Sabato sera era una calda sera di inizio estate e a Roma si dava una festa. Un rito di strada, di quartiere – via Balilla, nel cuore dell’Esquilino – che da oltre 25 anni, ogni terzo weekend di giugno trasforma questo angolo della Capitale (coincidenza curiosa che il nome della via ricordi una delle principali organizzazioni del Partito Nazionale Fascista) in una social street con una bella storia di integrazione da raccontare.
I residenti portano lasagne, pane, frutta, vino, si sistemano le tavolate e a una certa la festa inizia tra musica, con tanto di banda di paese, e balli a cui prendono parte centinaia di persone da ogni parte di Roma. Poi ci sono le trans, che qui sono di casa, nel senso che in via Balilla ci abitano e la sera della festa aggregano la loro comunità allestendo un banchetto con specialità colombiane. Le libagioni e le danze proseguono fino alle due, poi si sbaracca per evitare di dare troppo fastidio a chi dorme.
Daniela, la sindaca della contrada e prima promotrice della social street esquilina, insieme agli altri residenti tiene alta la bandiera dell’integrazione e del decoro anche durante il resto dell’anno. La comunità tutta qui si prende cura della zona spazzando dove l’Ama non arriva. E le trans, quelle di loro che pattugliano le strade, fanno anche da cordone di sicurezza contro la criminalità.
Via Balilla è un piccolo microcosmo di umanità che si aiuta, in una città unica che sempre più è vittima della stanchezza, del nervosismo, dell’ignoranza e della cupidigia di una parte dei suoi abitanti.
Il video di Marco Polimeni tratto da Youtube risale a tre anni fa ma rende bene il clima che si respira ancora oggi alla festa di via Balilla
Foto di David Perluigi