Tenere tutti insieme e andare oltre le polemiche. In stretta osservanza con quella “vocazione ecumenica” che è stata la sua cifra politica e la rotta seguita nella gestione della Regione Lazio. Dopo giorni di dibattito per le scelta fatte nella costruzione della nuova segreteria e il caso Csm-Lotti, Nicola Zingaretti ha lanciato il suo appello “all’unità” – “la mia ossessione”, l’ha definita – provando a serrare le fila di un Pd sull’orlo dell’ennesima crisi di nervi e lo ha fatto mettendo davanti agli occhi di tutti il “pericolo” che c’è subito fuori dalla porta del Nazareno: “E’ possibile sconfiggere Salvini se abbiamo chiaro il nostro compito: svelare l’imbroglio che la Lega rappresenti i soggetti più deboli. Non è così. Il Paese soffre, vuole essere rappresentato e paga la tragedia di questo governo”.
“Sento su di me tutta la responsabilità di proporre un intervento per ricreare un clima di fiducia e per combattere le nostre battaglie”, ha detto il leader in apertura della direzione del Partito democratico. Il Pd è “una grande forza politica a vocazione maggioritaria, perno di alleanze che ci permettano di vincere – ha aggiunto poi durante la replica del pomeriggio, per tracciare la linea dell’azione politica dei dem – Il che sta accadendo ed è merito di tutti, non solo di chi ha vinto il congresso”, ha tenuto a sottolineare in riferimento alle polemiche che hanno accompagnato il varo della nuova segreteria.
“Non affossiamo i primi segnali di ripresa del Pd – ha proseguito – L’azione deve essere rivolta tutta all’esterno, dove c’è una situazione di pericolo” per l’ascesa della destra. “Non è un appello ai buoni sentimenti, ma la costruzione di una linea politica“, ha aggiunto il leader, che prima della direzione ha incontrato al Nazareno il renziano Lorenzo Guerini, leader insieme a Luca Lotti di Base Riformista. Un incontro che va nella direzione del retroscena descritto da La Repubblica, secondo cui tra il segretario e Matteo Renzi ci sarebbe una sorta di gentlemen agreement per sedare le polemiche interne seguite alle nomine e al caso Csm che vede protagonista l’ex ministro dello Sport e braccio destro dell’ex premier.
“Bisogna contrastare il rischio dell’astrattezza, della ripetitività del dibattito nel gruppo dirigente”, ha proseguito Zingaretti. Il riferimento è alle polemiche alimentate dai renziani esclusi dalla distribuzione dei posti in segreteria. “L’ossessione dello spirito unitario non è una concessione o una rinuncia, è una scelta politica – ha specificato il presidente della Regione Lazio – In qualche mese con il contributo di tutti si sono ottenuti risultati importanti con una ripresa e una ritrovata centralità”, ha proseguito riferendosi al risultato ottenuto alle elezioni europee del 26 maggio. “In questi mesi ho dedicato tutto me stesso a questo obiettivo, con la lista unitaria per le europee e le scelte per le amministrative, con la collaborazione con i gruppi parlamentari, il confronto con il pluralismo interno”. “Se non collochiamo la ricchezza di questo pluralismo interno nel futuro, nei problemi del Paese, rischiamo di diventare un club di intellettuali – ha aggiunto quindi nella replica del pomeriggio – Dobbiamo metterlo al servizio della costruzione di una nuova piattaforma per l’Italia”.
Il tema della segreteria è caldo e l’esclusione ai renziani scotta, eccome. Per questo il segretario non può non affrontare l’argomento: “Nella formazione della segreteria non c’è stata alcuna volontà di esclusione, che sarebbe stata in contraddizione con la ricerca della condivisione di cui ho parlato all’inizio – ha detto Zingaretti – abbiamo valutato collegialmente che non esistevano le condizioni politiche per un pieno coinvolgimento delle minoranze”, ha aggiunto il leader, rimandando alla formazione dei dipartimenti e dei forum tematici per un possibile coinvolgimento delle minoranze.
