Poche ore fa, ai primi accenni di proteste internazionali e mentre le Ong per i diritti umani iniziavano a lanciare i loro appelli, un funzionario del governo dell’Arabia Saudita ha dichiarato che Murtaja Qureiris, il ragazzino arrestato nel settembre 2014 all’età di 13 anni, non verrà messo a morte e potrebbe essere rilasciato nel 2022.

Una decina di giorni fa la Cnn aveva diffuso il video di una protesta di ragazzini in bicicletta organizzata nel 2011 nella Provincia orientale, abitata prevalentemente dalla minoranza sciita, storicamente discriminata dalla famiglia sunnita al potere. In primo piano, sulla sua bicicletta, c’era proprio Murtaja. Dopo l’arresto il ragazzino è stato tenuto in isolamento per un mese nel carcere minorile di al-Damman. Lo hanno picchiato, sottoposto a intimidazioni, ingannato promettendogli la libertà se avesse confessato.

Lo hanno accusato di una serie di reati, alcuni dei quali commessi quando aveva appena 10 anni: partecipazione a manifestazioni contro il governo, presenza ai funerali del fratello Ali Qureiris ucciso nel 2011, adesione a un’organizzazione terrorista, lancio di bombe Molotov contro una stazione di polizia e uso delle armi da fuoco contro le forze di sicurezza.

Nel maggio 2017, pur avendo solo 16 anni, Murtaja è stato trasferito alla prigione per adulti al-Mabaheth, sempre ad al-Damman.

Il processo è iniziato nell’agosto 2018 e solo in quell’occasione il ragazzo ha potuto incontrare un avvocato.

In una delle successive udienze, la pubblica accusa ha chiesto la pena di morte. Poi, ieri, il passo indietro.

Murtaja potrebbe dunque non aggiungersi al gruppo di giovani sciiti condannati a morte per “reati” commessi da minorenni: come Ali al-Nimr, Abdullah al-Zaher e Dawood al-Marhoon,  arrestati nel 2012 quando avevano rispettivamente 17, 16 e 17 anni. Quest’anno, ad aprile, c’è stata già un’esecuzione di un minorenne al momento del reato: si chiamava Abdulkareem al-Hawaj ed era arrestato a 16 anni.

Attraverso questo blog, continueremo a seguire da vicino gli sviluppi. Sperando che le dichiarazioni di ieri non siano solo un espediente per calmare le proteste per poi, quando la vicenda di Murtaja non sarà più sotto i riflettori, ritornare sull’idea della condanna a morte.

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