C’è chi la vede una vittoria e chi la strada maestra per arrivare alla privatizzazione dell’acqua. In attesa che venga approvata la legge sull’acqua pubblica attualmente all’esame della commissione Ambiente della Camera, a far discutere è l’articolo 24 del decreto Crescita, che completerebbe il processo di liquidazione (ormai in corso da 8 anni) dell’Eipli, l’Ente per lo Sviluppo dell’Irrigazione e la Trasformazione Fondiaria in Puglia, Lucania ed Irpinia nato nel 1947 e reduce da 40 anni di commissariamento. Soppresso e salvato più di trenta volte. Il decreto legittimerebbe la costituzione di una società per azioni alla quale sarebbero trasferite tutte le risorse, umane e strumentali dell’ente in questione. Una spa a capitale pubblico: nella società entrerebbero il ministero dell’Economia, mentre alle Regioni Campania, Puglia e Basilicata verrebbe data la possibilità di partecipare. Non è servito a placare gli animi quanto previsto da un emendamento dei pentastellati al decreto Crescita, riformulato e sottoscritto anche dal dem Francesco Boccia e approvato dalle commissioni Bilancio e Finanze della Camera. Una proposta che chiuderebbe ai privati le porte della società che andrà a sostituire l’Eipli con il divieto esplicito di cessione delle quote. Possibilità che viene invece data a “ulteriori Regioni interessate ai trasferimenti idrici tra regioni del distretto idrografico dell’Appennino Meridionale”. Prevista anche la proroga al 2023 della concessione per l’acquedotto pugliese, in scadenza nel 2021, in attesa delle nuove regole sull’affidamento del servizio idrico integrato.
IL FORUM PER L’ACQUA: “L’EMENDAMENTO, UNA FOGLIA DI FICO” – Per Paolo Carsetti, segretario del Forum italiano dei Movimenti per l’Acqua, l’emendamento approvato dalle commissione “è solamente una foglia di fico” che non eviterà la privatizzazione. “Non cambia nulla – spiega a ilfattoquotidiano.it – rispetto alla prima versione depositata dalla deputata grillina Federica Daga, perché quella clausola non può impedire a una società di capitali di entrare a far parte del sistema di regole della concorrenza e del mercato. D’altro canto, la storia ci ha insegnato che le privatizzazioni sono iniziate così. Basta un cambio di amministrazione per sfondare facilmente il paletto oggi messo da quell’emendamento”. Carsetti è anche contrario a un allargamento ad altre regioni, ritenendo che “se si mettono in piedi dei colossi, comuni ed enti locali avranno sempre più difficoltà a far sentire la propria voce”.
L’ESULTANZA DEI 5 STELLE – Per i deputati del Movimento 5 Stelle “la forma della S.p.A. consente di sganciare l’ente e il suo ingente indebitamento dal bilancio dello Stato”, mentre con un altro ente pubblico “l’indebitamento avrebbe gravato, ai sensi delle norme sul fiscal compact, sull’indebitamento dello Stato entrando nel bilancio pubblico”. Il nuovo soggetto sarà sgravato da debiti e contenziosi pregressi e “potrà finalmente operare per mettere mano all’ammodernamento della rete idrica”, spiegano i deputati del Movimento 5 Stelle. E ricordano la grave situazione in cui vive il Sud, con infrastrutture che hanno urgente bisogno di interventi, la firma da parte del premier Giuseppe Conte del dpcm sul fondo di garanzia per le opere idriche “che il Paese attendeva da tre anni” e l’ok appena deliberato dalla Corte dei Conti al dpcm, approvato in cabina di regia Strategia Italia lo scorso 17 aprile, che dà “ufficialmente il via al finanziamento del piano nazionale infrastrutture idriche”.
