di Riccardo Mastrorillo
Quello a cui assistiamo basiti e angosciati in questi giorni sul fango che ha colpito il Consiglio Superiore della magistratura è uno spaccato evidente del decadimento estremo della società nel nostro Paese.
La società è fatta di relazioni, alcune volte di relazioni “pericolose”, ma quello che è evidente è l’ineleganza di alcuni comportamenti. Uso il termine “inelegante”, non perché vi siano questioni estetiche di mezzo, ma perché i comportamenti di quasi tutti gli attori, di questa pessima tragedia italiana, non sono penalmente rilevanti, forse non lo sono nemmeno sul piano etico, ma indiscutibilmente sono immorali e politicamente scostumati.
Al tempo delle intercettazioni si apprendono cose che, come dice Roberto Giachetti in una intervista sul Corriere, sono probabilmente sempre esistite, relazioni, appunto. Politicamente Giachetti, in quel cinismo tipico di chi crede che il neoliberismo sia un’ideologia, e quindi tutto è lecito se non è vietato, prende un grosso abbaglio, nel mettere per esempio sullo stesso piano le azioni di Lotti con quelle di D’Alema che si schierò, ancora iscritto al Pd, contro la riforma costituzionale voluta dal Pd renziano. La posizione di D’Alema era una questione politica, in dissenso dal partito, il comportamento di Lotti è oggettivamente eticamente discutibile, anche se, a nostro avviso, sia meno discutibile di altri. […]
Non ci stancheremo mai di riaffermare il valore salvifico e insostituibile della separazione dei poteri, in quanto solo attraverso una rigorosa separazione, che non potrà essere evidentemente a tenuta stagna, si può evitare, non solo, che un potere prevarichi l’altro, ma anche, che nascano relazioni consociative tra i vari poteri. Oggi tutti parlano di riforma del Consiglio Superiore della Magistratura, ma nessuno fino ad ora ha individuato quali siano stati gli elementi negativi che non hanno funzionato, prima di proporre nuove modalità di nomina.
Il 10 settembre del 2014, viene eletto dal Parlamento al Consiglio superiore della magistratura, di cui diventerà vicepresidente, Giovanni Legnini, persona specchiata e al di sopra di qualsiasi sospetto, ma fino al giorno dell’insediamento Legnini era sottosegretario di Stato al Ministero dell’Economia e delle Finanze nel governo Renzi. Per la prima volta nella storia d’Italia, un membro del governo veniva eletto nel Csm. Quell’atto di arrogante invasione, voluto dall’allora segretario del Pd e Presidente del Consiglio dei ministri, fu ben più grave di tutte le povere vicende che stanno venendo a galla in questi giorni. Fu l’affermazione del principio che tutto si potesse fare, purché non fosse vietato.
Forse allora bisogna cominciare a mettere paletti ben chiari. Il concetto di “separazione delle carriere” tra Magistrato giudicante e Magistrato inquirente forse oggi non basta più: la separazione delle carriere deve essere introdotta anche tra politica e magistratura. Non dovrebbe essere ammessa la candidatura ad elezioni legislative per magistrati in carica da oltre 3 anni, e nessun magistrato, dopo aver svolto un mandato elettorale, potrebbe ritornare a esercitare la funzione giudicante. Va posto un divieto assoluto per i magistrati giudicanti di potere svolgere funzioni, anche di semplice consulenza, per qualsiasi ufficio pubblico, e meno che mai per gli uffici esecutivi di governo (Ministeri, assessorati, giunte). Infine va stabilita l’ineleggibilità dei parlamentari in carica e dei membri del governo al Csm.
Rispetto alle cronache di questi giorni, riteniamo del tutto inappropriata la rete di relazioni che un magistrato, ex sottosegretario e oggi deputato ha costruito tra la sfera del potere esecutivo, legislativo e giudiziario. Ancora una volta è il Partito democratico che dopo aver accettato nel ruolo di sottosegretario alla Giustizia nel governo Letta, su indicazione di Forza Italia, Cosimo Ferri, lo ha mantenuto anche nei governi Renzi e Gentiloni. Cosimo Ferri era stato segretario generale di Magistratura indipendente e quindi nel 2012 il più votato di sempre alle elezioni dell’Associazione nazionale Magistrati, dal 2006 al 2010 era stato membro togato del Csm, più volte chiamato in causa per intercettazioni che dimostravano la sua propensione alle “relazioni pericolose” (nel 2010 fu accusato di aver fornito pareri giuridici per far stoppare i talk show anti Berlusconi all’Agcom e nel 2006 fu accusato di aver taciuto, pur sapendo, degli scandali di “Calciopoli”; in tutti i casi fu prosciolto, ma le sue intercettazioni sono state largamente diffuse….).
Nel 2018 Renzi lo ha premiato facendolo eleggere deputato. Pur non ravvedendo alcuna condotta perseguibile da parte di Cosimo Ferri, siamo certi che non fosse opportuno nominarlo sottosegretario e tantomeno candidarlo deputato.
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