Istrione simpatico e irrefrenabile l'attore francese ha presentato Il mistero di Henry Pick, detection curiosa attorno ad un manoscritto ritrovato per caso, apparentemente scritto da un pizzaiolo bretone, e diventato in poche settimane uno dei romanzi più venduti di sempre in Francia
“Mi avevano definito un attore provinciale, al massimo popolare in Belgio e in angolo di Svizzera, invece è stata l’Italia al Festival di Venezia a farmi vincere il mio unico premio”. Scherza, liscia il pelo agli ospitanti, si carica a molla il 67enne Fabrice Luchini. Un istrione simpatico e irrefrenabile che nella performance per dare spettacolo ricorda il “benignismo” dei giorni migliori. Luchini è ospite del Biografilm Festival di Bologna dove ha presentato Il mistero di Henry Pick. Detection curiosa attorno ad un manoscritto ritrovato per caso, apparentemente scritto da un pizzaiolo bretone, e diventato in poche settimane uno dei romanzi più venduti di sempre in Francia.
Luchini è Jean-Michel Rouche, un critico letterario che conduce una raffinata trasmissione tv sui libri in uscita e che quando vedova e figlia burbera del pizzaiolo partecipano in qualità di ospiti salta loro alla gola paventando l’ipotesi che quel libro così bello non l’abbia scritto il defunto monsieur Pick ma qualche furbastra mano esperta. Per questa intemperanza Rouche/Luchini perde il posto in tv, la moglie chiede la separazione, e lui si intestardisce a cercare la verità su quell’incredibile libro. E proprio come farebbe un qualunque commissario, sulle tracce delle poesie di Puskin e di una bizzarra Biblioteca dei manoscritti rifiutati nel cuore della Bretagna, Rouche troverà il bandolo della matassa letteraria misteriosa.
Diretto da Remy Bezancon, e tratto da un romanzo di David Foenkinos (che non ha avuto la fortuna del libro al centro del film), Il mistero di Henry Pick offre il classico stereotipo del film francese commerciale di qualità: pochi svolazzi formali, intensa attenzione a dialoghi e trama, e il solito immenso apporto di una scuola attoriale mostruosamente credibile ed efficace. Tra questi il maestro di cerimonia Luchini, in discreto spolvero, tutto mimica facciale e sguardi sornioni.
“Henry Pick incarna una certa idea della letteratura, un’idea alta a tal punto da desiderare di spezzare i meccanismi commerciali che spesso creano i fenomeni letterari, per cui può esistere un pubblico pronto a credere che un pizzaiolo bretone sia stato in grado di scrivere un romanzo di tale spessore”, ha spiegato l’attore francese. Luchini si è poi dedicato ad un pimpante show comico in cui l’Italia è diventato il principale obiettivo di una stima atavica (il padre di Luchini è italiano ndr): “Gli italiani sono un popolo sublime, difficile capire come possiate avere Salvini come capo (sguardo stralunato ndr). Amo il vostro piacere di vivere, la vostra simpatia, il vostro umorismo, la ricchezza di tanti uomini eleganti e di donne affascinanti. Qui è molto diverso presentare un film rispetto ad un paese come la Svezia”.
Fuoco e fiamme nel calembour simultaneo della traduzione (Luchini imita l’interprete parlando senza emettere suoni) ma con specifica: “Non mi occupo di politica, anche se quando recito a teatro viene ogni tipo di spettatore. Ci sono quelli di sinistra… poi anche di destra, anzi molti spettatori sono di destra e votano Marine Le Pen. Beh certo per andare a teatro bisogna spendere 60-70 euro tra biglietto, babysitter, parcheggio. Comunque sto scherzando. Non voglio giudicare il pubblico e le sue scelte politiche. Ho solo letto del rapporto tra Salvini e la Le Pen, e che Marion Marechal (nipote di Marine ndr) è fidanzata con un italiano dei 5 Stelle (in verità è il leghista Vincenzo Sofo ndr)”.
Quasi 50 anni di carriera, tanti i film con Eric Rohmer (recuperate Le notti della luna piena se non l’avete visto), giovanissimo feticista nei Racconti immorali di Borowczyk, e ancora Costa-Gavras, Nagisa Oshima, Claude Lelouche, e più di recente François Ozon, Laurent Tirard e Bruno Dumont, Luchini che ne Il mistero di Henri Pick è un puntiglioso critico letterario non ha forse mai avuto il giusto riconoscimento da quella strana categoria professionale dei critici cinematografici: “Non ci sarà mai una soluzione definitiva sul rapporto tra un artigiano e coloro che commentano il lavoro dell’artigiano. Quando questi hanno uno sguardo benevolo, la tendenza dell’artigiano è quella di amarli, quando schiacciano e annientano l’artigiano c’è la tendenza ad amarli un po’ meno – ha spiegato l’attore – La posizione ideale sarebbe quella di non leggere mai né le critiche buone né le cattive ma purtroppo è come il marxismo: un ideale. Nella mia vita io ho avuto due grandi critici di teatro che mi hanno aiutato nel mio percorso, ma molti altri si sono accontentati di emettere opinioni senza argomentarle, opinioni che erano o eccessivamente benevole o eccessivamente cattive. Quando i critici parlano bene di te, generalmente parlano male di quello che hai fatto prima”. Infine la gag del premio/mattone. Il Biografilm gli consegna una targa esteticamente inguardabile a forma e colore di mattone rosso Bologna e Luchini ancora gioca come un giullare: “Che momento inquietante (sgrana gli occhi ndr), è la terza volta in un giorno che la ricevo (sorride ndr). Facciamo così: visto che la Francia e l’Italia stanno vivendo un momento politico teso e difficile, questi mattoni li usiamo per unirle e costruire insieme un futuro comune”.