Si dice che Tacito sia l’incubo di tutti gli studenti: la versione della maturità 2019 lo ha confermato. “Io sono entrato all’università facendo un concorso su Tacito e ancora me lo ricordo. Il brano proposto non è semplicissimo, anzi direi che per il livello medio di un 18enne è proprio difficile”. Persino Giorgio Piras, ordinario di letteratura latina all’università La Sapienza di Roma e direttore del dipartimento di Scienze dell’antichità, ha bisogno di impegnarsi per decrittare i passaggi più impegnativi del testo: ablativi assoluti come se piovessero, cum più congiuntivo, participio congiunto, infinitiva, perifrastica passiva. Ce n’è per tutti i gusti.

Come noto, la maturità 2019 è cambiata: per la prima volta gli studenti si sono trovati di fronte una seconda prova mista di latino e greco, in cui però quest’anno è la prima materia a far da padrona. In latino è infatti la versione da tradurre: “Fine di Galba”, tratta dalle Historiae di Tacito (1, 27). “È stato scelto un brano complesso di un autore ostico, su un episodio abbastanza marginale della storia romana”, prosegue. “In compenso però il testo di Plutarco, gemello greco della stessa versione, può dare una grossa mano ai ragazzi”.

L’inizio per i maturandi è stato da brividi: nonostante l’aggiunta di un cappello iniziale in italiano (utile per contestualizzare il testo) la versione comincia nel peggiore dei modi. “Le prime quattro parole sono un’indicazione calendariale, già scioglierla con precisione può essere un bel rompicapo”, spiega il professor Piras. Nulla in confronto a ciò che attende gli studenti nelle righe successive. “Nella prima metà del brano prevalgono nettamente le subordinate sulle principali, con una serie di complicazioni notevoli che solo chi ha una buona conoscenza grammaticale e sintattica può comprendere”. Il primo passaggio molto complesso è al secondo rigo, dove c’è un ablativo assoluto con un doppio participio e il paradosso del verbo all’indicativo, che di solito regge la frase, relegato in una parentesi: “C’è una specie di ribaltamento fra principale e subordinata che rischia di destabilizzare lo studente”. Ancora più complicato ciò che succede subito dopo, dove si parla del segnale che fa scattare la congiura contro Galba: “Da quae significatio inizia una frase che è davvero difficile da spiegare sintatticamente: è un classico esempio di anacoluto tacitiana, serve all’autore per rendere più vivace il quadro, ma complica terribilmente la traduzione. I più bravi e fortunati andranno a senso”.

Segue un altro periodo molto lungo (tra Otho e pergit, soggetto e verbo principale, intercorrono addirittura 27 parole). Di lì in poi la difficoltà si dirada, il testo scorre: “La parte finale consente di tirare un sospiro di sollievo, si va spediti. Certo, bisogna arrivarci a queste ultime tre righe. C’è il rischio che in tanti si siano persi molto prima”. A fronte di queste difficoltà, l’aiuto maggiore per i maturandi è arrivato proprio dalla prova riformata: il testo greco con traduzione a fronte, che tanti temevano come elemento di ulteriore complicazione, è in realtà preziosa guida per il brano latino. “Era chiaro che i due testi si sarebbero parlati, ma in questo caso siamo di fronte proprio alla versione greca dello stesso brano latino: Tacito e Plutarco dipendono probabilmente dalla stessa fonte, nel primo è più marcato l’aspetto teatrale, nel secondo quello cronachistico”, il commento di Piras. “Se un ragazzo ha la lucidità di non farsi prendere dal panico ma leggere anche il brano greco prima di cominciare a tradurre può ricavarne indicazioni preziose: gli eventi sono gli stessi, ci sono porzioni di testo molto simili. Forse è stato fatto proprio per compensare la difficoltà della versione latina”. Abbastanza semplice anche la terza parte della prova, analisi e comprensione del testo: “La domanda sulla storiografia è vaga, abbordabile. Quanto all’analisi e agli esempi di brevitas tacitiana, basta citare uno dei tanti passi incomprensibile del testo”, scherza il professore.

I ragazzi avranno 6 ore per venirne a capo. I più bravi, comunque, alla fine scopriranno un brano interessante e carico di significati. “Una volta risolto il problema della traduzione ci si può godere la densità di Tacito”, spiega l’accademico. “C’è il motivo dell’hostis domesticus, il ‘nemico in casa’, incubo ricorrente della cultura latina da Romolo e Remo in giù. C’è la splendida rappresentazione della reazione della moltitudine, che si accoda come un gregge a un evento iniziato da pochi, chi consapevolmente, chi per pura inerzia: è una metafora della società, anche molto attuale”.  Una “scelleratezza osata da pochi, voluta da molti e subita da tutti”, conclude Tacito con una delle sue frasi più celebri. Chissà quanti studenti arriveranno abbastanza in fondo per apprezzarla.

Twitter: @lVendemiale

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