È ormai abbastanza assodato che la Chiesa, per così dire “di base”, vota Lega. E il tentativo da parte delle gerarchie ecclesiastiche di nasconderlo o, peggio ancora, di negarlo appare assolutamente goffo e perfino autolesionista. Ma non è corretto affermare che i fedeli stanno da una parte, mentre le gerarchie stanno dalla parte opposta. La dimostrazione, abbastanza concreta, di quanto ciò sia vero è stata offerta da quello che è avvenuto recentemente all’interno della Conferenza episcopale laziale.
I fatti: domenica 9 giugno 2019, giorno in cui la Chiesa cattolica ha celebrato la solennità di Pentecoste, è stato chiesto ai preti del Lazio di leggere, al termine di tutte le messe, una lettera in favore dell’accoglienza dei migranti. La genesi di questo documento è abbastanza tribolata. La prima redazione della missiva, infatti, con un testo molto più aggressivo verso le politiche sull’immigrazione del ministro dell’Interno, Matteo Salvini, era stata proposta da alcuni vescovi laziali in occasione del caso della nave Diciotti. Ma la spaccatura dei presuli fu talmente forte da costringere a rimandare questa iniziativa.
Un secondo tentativo di pubblicare questa lettera era stato fatto in occasione delle elezioni Europee, ma anche qui la maggioranza dei vescovi laziali riuscì a opporsi su una scelta che sarebbe apparsa come un vero e proprio manifesto politico della Chiesa contro Salvini. Ovvero un invito abbastanza esplicito a non votare Lega. Tra l’altro comunicato al termine di tutte le celebrazioni di quella domenica elettorale. Della serie: “La messa è finita, ma non votate Salvini”.
Alla fine, dopo continui rinvii e con un testo molto più annacquato rispetto alla bozza originale, la lettera ha visto finalmente la luce. Ma, ed è qui la vera domanda, in quante messe celebrate nelle diocesi laziali è stata letta? Il documento, infatti, è stato nella larga maggioranza dei casi totalmente boicottato e quindi ignorato non solo dai preti che avrebbero dovuto farlo leggere al termine delle loro celebrazioni domenicali, ma anche da gran parte degli stessi vescovi che lo avevano firmato e che poi non lo hanno reso pubblico durante le messe da loro presiedute a Pentecoste.
Che cosa sarebbe successo se quella lettera fosse stata davvero letta in tutte le celebrazioni delle diocesi laziali? Che reazione avrebbe suscitato nei fedeli? O, peggio ancora, se fosse stata letta in occasione del caso della nave Diciotti, come era stato ipotizzato in un primo tempo, o addirittura nel giorno dell’elezioni? La Conferenza episcopale laziale sarebbe scesa in campo per arginare la Lega di Salvini e con quali risultati? Alla fine quel testo è stato quasi totalmente ignorato, non solo da preti e fedeli, ma da quelle stesse gerarchie che lo avevano voluto malvolentieri.
Si può ancora ignorare che all’interno del cattolicesimo, anche a livello gerarchico, ci sia una certa simpatia verso la Lega? E che questa simpatia si sia tradotta, nelle scorse elezioni, in voti concreti? Non è possibile chiudere gli occhi davanti a questo fenomeno che è ormai abbastanza evidente. È rinchiudersi in un mondo inventato e decisamente fuori dalla realtà. Cosa fare allora? Se da un lato il Papa denuncia continuamente i soprusi di cui sono vittime i migranti e invoca per loro accoglienza e integrazione, dall’altro i vescovi della sua stessa regione boicottano apertamente un documento, per giunta da loro sottoscritto, in sintonia con gli appelli di Bergoglio.
C’è evidentemente una sensibilità diversa sul tema, celata in pubblico per motivi di opportunità ecclesiale, per non dire politica, ma che poi viene liberamente espressa nel segreto dell’urna elettorale. La Chiesa può continuare a ignorare tutto ciò? La Conferenza episcopale italiana può ancora non prendere in seria considerazione ciò che è avvenuto con la lettera dei presuli laziali? Non si tratta di sondaggi o di sensazioni, ma di fatti reali e molto eloquenti. La Chiesa “di base” ha un sentire diverso in tema di migranti e si ritrova con le posizioni della Lega. Benché il Vangelo vada chiaramente dalla parte opposta.