C’è una probabilità del 65% che il prodotto interno lordo nel secondo trimestre 2019 torni a calare. A stimarlo è l’Istat, nel Rapporto annuale presentato giovedì mattina. L’istituto ha presentato una nuova stima, secondo cui “la probabilità di contrazione del pil nel secondo trimestre è relativamente elevata”. I primi tre mesi dell’anno si sono invece chiusi con un +0,1%, segnando l’uscita dalla recessione in cui l’Italia era entrata a fine 2018. Guardando al 2018 l’Istat mette in evenienza come l’Italia abbia “proseguito il percorso di riequilibrio dei conti pubblici”, ma i progressi fatti “non sono stati sufficienti ad arrestare la dinamica del debito”, in salita.
Tornando al pil, l’Istat spiega come la stima della probabilità di contrazione del Pil per “il secondo trimestre sia stata ottenuta con una procedura che permette di individuare i settori manifatturieri con caratteristiche leading rispetto al ciclo economico”. Non si tratta in senso stretto di una previsione, ha precisato il direttore del dipartimento per la produzione statistica Roberto Monducci, ma di una metodologia che indica una predizione qualitativa. Sono state prese quindi in considerazione delle ‘spie‘, capaci di indicare la strada verso cui ci si dirige. “La stima effettuata ha indicato che la probabilità di contrazione del Pil nel secondo trimestre è relativamente elevata: 0,65 su una scala che ha valore zero per la situazione di espansione e valore 1 per quella di contrazione dell’economia“, si legge nel Rapporto. Come dire, appunto, che c’è il 65% di possibilità di un pil in calo.
D’altra parte l’Istituto già pubblica, ogni mese, l’indicatore anticipatore, che, si ricorda, continua a suggerire “il proseguimento della fase di debolezza”. In particolare secondo l’Istat, nella stima per il secondo trimestre, ha pesato il dato negativo sulla produzione industriale della Germania.
Quanto all’intero anno 2019, l’Istat negli scenari rilasciati a maggio ha previsto una crescita dello 0,3% e ora conferma la previsione, spiegando che la crescita sarà sostenuta “solo dalla domanda interna”. “I consumi delle famiglie, nonostante il marginale rallentamento rispetto al 2018, costituiranno la principale componente a sostegno della crescita, favoriti dall’aumento del monte salari e, in misura contenuta, dalle misure del reddito di cittadinanza. Invece, il processo di ricostituzione dello stock di capitale rallenterebbe in misura significativa a causa del deciso peggioramento delle aspettative sui livelli produttivi dell’area euro e dell’economia italiana”. Gli investimenti fissi lordi italiani segnerebbero un aumento modesto (+0,3 per cento), “beneficiando in misura contenuta anche delle agevolazioni inserite nel c.d. “Decreto Crescita””. Il calo di esportazioni e importazioni in volume, dovuto in buona parte a fattori esogeni internazionali, è atteso determinare un contributo della domanda estera netta nullo.