Cronaca

Sea Watch, Salvini firma divieto d’ingresso in Italia, l’ong: “Crimine contro umanità”. Sbarco autorizzato solo per 10

"Uno dei naufraghi ha raccontato di essere stato costretto a seppellire cadaveri per preparare il centro di detenzione alla visita di operatori esterni cercando di renderlo più presentabile": è il racconto fatto da uno dei 52 migranti che si trovano a bordo della nave dell'ong tedesca da due giorni ferma in acque internazionali a 15 miglia da Lampedusa

“Ho appena firmato il divieto di ingresso, transito e sosta alla nave Sea Watch 3 nelle acque italiane, come previsto dal nuovo Decreto Sicurezza. Ora il documento sarà alla firma dei colleghi ai Trasporti e alla Difesa: stop ai complici di scafisti e trafficanti“. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini, ha annunciato così di aver subito attivato  la procedura prevista dal Decreto Sicurezza bis nei confronti della nave dell’ong tedesca con a bordo 52 migranti soccorsi dopo un naufragio al largo della Libia. La legge firmata venerdì dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, integra il Decreto Sicurezza già in vigore prevedendo multe da 10mila a 50mila euro per il comandante della nave che non rispetta il divieto di ingresso nelle acque territoriali. “Riportando indietro queste persone commetterebbe un crimine per cui l’Italia è già stata condannata, ovvero quello del respingimento collettivo”, gli ha subito replicato l’ong.

La Sea Watch 3 si trova da due giorni in acque internazionali a circa 15 miglia dall’isola di Lampedusa dopo che mercoledì è intervenuta in soccorso di alcuni migranti che stavano per essere imbarcati dalla guardia costiera libica e, tramite la portavoce dell’ong Giorgia Linardi, ha fatto sapere di non essere intenzionata a portare i migranti in Libia. Nei giorni scorsi il vicepremier Salvini aveva già dichiarato che non ci sarebbero state aperture, invitando la Ong al dietrofront verso la costa nordafricana dove però non ci sono le condizioni di sicurezza previste dai trattati internazionali per la conclusione di un salvataggio. Come ricorda Sea Watch, infatti, “la Libia è internazionalmente non riconosciuta come un porto sicuro e lo dice la stessa missione Onu in Libia, l’Unhcr, la commissione Europea, la nostra Farnesina, lo stesso nostro ministro dell’Interno in tv lo scorso 25 maggio e il presidente libico Al Serraj“.


Intanto, dopo un controllo sanitario a bordo da parte del centro nazionale di coordinamento del soccorso in mare di Roma, 10 dei 52 migranti a bordo sono stati fatti sbarcare a Lampedusa perché necessitano di cure mediche: lo sbarco, secondo quanto si apprende, è stato autorizzato per 7 di loro perché necessitano di cure mediche, e per 3 accompagnatori, trasferiti sull’isola da una motovedetta della Guardia Costiera. Si tratta, riferiscono fonti del Viminale, di “tre minori, tre donne di cui due incinte e due accompagnatori, due uomini malati”.

“Uno dei naufraghi ha raccontato di essere stato costretto a seppellire cadaveri per preparare il centro di detenzione alla visita di operatori esterni cercando di renderlo più presentabile. Questa è la Libia, il Paese in cui ci viene indicato di portare le persone soccorse: non lo faremo mai“, ha raccontato Giorgia Linardi spiegando che i naufraghi hanno subito “vessazioni inenarrabili durante i lunghi periodo di detenzione”. “Anche il più piccolo dei minori non accompagnati, che ha solo 12 anni, è stato imprigionato senza un valido motivo. Un’altra persona – continua Linardi – ha raccontato di essere stata venduta, pare, peraltro, a un ufficiale del governo e di essere stato costretto a prestare manodopera gratuita: ha lavorato come servo per potersi comprare la libertà ed essere messo su un gommone”.

“Molte persone – aggiunge la portavoce di Sea Watch – raccontano di aver tentato di lasciare la Libia via mare più volte. Una persona addirittura ha riconosciuto nella motovedetta che è sopraggiunta dopo il soccorso la stessa che lo aveva già riportato indietro”. Tutte le volte che i naufraghi sono ricondotti in Libia “vengono di nuovo imprigionati”. Alla vista della motovedetta libica “sono terrorizzati”. “Un’altra persona – prosegue – ha raccontato che il familiare gli è stato ucciso davanti agli occhi con un colpo di kalashnikov, sempre in detenzione. Noi non riporteremo mai nessuno in un Paese dove alle persone è riservato questo trattamento – ammonisce Linardi -. Ci aspetteremmo che i nostri governi si impegnassero perché questo non avvenga invece di alimentare la spirale del traffico permettendo che queste persone che tentano di scappare dalla Libia siano riportate indietro, torturate, seviziate. E se sopravvivono… di nuovo ributtate in mare per essere poi riportate indietro. Finché non periscono”.

Il ministro dell’Interno Matteo Salvini venerdì aveva dichiarato che “i porti italiani restano sbarrati. La Sea Watch ha caricato a bordo degli immigrati che stavano per essere salvati dalla guardia costiera libica. Poi ha chiesto a Tripoli un porto di sbarco, ma quando lo ha ottenuto ha detto che non avrebbe mai riportato gli immigrati indietro. Quindi la ong si è messa a girovagare per il Mediterraneo costringendo donne, uomini e bambini a inutili sofferenze. Poi ha chiesto indicazioni all’Olanda, avendo bandiera olandese. Successivamente ha contattato ancora l’Italia, ma per le navi pirata i nostri porti restano chiusi. Siamo di fronte all’ennesima sceneggiata dei finti buoni: a questo punto vadano verso il Nord Europa”.

La questione, per la portavoce della Commissione Ue, Natasha Bertaud, si risolve in partenza: “Tutte le navi con bandiera europea devono seguire le regole internazionali e sulla ricerca e salvataggio in mare, che significa che devono portare le persone in un porto che sia sicuro. La Commissione ha sempre detto che queste condizioni non ci sono attualmente in Libia“. Quanto allo sbarco, “in generale la Commissione non ha le competenze per decidere se e dove” può avvenire, rimarca Bertaud, “è una questione sotto la responsabilità del Centro nazionale di coordinamento di soccorso marittimo (Mrcc), che ha in carico le operazioni”.

Secondo Salvini, invece, è la nave ad essere “fuorilegge” e così “può stare lì per settimane, per mesi, fino a Capodanno”.  In serata, poi, fonti del Viminale hanno precisato via agenzie stampa che il decreto interministeriale che dispone il divieto di ingresso, transito e sosta alla Sea Watch 3 nelle acque italiane è stato firmato anche dal ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, e dal ministro delle Infrastrutture e Trasporti Danilo Toninelli.

Il Decreto Sicurezza Bis contiene disposizioni in materia di contrasto all’immigrazione illegale, di ordine pubblico, di contrasto alla violenza in occasione di manifestazioni sportive. Tra i punti centrali – e oggetto di numerose limature, fino a far sparire il riferimento ai migranti soccorsi in mare presente nelle prime bozze del dl – le multe da 10mila a 50mila euro per il comandante della nave che non rispetta il divieto di ingresso nelle acque territoriali. In caso di reiterazione del reato è prevista la confisca della nave. La misura – pur non esplicitandolo – punta a colpire le navi delle ong che soccorrono i naufraghi quando siano migranti.