Sono i renziani ad agitare in questo momento le acque nel Pd, dalle nomine per la segreteria al caso del Csm. Luca Lotti, ex ministro dello Sport e braccio destro di Matteo Renzi, è stato intercettato mentre discuteva con Luca Palamara del magistrato che dovrà prendere il posto di Giuseppe Pignatone alla guida della procura di Roma che ha chiesto per lui il processo nell’inchiesta Consip. “Ho ringraziato Lotti perché anche se non indagato ha deciso di autosospendersi – ha detto Zingaretti – Ma i fatti del Csm minano la fiducia dei cittadini nelle istituzioni, offrendo un quadro inquietante che necessita ora una iniziativa politica“. “La magistratura faccia il suo lavoro; bisogna definire il confine tra politica e magistratura. La politica ha il diritto di concorrere alla composizione del Csm, come previsto dalla Costituzione – ha proseguito -, può avere un’interlocuzione, ma non interferire sul suo funzionamento”.
Per iniziativa politica Zingaretti intende un intervento legislativo: sul Csm “siamo pronti a fare la nostra parte. Serve una nuova legge elettorale che limiti il peso delle correnti“, ha detto il segretario, ipotizzando di “selezionare nella prima fase un numero significativo di candidati e un secondo turno su base nazionale”. “Le modifiche si possono fare subito – ha proseguito – ma no a modifiche pericolose del titolo quarto della Costituzione: l’autonomia della magistratura va salvaguardata a tutti i costi”.
Sull’altro fronte, ha proseguito il segretario dem, il governo gialloverde comincia a denunciare tutti i suoi limiti: “Il governo fondato sul patto scellerato Lega-M5S di fatto non c’è più, non so quanto durerà. Il dominus del campo a noi avverso è Salvini. La Lega è una forza illiberale, nel suo cuore padronale, ma popolaresca nei modi. Una forma originale europea per alcuni versi peggiore del peronismo. E’ la forza della diseguaglianza sociale“. Il M5S, da parte sua, “mi sembra in stato confusionale, del tutto subalterno alla Lega e non credo che il suo gruppo dirigente abbia gli strumenti per invertire la rotta”.
I renziani all’attacco: “Segreteria non all’altezza” – Nonostante quelle che da molte parti vengono descritte come prove di dialogo tra la maggioranza e la minoranza renziana, quest’ultima non rinuncia ad affondi sul tema della segreteria: “Non mi piace la segreteria che avete deciso – ha detto il capogruppo dem al Senato, Andrea Marcucci – Ci sono tanti bravi amministratori che potevano essere in segreteria. Io in segreteria ci sono come capogruppo di 52 senatori, non come uomo di parte”. “Certo sarà difficile nel Pd chiedere lealtà quando prima non la si è praticata. Ad esempio alle riforme costituzionali che sono anche oggi un tema rilevantissimo”, ha proseguito l’esponente renziano riferendosi ad Andrea Giorgis, che nella nuova segreteria ha la delega alle riforme istituzionali e del quale la minoranza renziana ricorda il no al referendum del 2016.
“Non abbiamo nulla da dire sulla segreteria – premette Luciano Nobili, area Giachetti – Certo il profilo dei membri della segreteria non disegnano un Pd all’altezza. La scelta di Giorgis è una ferita“. “Noi siamo sempre stati collaborativi, ci siamo chiusi la bocca anche quando in campagna elettorale giravano i manifesti con D’Alema e Bersani. Ora bisogna discutere. Basta che questo non turbi Calenda…”, ha proseguito Nobili riferendosi all’intervista con cui questa mattina l’ex ministro dello Sviluppo economico ha sottolineato le divisioni che continuano ad affliggere il partito: “Dopo aver lavorato uniti per le Europee, dal giorno successivo, come nel film Il giorno della marmotta, si ricomincia con le stesse liti dei tempi di Renzi segretario – ha detto il neo europarlamentare al Corriere della Sera – Non se ne può più“.
Guerini: “Unità non sia solo retorica” – “Nessuno ha chiesto nulla per la segreteria se non di lavorare in un contesto di unità e di collaborazione – ha detto Lorenzo Guerini, leader insieme a Luca Lotti di Base Riformista, intervenendo alla direzione – Tu Zingaretti parlasti di segreteria unitaria. Non ci interessano gli organigrammi ma il nostro profilo. Ci interessa che la parola unità non sia una figura retorica, priva di contenuti”, ha aggiunto Guerini, che questa mattina ha incontrato il segretario prima delle direzione. “In questi giorni abbiamo visto parole ed interviste sbagliate, che rischiano di portarci fuori strada”, ha aggiunto.