Il procuratore capo del capoluogo lombardo ricorda l'amico Mapelli, ex procuratore di Bergamo scomparso ad aprile dopo una lunga malattia: "Abbiamo vissuto la stessa sensazione di umiliazione", ossia "aver lavorato per tutelare l'economia sana ma come se queste non fossero cose utili per ottenere un incarico direttivo". Riferimento diretto alle logiche di Palazzo dei marescialli, svelate dall'inchiesta su Luca Palamara
“Un mondo che non ci appartiene, che non appartiene soprattutto ai magistrati del Nord, e che vive negli alberghi e nelle retrovie della burocrazia romana“. Parola di Francesco Greco, procuratore capo di Milano che in questo modo ha ricordato Walter Mapelli, l’ex procuratore di Bergamo morto ad aprile dopo una lunga malattia. Il riferimento del capo degli inquirenti milanesi è per l’inchiesta che ha travolto il Consiglio superiore della magistratura, svelando in che modo i giudici e politici progettavano d’influire nelle influire sulle nomine dei magistrati.
Ricordando l’amico e collega Mapelli, Greco ha parlato del loro rapporto, cominciato a Milano negli anni ’90 e proseguito anche nel difficile confronto con il Csm, dove “abbiamo vissuto la stessa sensazione di umiliazione”, ossia “aver lavorato per tutelare l’economia sana ma come se queste non fossero cose utili per ottenere un incarico direttivo”. Un mondo, spiega il procuratore Greco facendo riferimento a Palazzo dei Marescialli, “che abbiamo dovuto conoscere, apprendere, nelle sue logiche di funzionamento e che ci ha lasciati sconcertati e umiliati, perché dicevamo ‘beh, noi in fondo abbiamo lavorato come tanti magistrati, riteniamo che per anzianità, per meriti, per alcuni risultati ottenuti e per le nostre potenzialità ancora inespresse possiamo fare questo tipo di domandè e invece poi capisci che le logiche sono altre”.
Mapelli iniziò la sua carriera con un lungo tirocinio a Milano al fianco proprio di Greco, prima di coordinare importanti inchieste sulle tangenti a Monza e infine essere nominato procuratore capo a Bergamo. “Poi per fortuna le cose sono andate bene. Però ricordo che Walter come tanti altri magistrati questo tipo di esperienza non la meritavano”, ha detto sempre il procuratore capo di Milano durante un convegno al Palazzo di giustizia di via Freguglia. “Lo dico perché in questi giorni mi è venuto proprio da pensare a queste chiacchierate”, spiega Greco.
Il procuratore ha ricordato Mapelli fin da quando era uditore a Milano raccontando che “già allora si capiva la sua passione per la finanza” e per i temi economici e sottolineando la “sua intelligenza capace di interconnettere saperi e culture diverse che gli hanno permesso di approcciare il lavoro” in modo completo “e di vedere oltre” e cioè “capire cosa accadeva dopo”. Sempre di Mapelli Greco ha ricordato la capacità di “organizzare” gli uffici e la sua “disponibilità e generosità”, spiegando che lo avrebbe voluto come aggiunto a Milano. Invece aveva fatto domande, respinte, per Piacenza e altre procure. “Io penso che una domanda come la sua – ha spiegato – avrebbe dovuto portare i consiglieri del Csm a stappare bottiglie di champagne. Invece non è stato facile. Ci siamo resi conto che il suo lavoro di recuperare soldi per l’erario non era un lavoro utile per ottenere un incarico direttivo”. E qui la parentesi sul metodo per l’assegnazione degli incarichi direttivi che “ci ha lasciato sconcertati, umiliati. Abbiamo capito che le logiche sono altre. Sono quelle di mondo che vive nel buio degli alberghi, nei corridoi e nelle retrovie della burocrazia romana e che non ci appartiene e non appartiene ai magistrati del Nord”.