Via libera alla castrazione chimica anche in Alabama, dopo la Polonia e la Russia, dove viene effettuata contro i colpevoli di stupro sui minorenni. La governatrice repubblicana dell’Alabama, Kay Ivey, ha firmato una legge che prevede la castrazione chimica a proprie spese, per i condannati per reati sessuali contro i minori di 13 anni. Il trattamento dovrà iniziare un mese prima della fine della condanna carceraria. Ma si tratta davvero di un “passo avanti verso la protezione dei bambini”, come afferma la governatrice? Parliamo intanto di recidiva.
Nei sex offender agiscono delle fantasie sessuali perverse e non si limitano all’atto sessuale penetrativo, ma strutturano distorsioni cognitive per minimizzare o negare il danno arrecato alla vittima e adottano modalità di rapporto violente e disfunzionali. Questa definizione mostra la complessità del fenomeno della pedofilia e pone dubbi sulla possibilità di applicare la castrazione chimica in modo indiscriminato. L’adozione di una terapia farmacologica antagonista al testosterone, ossia la somministrazione di un farmaco che blocchi la produzione del principale ormone maschile, ha l’obiettivo di ridurre il desiderio sessuale del pedofilo, con l’ipotesi di una cessazione del comportamento criminoso.
Ma, parlando di sessualità perversa, come un’azione, non solo di matrice biologica ma come un comportamento motivato da fattori psicologici e relazionali, la castrazione non appare una soluzione risolutiva per tutti. Inoltre il rischio di recidiva e dunque di reiterazione del comportamento sessuale violento, può presentarsi anche in assenza di capacità penetrativa da parte del reo: purtroppo il pedofilo può operare diverse forme di abuso sul minore, utilizzando oggetti per violare i bambini, oppure adottando comportamenti aggressivi e lesivi, che hanno una potenza simbolicamente sessuale. L’errore in questo contesto sta nel ridurre la responsabilità dell’intenzionalità violenta, alla sola pulsione sessuale o ai soli genitali, escludendo la complessità di intenzioni e motivazioni che muovono la persona.
Per quanto concerne l’efficacia a lungo termine della castrazione chimica, l’antiandrogeno, secondo la legislazione dell’Alabama, deve essere somministrato al reo che accetta volontariamente la terapia per ottenere la scarcerazione e paga “di suo pugno”, la sua “cura per la pedofilia”, ma si tratta di una procedura reversibile e temporanea, che cessa di essere elargita nel momento in cui una corte lo riterrà necessario. La richiesta fatta al pedofilo è quella di seguire fedelmente un protocollo medico castrante, con il rischio di incrementare la sua aggressività e con il rischio di scarsa compliance terapeutica. In entrambi i casi, l’esito sembra la drammatica reiterazione del comportamento violento.
Come professionisti in campo psicologico riteniamo che sia importante considerare questo comportamento parafilico in un’ottica biopsicosociale, valutando, caso per caso, l’impatto, non solo dei genitali o degli ormoni, ma anche di tutti quei fattori psicologici, relazionali ed ambientali come determinanti per il comportamento sessuale dell’individuo. Castrante non è solo l’operazione farmacologica a cui i detenuti sono sottoposti, ma anche la visione che sottostà ad una proposta di legge che perda la persona, che pur nella sua brutalità, è mossa da motivazioni più complesse dell’istintuale pulsione legata al testosterone. Valutare separatamente ogni caso, permetterà alla procedura farmacologica, di avere un’efficacia maggiore, perché somministrata in situazioni di possibile gestione degli impulsi, quando il reo ha consapevolezza dell’azione commessa, prova vergogna, a volte disgusto ed eventuale desiderio di riparazione.
Riparare è impossibile, ma riflettere in modo più ampio ed anche in ottica preventiva può consentire di far fronte all’abuso infantile, una problematica di gravissimo impatto sociale.
Si ringrazia per la collaborazione la dr.ssa Francesca Vannucchi