Mentre le forze di maggioranza hanno scelto proprio la Giornata Mondiale dell’Ambiente per bocciare la mozione sull’emergenza climatica, che avrebbe dato accesso a quasi 50 miliardi tra contributi europei e fondi nazionali per fronteggiare sia le misure di adattamento che quelle di mitigazione del caos climatico nel nostro Paese, la Ue stimava il costo di un mancato adattamento tra i 100 miliardi di euro all’anno nel 2020 e 250 miliardi nel 2050, senza tenere in conto i costi sociali derivanti dagli eventi estremi. Pertanto, esigeva risposte urgenti ed adeguate da approvare nei piani nazionali da adottare. Il governo dei “litiganti per finta, ma negazionista per davvero”, non tiene in nessun conto l’emergenza climatica, dato che lucra già abbastanza voti e consensi dalle paure che una criminalità efferata e una invasione inarrestabile dei migranti stillano quotidianamente nelle “pance” degli italiani. Ma sul clima e sui fossili è difficile glissare.

Così capita che a Civitavecchia, nella città del carbone, la Lega si metta il vestito ambientalista e alle amministrative batta un Pd piuttosto ambiguo sul destino della centrale Enel. Senonché, appena eletto, il neosindaco del Carroccio, Ernesto Tedesco, si sente dire dal suo capo Salvini che “è finito il tempo dei ‘no’ a tutto” e che “con i soli ‘no’ non si campa”, ponendosi così in linea con i piani di phase-out dell’Enel che, nei siti di La Spezia, Fusina, Brindisi e Civitavecchia, vuole sostituire il carbone con il metano.

Con questi presupposti, il “polo delle rinnovabili dal 2025” di cui la nuova maggioranza ha parlato in campagna elettorale non si farà, a meno che la nascita e l’ottimo lavoro svolto da un Comitato locale che da No Carbone si è trasformato in “No al metano Si alle rinnovabili” mobiliti i cittadini e raccolga suggerimenti e conoscenze per dar vita ad un piano energetico territoriale sostitutivo del carbone.

Trovo di grande interesse, anche per il possibile coinvolgimento degli “studenti di Greta”, che laddove si aprano spazi per la riconversione ecologica, le forze che democraticamente vogliono riappropriarsi del territorio e stabilire attraverso la sua cura l’occasione per un miglioramento della vita, entrino in gioco per proporre una piena e stabile occupazione, una salubrità dell’aria, la vivibilità dei territori. Altro che patti Salvini-Blair per agganciare tubi di gasdotti come il Tap sulle nostre coste!

A questo proposito si è aperta in rete una discussione sul ricorso all’idrogeno per una alternativa alla combustione del carbone sulla costa tirrenica. Mi sono occupato a lungo di ricerca sulle celle a combustibile e sul ricorso all’idrogeno nel campo della mobilità e ne ho scritto nel mio primo blog sul fattoquotidiano.it.

Non avrebbe senso produrre energia con elettrolisi dell’acqua dal mare, nonostante i progressi avvenuti anche in questo campo. L’idrogeno, come vettore energetico, ha senso solo se prodotto con energie rinnovabili e assolutamente pulite (fotovoltaico e eolico), nella funzione di serbatoio dell’eccesso di energia accumulata cui ricorrere quando non c’è né sole né vento. Un serbatoio da trasformare in energia con buon rendimento attraverso celle a combustibile, molto interessanti per abitazioni o veicoli. Le reti intelligenti da porre in atto sul territorio dove insisteva la centrale fossile, potrebbero essere integrate con “accumuli di idrogeno” ottenuto quando c’è sovrapproduzione, per fare da compensatori negli scambi in rete di energia elettrica prodotta e consumata con fonti rinnovabili e in modalità cooperative. Ovviamente il sistema di fonti rinnovabili dovrebbe essere interamente dedicato e interamente integrato al sistema di consumi elettrici che “si appoggia” all’idrogeno da utilizzare come vettore.

Vanno certamente superati una serie di problemi di sicurezza e si potrebbe, nella fase di transizione, anche ricorrere all’idrometano, ovvero una miscela di idrogeno e metano fossile o bio che sia, che utilizza le linee già esistenti del metano per trasportarlo fino agli utenti finali. L’idrogeno ottenuto da rinnovabili che alimenta celle a combustibile è una buona soluzione già oggi per abitazioni e veicoli, se non fosse che il mercato vuole mantenere la prevalenza di un controllo centralizzato di tutto il settore energetico.

In Germania, con la carica di idrogeno pronto dall’esterno, sono in fase di sperimentazione alcuni treni su alcune tratte locali e l’industria dell’auto, oltre all’elettrico a pile, pensa seriamente all’idrogeno per motori elettrici e non termici. In Svezia stanno entrando in funzione stazioni di rifornimento di idrogeno solare per autoveicoli elettrici a idrogeno.

La partita è aperta e tocca enormi interessi. La mia esperienza dice che il cambiamento non viene dai cartelli dei produttori di veicoli o dalle corporation dei fossili, ma dall’attenzione delle popolazioni al loro futuro e alla salute dei loro figli. Ben venga quindi la discussione sulla eliminazione del carbone a Civitavecchia e non ci si fidi di amministratori pronti a rispondere ai richiami dall’alto anziché ai loro elettori. E benvenuto agli studenti di Fridays for Future, che in questa partita avranno molto da giocare.

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Cambiamenti climatici, “un quinto del territorio nazionale italiano a rischio desertificazione”

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