Se nel calcio ha tenuto banco a lungo la discussione sul nuovo allenatore della Juventus, nel volley si parlava del futuro di “Mister Secolo”, Lorenzo Bernardi, e il suo contratto alla Sir Safety Conad Perugia, con cui ha vinto lo scudetto 2018, due coppe Italia e la Supercoppa Italiana 2017. Nonostante il palmares, forse per colpa della sconfitta in gara cinque delle finali contro la Lube Civitanova, Bernardi lascia la società del presidente Gino Sirci: “Ho un contratto con Perugia e il mio grande desiderio è allenare Perugia anche il prossimo anno”, diceva poche settimane fa alla presentazione della sua biografia, “La regola del nove – come sono diventato Mister Secolo”, edito da Roi Edizioni nella collana Assist creata da Demetrio Albertini. Ma patron Sirci ha deciso di cambiare e chiamare l’allenatore della Polonia campione del mondo, Vital Heynen: “Da oggi sarò ‘solo’ il primo tifoso di Perugia”, ha annunciato oggi pomeriggio Bernardi ai tifosi di Perugia con un post su Instagram.
Dove andrà ora? Resta libero un posto alla Powervolley Milano, lasciato da Andrea Giani, l’ex compagno di nazionale andato a prendere la panchina di Modena abbandonata da Julio Velasco, nuovo direttore tecnico del settore giovanile maschile della nazionale italiana. In attesa di sapere dove si accaserà, Bernardi vuole trasmettere la sua esperienza di giocatore e coach attraverso “La regola del nove”, nove come il suo numero e gli scudetti vinti da giocatore: “È un numero molto ricorrente nella mia vita, così ho fatto nove capitoli e nove punti importanti per il raggiungimento degli obiettivi”, ha spiegato a ilfattoquotidiano.it nel corso della presentazione del libro venerdì 7 giugno. Bernardi vuole illustrare “un come e non un che cosa”, cioè un metodo e non dei fatti. E in questo metodo si sente molto l’influenza di Velasco, l’allenatore argentino della “Generazione di fenomeni”: “C’è l’imprinting che ha dato alla Nazionale nel 1989, ma io ho avuto la fortuna di averlo già nel 1985”.
Erano gli anni in cui i due si sono incontrati a Modena, nella Panini, uno dei club più forti di sempre. “Ero il terzo palleggiatore e durante gli allenamenti ero il tuttofare, ruolo chiamato ‘universale’ – premette Bernardi – Un giorno eravamo ad Arona per giocare la finale di Coppa Italia nel 1986. Speravo di giocare un pochino, ma non sono entrato in campo. Dopo la semifinale Julio mi ha chiamato per una passeggiata e mi ha annunciato l’ingaggio di un altro palleggiatore più grande di me di quattro anni, Fabio Vullo. Con lui davanti le porte si chiudevano. Velasco mi propose di andare in prestito, ma per me voleva dire lasciare la squadra più importante del mondo, oppure cambiare ruolo. Scommise che in due anni sarei tornato in Nazionale con quel ruolo”.
Bernardi diede ragione a Velasco, divenne uno schiacciatore e in due anni ottiene la convocazione, in quella nazionale che Velasco ha allenato dal 1989, anno dell’oro agli Europei, seguito da quello dei Mondiali del 1990, dalla delusione delle Olimpiadi del 1992 dove gli azzurri erano favoriti e (dopo altre grandi vittorie) dalla seconda delusione olimpica, quella di Atlanta 1996 con la finale persa contro l’Olanda: “Abbiamo perso, ma non ci dobbiamo recriminare niente – ricorda Bernardi – Avevamo ceduto al tie-break 16 a 14, con alcuni giocatori infortunati. Tutte le situazioni in cui c’è una sconfitta, un infortunio o una caduta fanno crescere”. Quella finale gli è tornata in mente il 14 maggio scorso, quando la sua Perugia ha perso lo scudetto in gara cinque, sconfitta al tie-break dalla Lube Civitanova: “C’è stata amarezza nel perdere così, soprattutto perché vincevamo due set a zero. Ho rivissuto l’esperienza di Atlanta 1996, quindi capivo i miei ragazzi perfettamente e li ho ringraziati perché ero orgoglioso di loro”.
Dopo quella sconfitta di Atlanta, Velasco lascia la nazionale maschile: “Ci ha lasciato una mentalità. Ci ha insegnato a fissarci degli obiettivi e non accettare le situazioni, ma ad affrontarle per farle diventare vincenti”. Bernardi ritrova il suo maestro diversi anni dopo, con altri panni. Nel 2009 mister Secolo allena la Nazionale B e la porta alla vittoria dei Giochi del Mediterraneo: “La mia prima vittoria da allenatore è stata proprio in quella finale contro la Spagna allenata da Velasco. Non era soddisfatto per la vittoria della mia squadra, ma perché avevo raggiunto lui, un mio punto di riferimento”. Una soddisfazione simile a quella vissuta quando nel 2001 è stato premiato come miglior giocatore del ventesimo secolo insieme a Karch Kiraly, schiacciatore della nazionale statunitense, oro olimpico nel 1984 e 1988, e primo giocatore a vincere la medaglia d’oro nel beach volley nel 1996, anno del debutto come disciplina olimpica. “È sempre stato un grande punto di riferimento quando giocavo – ricorda – Non era una semplice sfida, volevo copiare il più possibile il più grande di tutti i tempi, essere come lui. Ed essere premiato insieme a lui è stato il compimento di un progetto”.