”Sono un po’ presuntuoso, ma giovanilmente impaziente”. Così diceva Franco Zeffirelli, nato Gianfranco Corsi a Firenze nel 1923, al compimento dei suoi 90 anni annunciando di aver progetti fino ai 100 anni. Ed era vero perché l’universale regista e scenografo aveva da poco terminato un allestimento de La Traviata di Giuseppe Verdi che il 21 giugno aprirà l’Opera Festival
2019 all’Arena di Verona. Invece il regista si è fermato qui all’età di 96 anni nella sua-museo di Roma. Era malato da tempo.
“Il Maestro riposerà nel cimitero delle Porte Sante di Firenze”, ha fatto sapere la Fondazione che porta il suo nome in una nota. E l’appellativo di maestro non è un vezzo: perché Franco è stato tra i più importanti registi d’opera e cinema del Novecento, eccezionale artista soprattutto nel campo del teatro, della scenografia e dei costumi. “Non avrei mai voluto che arrivasse questo giorno. Franco Zeffirelli se ne è andato questa mattina. Uno dei più grandi uomini della cultura mondiale. Ci uniamo al dolore dei suoi cari. Addio caro Maestro, Firenze non ti dimenticherà mai”, ha scritto su Twitter il sindaco di Firenze Dario Nardella.
La luminosa carriera di Zeffirelli inizia dal ruolo di attore nella compagnia Morelli-Stoppa. Ma era la regia il suo destino e il suo immenso talento con Čechov e Williams e con una predilezione per Shakespeare. Fino dagli anni, in Gran Bretagna, allestì edizioni di Romeo e Giulietta, Otello, Amleto, che incontrarono favore di pubblico e critica. Tanto da essere nominato Cavaliere dell’Ordine dell’Impero Britannico. La lirica è stato un grande e corrisposto amore: ed è così che lo ritroviamo regista al Teatro alla Scala di Milano, al Covent Garden di Londra, al Metropolitan di New York, all’Opéra di Parigi. ‘Zeffirelli, diplomato all’Accademia di Belle Arti e cresciuto alla scuola di Visconti, Antonioni e Rossellini, ha saputo spaziare con la stessa trionfante disinvoltura dal Bardo ai Vangeli, per tornare a Verga e Charlotte Bronte, lanciare verso l’Oscar i suoi film per ben 14 nominations e mettere in scena sei volte l’Aida.
Il suo cinema è stato altrettanto mirabile: sontuoso nella form e nella cura filologica delle ambientazioni. Nel carner di Zeffirelli ci sono The taming of the shrew, Romeo and Juliet, Fratello sole, sorella luna, Gesù di Nazareth per la televisione; Hamlet con Mel Gibson, Jane Eyre, Un tè con Mussolini, Callas forever (2002); Tre fratelli . Tra le sue opere i corti Omaggio a Roma e Zeffirelli’s Inferno. Insignito nel 2002 del David di Donatello alla carriera, dal 2017 l’archivio dell’intera carriera dell’artista, dalla biblioteca ai bozzetti dei suoi spettacoli, è confluito presso il Centro Internazionale per le Arti dello Spettacolo della Fondazione Franco Zeffirelli Onlus, ospitato nello storico Complesso di San Firenze del capoluogo toscano e finalizzato alla valorizzazione delle arti dello spettacolo attraverso il suo percorso di vita e professionale.
Nella sua lunga carriera sono stati moltissimi gli incontri eccezionali: da Maria Callas a Nureyev, da Madre Teresa a Pavarotti, Liz Taylor, Sophia Loren, da Anna Magnani a Fanny Ardant. In una intervista con l’Ansa sei anni fa ripercorse i suoi titoli più importanti. ”Gesù (di Nazareth ndr), come si fa a dire di no? Ricordo i dubbi quando dovevo affrontare momenti come il discorso della montagna. San Francesco, mi sembra di averlo frequentato, di aver sentito le sue spericolate affermazioni. A volte mi chiedo: come consiglierebbe che risolvessi questo problema? Per quel film (‘Fratello Sole, Sorella Luna’ ndr) volevo affidare ai Beatles la parte di quattro fraticelli, ma non ci ritrovammo con i loro impegni. La capinera la considero invece uno dei miei film più cari e sfortunati, come la protagonista: ti riempie il cuore di voglia di piangere. In Romeo e Giulietta ero molto giovane e mi sentivo in ogni ruolo, da Mercuzio al frate. Non sembra, ma il mio cinema è molto autobiografico, c’è sempre stata una spinta personale”.