Maurizio Stirpe sostiene che "il rischio è smontare il sistema dei contratti nazionali". I senatori pentastellati in Commissione Lavoro: "Niente di più sbagliato. Il nostro obiettivo è quello di stabilire che nessun lavoratore possa guadagnare meno di quanto previsto dai CCNL più rappresentativi e, comunque, mai meno di 9 euro lordi all’ora"
Confindustria va all’attacco della proposta di legge sul salario minimo del Movimento 5 Stelle. Il vice presidente Maurizio Stirpe, intervistato dal Corriere della Sera, sostiene che “il rischio è smontare il sistema dei contratti nazionali, che non regolano solo il salario ma anche tanti altri temi rilevanti, come ferie, malattia, straordinari“. E questo “finisce per togliere diritti e tutele ai lavoratori”. Il vicepremier e ministro del Lavoro Luigi Di Maio ha reagito scrivendo che facebook che “si farà, perché è nel contratto” e “perché già esiste in molti Paesi europei”. Mentre i senatori M5s in Commissione Lavoro contestano nel merito le affermazioni di Stirpe accusandolo di non aver letto con attenzione il testo.
Il numero due di viale dell’Astronomia ha detto che il salario minimo “se diventa una alternativa ai contratti collettivi, finisce per togliere diritti e tutele ai lavoratori. Un’azienda che dovesse rispettare solo il salario minimo, che il governo vuole fissare a nove euro lordi l’ora, non avrebbe più nessun interesse a fare contrattazione su altri temi”. Di qui, secondo lui, il rischio di “far saltare” le tutele su ferie, malattia, straordinari. Ma il ddl a prima firma Catalfo fa esplicito riferimento ai contratti collettivi e afferma che il salario “non può essere inferiore a quello previsto per la prestazione di lavoro dedotta in obbligazione dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale nella categoria stessa“, oltre a non poter scendere sotto i 9 euro lordi l’ora. Che è proprio quello che chiede Stirpe: “La strada migliore è calcolare per ciascuno di questi settori un salario minimo a partire dai minimi contrattuali previsti nei comparti da un contratto nazionale. Naturalmente considerando quelli sottoscritti dalle organizzazioni di rappresentanza comparativamente più rappresentative e, quindi, tagliando fuori i contratti pirata”.
“Pur avendolo scritto nero su bianco nel testo del disegno di legge e ribadito più e più volte, c’è ancora chi, ultimo oggi il vicepresidente di Confindustria Maurizio Stirpe in un’intervista al Corriere della Sera, sostiene che con la nostra proposta sul salario minimo orario ci sarebbe una fuga dai contratti collettivi nazionali”, risponde il Movimento. “Niente di più sbagliato. Se chi critica il ddl a firma di Nunzia Catalfo lo avesse prima letto attentamente si sarebbe reso conto che è vero l’esatto contrario, infatti il nostro obiettivo è quello di stabilire che nessun lavoratore possa guadagnare meno di quanto previsto dai CCNL più rappresentativi e, comunque, mai meno di 9 euro lordi all’ora. Contemporaneamente, in questo modo viene rafforzata la contrattazione collettiva ‘sana’ e si contrastano i contratti pirata e il dumping salariale, quindi la concorrenza sleale”.
Alla domanda su come Confindustria intenda muoversi se il governo andrà avanti, Stirpe risponde peraltro che “se proprio vuole andare avanti, senza ascoltare le nostre osservazioni e nemmeno quelle dei sindacati che la pensano come noi, almeno chiarisca che i nove euro comprendono i ratei di ferie, tredicesima e Tfr. Altrimenti il rischio di svuotare i contratti nazionali è davvero altissimo”. Poi però ventila un altro rischio: “I costi salirebbero, specie se si considera l’intera catena dei fornitori”. E “un aumento dei costi può essere scaricato sui prezzi. E qui ad essere danneggiati non sarebbero solo i lavoratori ma tutti i consumatori. Un po’ come per lo spread”.