L’APPELLO PER FERMARE LA LIQUIDAZIONE – Eppure per fermare la liquidazione dell’Eipli la Rete a difesa delle Fonti d’Acqua del Mezzogiorno, insieme ad altre associazioni, ha firmato un appello inviato al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al premier Conte e ai presidenti di Camera e Senato Roberto Fico e Maria Elisabetti Alberti Casellati. Si chiede di bloccare quella che viene definita “la più grande privatizzazione d’Europa, che viola il referendum del 2011 per l’acqua pubblica”. Tra i primi firmatari, insieme al portavoce nazionale della rete Maurizio Montalto, ex presidente dell’azienda per l’acqua pubblica di Napoli ABC (Acqua Bene Comune), anche il vicepresidente emerito della Corte Costituzionale Paolo Maddalena, Giovanni Impastato, Alfonso Pecorario Scanio e Rosario Trefiletti, leader storico dei consumatori italiani, presidente dell’Associazione Indagini 3 e tra i promotori del referendum di otto anni fa. Secondo Trefiletti l’articolo 24 “è un primo passo verso la privatizzazione – spiega a ilfattoquotidiano.it – in un contesto nel quale si spinge a pensare che per definizione gli enti pubblici funzionino male. Non è così, non deve esserlo soprattutto in un ambito nel quale i cittadini hanno espresso la volontà che la gestione sia affidata alla mano pubblica”.
LE MULTINAZIONALI STRANIERE – Sono diversi i rischi a cui questa trasformazione in S.p.A. dell’Eipli espone il nostro Paese, secondo Maurizio Montalto. “Intanto il rischio che si apra la porta alle multinazionali straniere dell’acqua” spiega a ilfattoquotidiano.it. Prime fra tutte quelle francesi, che già da tempo stanno cercando di accaparrarsi tutte le quote degli acquedotti italiani in mano a privati, come è accaduto con a quelle Acea della famiglia Caltagirone. “Le multinazionali sono già entrate nella gestione di parte delle fonti regionali (Sorical, Acquacampania, Siciliacque) prendendone il controllo – aggiunge Montalto – hanno prodotto disastri, reti colabrodo e grande profitto per gli azionisti”. E ricorda. “Acquacampania (Suez e Veolia) ha un debito con la Regione che supera i 100 milioni, ma fa enormi profitti che trasferisce in patria”. Sul tema è intervenuto anche il vicepresidente emerito della Corte Costituzionale Paolo Maddalena: “La trasformazione di un ente pubblico, che persegue gli interessi di tutti gli italiani – ha scritto – in una S.p.A. (non importa se capitale a pubblico o privato), che persegue solo gli interessi dei soci, è scalabile, prima o poi, da chiunque, e quindi anche da multinazionali straniere”. E implica, secondo il magistrato “il trasferimento occulto dei beni appartenenti al popolo e, cioè, la ‘proprietà pubblica’” a cui fa riferimento l’articolo 42 della Costituzione, “in un tipo di proprietà di natura privata, e cioè alienabile, usocapibile ed espropriabile”.
GLI APPETITI DEI CLAN – Poi c’è la questione degli appalti per la ristrutturazione dei grandi impianti interregionali del centro Sud. “Valgono miliardi – commenta Montaldo – e la privatizzazione espone maggiormente agli appetiti della criminalità”. In Campania, ad esempio, il clan dei Casalesi ha già dimostrato interesse nel settore dell’acqua. “In una spa – sottolinea – il livello di trasparenza cambia rispetto a un ente pubblico”.
ROTTURA O CONTINUITÀ CON IL PASSATO? – E se per i pentastellati l’emendamento sventa un tentativo di mettere tutto nelle mani dei privati e mette la parola fine “all’operazione iniziata con il governo Monti nel 2011 per privatizzare l’acqua del sud” e che prevedeva la liquidazione dell’Ente “con l’individuazione della forma societaria della Società per Azioni da parte del governo Gentiloni”, per i comitati la proposta si pone invece in assoluta continuità con questa storia. Iniziata, come ricorda anche la deputata LeU Rossella Muroni “in aperta contraddizione con l’esito pro acqua pubblica del referendum 2011. Sarebbe un vulnus democratico gravissimo”.