I ricorsi contro il decreto Sicurezza delle Regioni sono inammissibili e le loro competenze non sono state violate. La Corte Costituzionale ha giudicato inammissibili le impugnazioni di Calabria, Emilia Romagna, Marche, Toscana e Umbria. La Corte ha ritenuto che le nuove regole su permessi di soggiorno, iscrizione all’anagrafe dei richiedenti asilo e Sprar sono state adottate nell’ambito delle competenze riservate in via esclusiva allo Stato. Invece, per quanto riguarda le disposizioni del Titolo II, i giudici hanno ritenuto che sia stata violata l’autonomia costituzionalmente garantita a Comuni e Province. Pertanto, ha accolto le censure sull’articolo 28 che prevede un potere sostitutivo del prefetto nell’attività di tali enti.
Per quanto riguarda i ricorsi, la Corte Costituzionale, nel dichiararli inammissibili, ha ritenuto che con il decreto sicurezza voluto dal ministro dell’Interno Matteo Salvini, e diventato legge a dicembre 2018, non ha avuto incidenza diretta o indiretta sulle competenze regionali. Ma la Corte non ha compiuto alcuna valutazione sulla legittimità costituzionale dei contenuti delle norme impugnate. Fallisce il tentativo dei governatori del Partito democratico contro la legge simbolo del leader della Lega. “Tanto rumore per nulla”, esulta il sottosegretario leghista alla Giustizia, Jacopo Morrone, “ostilità pregiudiziale delle giunte democratiche è quindi tutta fuffa propagandistica sollevata ad arte”. Ma “si tratta soltanto del primo tempo della battaglia – risponde il governatore toscano, Enrico Rossi – che abbiamo intenzione di combattere contro chi, come il ministro Salvini, calpesta i diritti umani più elementari”.
In attesa che vengano depositate le motivazioni, al termine della camera di consiglio, la Consulta ha reso nota la decisione, che nulla dice sulla legittimità o meno delle nuove regole. Le Regioni, nei ricorsi presentati singolarmente, contestavano l’intero impianto del provvedimento, a cominciare dalla mancanza dei presupposti per intervenire con un decreto legge, e rilevavano che sebbene le politiche sui migranti siano competenza dello Stato, alcune misure del provvedimento come le limitazioni alla protezione umanitaria, l’esclusione dei richiedenti asili dal sistema di accoglienza gestito dagli enti locali (Sprar), impattano su ambiti che sono invece prerogativa regionale, quali la tutela della salute, il diritto allo studio, quello alla formazione professionale e l’assistenza sociale. Ma questa obiezione non è stata accolta dalla Corte, che si è limita a constare che la materia immigrazione è riservata allo Stato centrale e non alle autonomie regionali.
Sono invece incompatibili con l’autonomia costituzionalmente garantita a Comuni e Province – dice la Consulta – i super poteri ai prefetti, cui il testo riserva una sorta di commissariamento sull’ente in caso di condotte che ne compromettano il buon andamento, quando all’articolo 28 prevede che il prefetto “si sostituisce, mediante commissario ad acta, all’amministrazione inadempiente”.