Seconda udienza del processo all'ex sindaco di Riace e altre 26 persone. Esclusa la testimonianza di Vittorio Sgarbi. E oggi si torna in aula
Vittorio Sgarbi non sarà sentito nel processo contro Mimmo Lucano. Lo ha deciso il Tribunale di Locri nella seconda udienza del processo “Xenia” che vede, tra i 26 imputati, anche l’ex sindaco di Riace accusato di associazione a delinquere finalizzata all’illecita gestione dei fondi destinati all’accoglienza dei migranti. Lo storico dell’arte e parlamentare avrebbe dovuto deporre in aula su una telefonata avuta con l’ex prefetto di Reggio Calabria Michele Di Bari che, all’indomani della scelta di assegnare a Lucano la cittadinanza onoraria del Comune di Sutri, lo avrebbe chiamato per sconsigliargli di farlo.
Gli avvocati Antonio Mazzone e Andrea Daqua, che difendono Lucano, lo avevano inserito nella lista testimoni per fare emergere durante il processo il clima che si respirava attorno a Riace, travolta da un’inchiesta giudiziaria innescata proprio da alcune relazioni della prefettura di Reggio Calabria. Alla sua testimonianza il pubblico ministero Michele Permunian si è opposto così come all’ammissione degli altri testi indicati dalla difesa dell’ex sindaco.
Testi che, invece, sono stati tutti accolti dal Tribunale di Locri presieduto dal giudice Fulvio Accurso. A difesa dell’ex sindaco di Riace, quindi, saranno sentiti l’arcivescovo di Campobasso Giancarlo Maria Bregantini e il magistrato Emilio Sirianni, ma anche l’ex parlamentare e sindaco di Rosarno Peppino Lavorato, il docente universitario Tonino Perna e il missionario padre Alex Zanotelli.
Quest’ultimo ha trascorso 8 anni in Sudan e 12 anni in Kenya. Vent’anni da missionario non sarebbero sufficienti per essere definito esperto di migranti secondo il pm di Locri che, nella sua lista testimoni, ha citato invece gli investigatori della guardia di finanza, gli ispettori della prefettura e quelli del servizio centrale dello Sprar. Tutti ammessi tranne un consulente che ha redatto una perizia quando l’inchiesta “Xenia” era già chiusa.
Tra i testi del pm, inoltre, c’è Francesco Ruga, commerciante di Riace che, alcuni mesi dopo essere stato denunciato dallo stesso Lucano, è andato dalla guardia di finanza per accusare l’ex sindaco di avergli chiesto di emettere alcune fatture false. Una confessione di un reato in concorso che imporrebbe di interrogarlo non come testimone, quanto come indagato per reato connesso. Nonostante avesse confessato le fatture false, però, la procura di Locri non lo ha mai iscritto nel registro degli indagati. Neanche dopo che le considerazioni del gip che, nell’ordinanza di custodia cautelare, a ottobre aveva definito Ruga “tutt’altro che attendibile” sottolineando che “questi aveva un chiaro interesse a sostenere che l’emissione delle fatture era stata coartata (da Lucano, ndr). Ciò al fine di sottrarsi alle conseguenze sanzionatorie”. In altre parole, se la concussione contestata a Lucano è tutta da dimostrare nel processo, sono invece ammesse le fatture false emesse dal testimone ma la Procura di Locri non lo ha mai indagato “perché (Ruga, ndr) – sono le parole del pm Permunian – ha dichiarato di averlo fatto non per evadere le tasse ma per favorire Lucano”.
L’udienza di ieri è durata quasi 12 ore. Dopo l’ammissione delle liste testi e alcune eccezioni preliminari, nel pomeriggio è stato sentito il colonnello della guardia di finanza Nicola Sportelli che si è soffermato “sull’incapacità amministrativa del Comune di Riace” nel gestire il denaro che il Ministero dell’Interno inviava per la gestione dei progetti di accoglienza.
Progetti che hanno avuto una “buona riuscita” stando a una consulenza di parte firmata dal perito Claudio Belcastro che ha confrontato gli indici Istat relativi alla spesa media (abbattuta del 40%) di una persona non occupata residente nel Mezzogiorno (come i migranti) e il costo sostenuto dall’associazione “Città Futura”: le cifre sono “pressoché identiche”.
Ieri è stata sentita anche la tutor del servizio centrale dello Sprar Enza Papa. È lei che ha partecipato al monitoraggio dello Sprar di Riace finito in un report pieno di contestazioni che hanno portato prima alle ispezioni della prefettura e poi all’inchiesta della procura di Locri. Enza Papa ha illustrato le anomalie riscontrate: “Le criticità emerse. – ha affermato in aula – sono state numerose e hanno riguardato diversi aspetti della progettualità. Non c’erano i contratti di locazione, in alcuni casi i beneficiari non erano gli ospiti dello Sprar ma quelli del Cas e in alcuni casi le unità abitative non erano strutture censite”.
La tutor ha parlato “debolezza dei servizi minimi che non erano garantiti agli immigrati”. A partire dal monte ore settimanali di alfabetizzazione della lingua italiana: “Che ricordi a memoria ho parlato con una quarantina di beneficiari” ha detto la tutor Enza Papa. Chi sono e cosa hanno riferito agli ispettori dello Sprar non c’è scritto e la testimone “non lo ricorda”. Tutte cose che, “al di là delle suggestioni”, il presidente del Tribunale Fulvio Accurso voleva sapere e per questo, al termine dell’udienza, ha contestato la genericità delle contestazioni dello Sprar che, in quanto tali, non possono essere attribuibili a nessuno.
Dopo il clamore mediatico di questi mesi, il giudice è apparso deluso dall’inizio del processo: “Qui valutiamo le responsabilità penali di soggetti che potrebbero essere o meno condannati e inchiodati alle loro responsabilità. – ha avvertito – Ci dovete fornire elementi di natura oggettiva a carico di Tizio, Caio e Sempronio per sapere chi ha fatto e che cosa? Il processo penale è questo, altrimenti ci sono già i giornali”. Un monito per chi, nell’opinione pubblica, ha già condannato Mimmo Lucano. E oggi si torna in aula.