I dispositivi intelligenti, come altoparlanti smart, smartphone e altro, possono rilevare i segnali di un arresto cardiaco in corso e allertare i soccorsi in maniera tempestiva. L’idea è stata di Justin Chan, Thomas Rea, Shyamnath Gollakota e Jacob E. Sunshine dell’Università di Washington, che hanno condotto uno studio di cui si trovano tutti i dettagli sul Nature Research Journal Digital Medicine.
Tutto parte dal presupposto che l’arresto cardiaco fuori dall’ospedale è una delle principali cause di decesso in tutto il mondo. Diagnosi rapida e avvio in tempi brevi della rianimazione cardiopolmonare sono le pietre miliardi della terapia per soccorrere le vittime di arresto cardiaco. Purtroppo, nella maggior parte dei casi questa emergenza medica si verifica in casa, dove il paziente potrebbe non essere circondato da persone in grado di aiutarlo, ma quasi sempre ha attorno dispositivi elettronici. Secondo le stime citate dai ricercatori, entro il 2020 il 75% delle famiglie americane avrà in casa smartphone evoluti e altoparlanti intelligenti.
Gli esperti si sono quindi chiesti come trasformare questa diffusione capillare della tecnologia in uno strumento salvavita. La risposta è stata: sfruttare i microfoni dei dispositivi smart e una Intelligenza Artificiale adeguatamente “addestrata per riconoscere”, con la minima incidenza possibile di falsi positivi, i segnali di un arresto cardiaco. Quali? Il respiro agonale, un elemento diagnostico che manifesta in modo facilmente udibile un riflesso del tronco encefalico che si verifica nell’ipossia grave, ed è evidente in circa la metà dei casi di arresto cardiaco registrati dal 911, il numero di emergenza negli USA.
I ricercatori hanno raccolto le registrazioni respiratorie agonali incluse nelle chiamate di emergenza al 911 di Seattle dal 2009 al 2017, fornite dal Public Health-Seattle & King County. Il set di dati comprendeva 162 chiamate con registrazioni chiare di respirazione agonale. Per ciascuna chiamata sono stati estratti 2,5 secondi di audio a partire dall’inizio di ogni respiro agonale, per un totale di 236 clip. Sono stati usati inoltre i dati audio acquisiti durante studi sul sonno che comprendevano istanze di ipopnea, apnea centrale, apnea ostruttiva, russamento e respirazione. Sono poi stati aggiunti file audio con suoni interferenti e con le registrazioni dei rumori in 35 camere da letto. Le registrazioni sono state acquisite tramite gli altoparlanti Amazon Alexa, gli smartphone iPhone 5s e Samsung Galaxy S4.
Il materiale è stato usato per “addestrare” un modello di Intelligenza Artificiale affinché riconoscesse il respiro agonale. Il tasso di falsi positivi è stato dello 0,2 per cento (più è basso, meglio è), che è un buon risultato, ma che secondo i ricercatori si può ulteriormente migliorare. Una lacuna dello studio, ammessa dagli stessi ricercatori, è che il numero di istanze agonali analizzate riguarda un periodo di soli 8 anni, legate a un territorio circoscritto. Per garantire il funzionamento di questo metodo sono necessari ulteriori campioni, che probabilmente sono archiviati nei database del 911 di tutto il mondo.
L’altro punto su cui lavorare è che la respirazione agonizzante è stata identificata in circa il 50% delle vittime di arresto cardiaco, il che significa che le persone che hanno subito un arresto cardiaco spontaneo senza respirazione agonale non trarrebbero alcun beneficio dal sistema di cui parliamo. I ricercatori sottolineano, tuttavia, che finora la respirazione agonale non ha goduto di grande considerazione a livello medico, quindi è possibile che le stime di incidenza degli eventi respiratori agonali associati all’arresto cardiaco siano sottovalutate. Studi clinici dovranno appurarne l’esatta incidenza in modo scientifico.
Infine, occorreranno test per “insegnare” all’Intelligenza Artificiale a classificare in maniera corretta la respirazione alterata che si verifica in condizioni come convulsioni, ipoglicemia, ictus o overdose, che clinicamente non è una respirazione agonale, ma rappresenta una condizione acuta che richiede un intervento medico.
Per ora il punto fermo è la prospettiva di poter fruire della tecnologia per allertare i soccorsi, senza che il paziente debba indossare giorno e notte alcun dispositivo, e attivarlo in caso di necessità.
Dato che la privacy è un argomento di grande attualità, molti staranno torcendo il naso all’idea di avere altoparlanti perennemente in ascolto. I ricercatori sottolineano come l’efficacia del loro metodo andrebbe persa se chi viene colpito da arresto cardiaco dovesse ricordarsi di dire “Hey Alexa” per attivare la registrazione. L’unico rimedio per garantire privacy è che la registrazione avvenga solo in locale e in maniera temporanea.