Ecco il testo selezionato dal Miur per la versione di Tacito sulla fine di Galba tratto da Historiae, Paragrafo 27, Libro 1 di Tacito.
Octavo decimo kalendas Februarias sacrificanti pro aede Apollinis Galbae haruspex Umbricius tristia exta et instantis insidias ac domesticum hostem praedicit, audiente Othone (nam proximus adstiterat) idque ut laetum e contrario et suis cogitationibus prosperum interpretante. Nec multo post libertus Onomastus nuntiat expectari eum ab architecto et redemptoribus, quae significatio coeuntium iam militum et paratae coniurationis convenerat. Otho, causam digressus requirentibus, cum emi sibi praedia vetustate suspecta eoque prius exploranda finxisset, innixus liberto per Tiberianam domum in Velabrum, inde ad miliarium aureum sub aedem Saturni pergit. Ibi tres et viginti speculatores consalutatum imperatorem ac paucitate salutantium trepidum et sellae festinanter impositum strictis mucronibus rapiunt; totidem ferme milites in itinere adgregantur, alii conscientia, plerique miraculo, pars clamore et gladiis, pars silentio, animum ex eventu sumpturi.
Traduzione:
Il quindici gennaio Galba stava sacrificando davanti al tempio di Apollo: l’aruspice Umbricio gli dichiara che le viscere davano segni sinistri, predicendo insidie incombenti e un nemico in casa. Lo sente Otone, che gli stava vicino, e vuole interpretarlo, rovesciandone il senso, di buon augurio per sé e propizio ai suoi disegni. Passano pochi momenti e il liberto Onomasto gli annuncia che l’architetto e i costruttori lo aspettavano: questa la frase convenuta per indicare che i soldati si stavano radunando e che la congiura era pronta a scattare. Al suo allontanarsi, qualcuno gliene chiese motivo e lui diede loro a intendere di essere in trattative per una vecchia casa di campagna, il cui stato di solidità andava prima verificato; poi, appoggiandosi al braccio del liberto, si avvia attraverso i palazzi di Tiberio, verso il Velabro e di là punta al miliare aureo nel foro, sotto il tempio di Saturno. Qui lo salutano imperatore ventitré guardie del corpo: Otone era preoccupato dell’esiguo numero dei presenti, ma essi lo fanno salire in fretta su una lettiga e, spade in pugno, lo portano via. Lungo il percorso si accoda un altro numero di soldati di analoga consistenza: alcuni perché complici, ma i più per la stranezza della scena, chi gridando e a spada levata, chi in silenzio e aspettando coraggio dall’evolversi della situazione.