Dell, HP, Microsoft e Intel hanno presentato una dichiarazione congiunta allo U.S. Trade Representative per spingere Trump a cambiare idea sull'intenzione di includere notebook e prodotti 2-in-1 fra i dispositivi importati dalla Cina soggetti a dazi del 25%. A pagarne le conseguenze sarebbero i consumatori americani.
La proposta di Donald Trump di includere i computer portatili e i convertibili 2-in-1 tra i prodotti cinesi soggetti al rincaro dei dazi statunitensi ha sollevato le proteste di alcune delle maggiori industrie hi-tech americane. A Dell, HP, Microsoft e Intel fa capo il 52% delle vendite di notebook e prodotti 2-in-1 negli Stati Uniti. Tutte stimano che portare i dazi per questi prodotti al 25% comporterebbe un sensibile incremento del prezzo dei prodotti nel Paese, con danni per consumatori e industria.
È questo, in estrema sintesi, il contenuto di una dichiarazione congiunta presentata dai quattro produttori allo U.S. Trade Representative (USTR, il Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti d’America), che è il membro dell’ufficio esecutivo del Presidente degli Stati Uniti che consiglia Trump sulle questioni relative al commercio internazionale.
L’agenzia di stampa Reuters riporta che l’applicazione delle tariffe in questione farebbe lievitare di almeno il 19 percento i prezzi di notebook e 2-in-1 negli Stati Uniti, che corrisponde a un rincaro di 120 dollari per ogni prodotto venduto al dettaglio. A supporto della dichiarazione è stato allegato un recente studio della Consumer Technology Association. Nello studio si legge che “le tariffe sono tasse, pagate dai consumatori americani – e queste nuove tariffe sarebbero un onere per le famiglie americane proprio mentre fanno gli acquisti in vista del prossimo anno scolastico. I consumatori statunitensi, non la Cina, pagano il prezzo dei dazi […]”.
Dell, HP, Microsoft e Intel adottano un linguaggio più morbido nella dichiarazione congiunta, scrivendo che “un aumento dei prezzi di questa portata potrebbe mettere notebook e 2-in-1 fuori dalla portata dei consumatori più attenti ai costi”.
Microsoft ha inoltre sottoscritto una dichiarazione separata insieme ai produttori di videogiochi Nintendo e Sony, in cui si afferma che l’aumento dei dazi si ripercuoterebbe anche sui costi delle Console per videogiochi e finirebbe per soffocare l’innovazione, danneggiare i consumatori e mettere a rischio migliaia di posti di lavoro.
Ora spetta all’USTR mediare: gli incaricati hanno sette giorni di tempo per collezionare le opinioni di venditori al dettaglio, produttori e altre aziende statunitensi riguardo alle intenzioni di Trump sui dazi apposti ai beni di importazione cinese. Le audizioni si concluderanno il 25 giugno, e comunque vada le nuove tariffe non entreranno in vigore fino al 2 luglio.