr) ci ha diffamato, lo quereliamo”.
In mattinata, dopo che ieri aveva definito l’operazione dell’equipaggio come un “atto di pirateria”, aggiungendo che con il decreto Sicurezza-bis la nave non sarebbe mai entrata in Italia, il leader della Lega ha dato ordine alla ong di dirigersi verso Tripoli, in Libia, per far sbarcare le 52 persone a bordo: “La nave illegale, dopo aver imbarcato 52 immigrati in acque libiche, si trova ora a 38 miglia dalle coste libiche, a 125 miglia da Lampedusa, a 78 miglia dalla Tunisia e a 170 miglia da Malta. Le autorità libiche hanno assegnato ufficialmente Tripoli come porto più vicino per lo sbarco. Se la nave illegale ong disubbidirà, mettendo a rischio la vita degli immigrati, ne risponderà pienamente”.
Fonti del Viminale hanno confermato più tardi la posizione del ministro, parlando di “inutili sofferenze per gli immigrati a bordo della Sea Watch: da ore, senza motivo, sono fermi in mezzo al Mediterraneo. La Sea Watch ha chiesto a Tripoli un Pos e ha ricevuto risposta positiva. Eppure, ha appena modificato la rotta dirigendosi verso la Tunisia anziché verso Sud”. La nave, aggiungono al ministero, “si trova a 69 miglia da Zarzis, a 48 da Tripoli, a 124 da Lampedusa e a 176 da Malta. C’è preoccupazione per le persone a bordo, tra cui alcuni bambini che potrebbero sbarcare al più presto come richiesto dalla stessa Sea Watch”.
Dalle parole, poi, Salvini è passato ai fatti firmando una nuova direttiva per diffidare la Sea Watch dall’ingresso in acque italiane. Il provvedimento chiede alle autorità di polizia di vigilare affinché il comandante e la proprietà della nave “si attengano alle vigenti normative nazionali e internazionali”. Nel caso la Sea Watch 3 provi, come in passato, a entrare in acque nazionali, il capo del Viminale chiede alle autorità di intimare il divieto di ingresso e transito, applicando così le nuove disposizioni previste dal decreto Sicurezza-bis.
Ma l’equipaggio fa sapere che l’attracco in Libia non è una possibilità presa in considerazione, visto che il Paese non può essere considerato un porto sicuro: “Tripoli non è un porto sicuro. Riportare coattivamente le persone soccorse in un Paese in guerra, farle imprigionare e torturare, è un crimine. È vergognoso che l’Italia promuova queste atrocità e che i governi Ue ne siano complici”. Così la nave ha virato verso nord, dirigendosi verso l’approdo italiano più vicino, ossia Lampedusa.
“Sea Watch non vuole portarli in Libia? – risponde ancora Salvini – Allora spieghi perché ha chiesto a Tripoli un porto sicuro. E perché, dopo la risposta positiva, ha atteso per ore davanti alla costa africana. Aveva il via libera allo sbarco, l’atteggiamento della Sea Watch sembra un vero e proprio sequestro di persona per motivi politici. Polemizza col Viminale sulla pelle degli immigrati”.
Ong: “Quereliamo il ministro per diffamazione”. Lui: “Che paura”
I legali della ong, Alessandro Gamberini e Leonardo Marino, nel frattempo annunciano una querela per diffamazione nei confronti del ministro dell’Interno che ieri ha definito il salvataggio dei migranti come un “atto di pirateria”: “A seguito del soccorso di 52 naufraghi da parte della Sea Watch 3, il Ministro Salvini ha rilasciato, ancora una volta, innumerevoli dichiarazioni diffamatorie a mezzo stampa insultando la ong e l’operato della sua nave; operato che si sostanzia, sempre, in legittima attività di soccorso e salvataggio – si legge in una nota – Le autorità libiche non hanno dato alcuna indicazione alla nave della ong da noi rappresentata la quale ha rispettato la vigente normativa internazionale che, come oramai noto, vieta il trasbordo e lo sbarco in territorio libico. E il Ministro sa bene che fare rientrare chi fugge da guerre, violenze e soprusi in un paese che non è qualificato come ‘Porto Sicuro’, in costante guerra civile, costituisce una gravissima violazione dei diritti umani, del diritto del mare e del diritto dei rifugiati“.
La nota poi conclude affermando che “utilizzare l’importante ruolo istituzionale di capo del Viminale, in assenza di elementi oggettivi a supporto delle proprie asserzioni, costituisce violazione delle proprie competenze e lascia, peraltro, perplessi sull’attenzione e le energie che il Ministro ripone sull’attività svolta dalla ong che ha soccorso solamente 52 naufraghi quando, ricordiamo, ogni giorno arrivano decine e decine di persone a bordo di barche fantasma nonché, come nelle ultime settimane, di navi militari e mercantili“.
Ma il vicepremier non sembra essere preoccupato: “Gli abusivi della Ong mi querelano??? Uuuhh, che paura. Per gli scafisti e i loro complici, i porti italiani sono e rimangono chiusi”, ha risposto su Facebook.