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Marco Paolini: “Sono un omicida stradale. Non mi perdono di aver causato la morte di una donna”

Ora l'attore ha patteggiato una condanna a un anno di reclusione per omicidio stradale e la sua pena è stata sospesa con la condizionale. Lui ha più volte ribadito di aver causato quell’incidente a causa di un colpo di tosse

di F. Q.

Undici mesi dopo quel giorno non è cambiato molto. Posso provare a capire me stesso. Ma non riesco a perdonarmi di aver ucciso una donna. C’è scritto nero su bianco: ‘Omicida stradale‘. Capisco la parola usata dal legislatore. La capisco. Bisogna rendere le persone consapevoli del rischio che fanno correre agli altri quando guidano. È giusto”. È passato ormai quasi un anno dall’incidente stradale in cui è rimasto coinvolto e in cui ha perso la vita una donna ma Marco Paolini ricorda quei momenti con lucidità, ripercorrendo in un’intervista a Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera la tragedia avvenuta lo scorso 17 luglio sull’autostrada A4 Milano-Venezia, vicino a Verona.

“C’era molto traffico. Impossibile correre. Si andava in colonna. Viaggiavo sulla corsia centrale. A un certo punto mi è tornato un attacco di tosse. E lì, come ho potuto rivedere nei fotogrammi di un filmato delle telecamere fisse di Autostrade, mi sono spostato sulla corsia di destra. E di colpo mi sono visto addosso alla macchina di Alessandra Lighezzolo e Anna Tovo. Loro erano su una 500, io su una station wagon. Un camion, in confronto. L’ho speronata. E l’ho vista volare sulla strada di sotto, sulla tangenziale. Dietro una siepe. Rovesciata. Per fortuna il traffico di sotto si fermò quasi subito. Senza ulteriori tragedie. Eravamo lungo una piazzola d’emergenza. Mi sono fermato, ho dato l’allarme. Tutto intorno sembrava normale”.

“Non stavo telefonando. E neppure ricevendo messaggi. Dato l’allarme la prima cosa che ho fatto è stata quella di consegnare appunto il telefonino alla Stradale. Loro hanno potuto confrontare tutti i dati. L’ultima telefonata l’avevo fatta a mia moglie qualche minuto prima per dirle che arrivavo. Ricordo di aver ammesso subito che era stata colpa mia. Che ero io, il responsabile. Io ad avere sbagliato. Una signora di là della siepe, vedendomi molto agitato, mi gridò di non muovermi – ha continuato a raccontare l’attore  – . Ero lì, bloccato, stupito di non essermi fatto assolutamente niente mentre avevo gravemente ferito altre persone. Era una cosa che mi rendeva furibondo. Era ingiusto. Spaventoso”.

Ora Marco Paolini ha patteggiato una condanna a un anno di reclusione per omicidio stradale e la sua pena è stata sospesa con la condizionale. Lui ha più volte ribadito di aver causato quell’incidente a causa di un colpo di tosse, malessere che lo stava accompagnando in quei giorni e che solo in seguito ha scoperto essere causato da un polipetto in gola: “Era poco più che una piuma piantata in gola. Combinata con l’asma mi aveva reso quel periodo durissimo. Ora pare tutto a posto”.

Dopo l’incidente, Marco Paolini ha raccontato di aver provato a mettersi in contatto con le famiglie delle vittime senza però ricevere mai risposta e questo silenzio lo comprende appieno: “Ho scritto privatamente a loro. Pur immaginando di essere, per loro, non voluto e molesto – ha spiegato – . Non ho ricevuto risposta. Capisco. L’avrei fatto anch’io. Poi ho scelto il silenzio. Ho pensato che qualunque cosa avessi detto sarebbe stata poco rispettosa nei confronti delle famiglie. Volevo anche non salire sul palcoscenico…”.

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