Il bel gioco? Se costa poco. È in base a un’idea simile che in Italia si sta facendo strada una nuova generazione di allenatori: giovani, spesso senza un grande passato alle spalle, provenienti dalla provincia, con un’idea di gioco opposta a quella tradizionale italiana e con ingaggi abbondantemente abbordabili. Ne è il capostipite Sarri: arrivato alla ribalta a sessant’anni grazie a un’intuizione di Aurelio De Laurentiis. Un’intuizione però fedele al principio del low cost: l’anno prima sulla panchina sedeva Benitez, che era il tecnico più pagato in A in quella stagione (2014/2015) con 3,5 milioni di euro l’anno di ingaggio. E dunque prendendo Sarri, che al primo anno percepiva 900mila euro base, diventati 1,4 milioni coi bonus, il patron del Napoli aveva ottenuto anche un risparmio importante. E alla Juve Sarri guadagnerà meno di Allegri (6,5 milioni contro i 7,5 che percepiva Max) e infinitamente meno di quel che avrebbe guadagnato il sogno proibito Guardiola (oltre 20 milioni a stagione).
Ma “il modello Sarri” ha fatto breccia in diverse altre realtà: se alla Juve la vittoria, Sarri o non Sarri, è imprescindibile, altrove in situazioni economiche non rosee e con possibilità di vittoria scarse si punta al bel gioco, al divertimento.“Non si vince, ma almeno lo spettacolo sarà godibile” è il ragionamento. E così il Milan punta su quello che per gioco e per evoluzione della carriera è stato considerato erede di Sarri, Giampaolo: ex enfant prodige della panchina ai tempi di Ascoli, quando non aveva neppure il patentino per allenare, una frenata brusca dopo stagioni non esaltanti a Siena, Catania e Cesena, poi la ripartenza dalla Lega Pro con la Cremonese e la “rinascita” a Empoli e alla Samp. Ci si aspetta un Milan divertente, come divertente è stato il 4-3-1-2 di Giampaolo nelle ultime stagioni, e con un esborso non eccessivo: l’ex doriano dovrebbe percepire circa due milioni, come Gattuso in pratica.
Lo stesso motivo aveva spinto la Roma a puntare su Di Francesco qualche anno prima, e non è un caso se oggi i nomi più gettonati tra gli emergenti siano quelli di De Zerbi (predestinato a collezionare vittorie, dicono gli addetti ai lavori, ma ad oggi se una big puntasse su di lui si parlerebbe comunque una scommessa), Corini reduce dalla promozione in A col Brescia, Italiano artefice del miracolo Trapani: tutti con una carriera da calciatori di provincia, con tanta gavetta alle spalle da allenatori, con idee di gioco lontane dal catenaccio e contropiede e, soprattutto, con un ingaggio abbordabile. Caratteristiche di fronte alle quali i puristi dell’italianità storceranno il naso: alla base dell’ormai famoso litigio tra Max Allegri e Adani questo era uno dei punti cruciali, “si vuol buttare tutto quello che hanno insegnato i nuovi allenatori, e invece ci sono molte cose utili” la riflessione di Allegri critica col “guardiolismo” di tanti giovani allenatori.
E tuttavia chi ha qualche ambizione in più sembra propenso a intraprendere una strada diversa: l’Inter infatti vira su Conte, che sarà il più pagato della Serie A con 11 milioni a stagione, il Napoli ha scelto Ancelotti, che ne guadagna 6,5. Un doppio binario dunque: il divertimento low cost per chi è alle prese con ristrutturazioni, fair play finanziario e rifondazioni e i “top manager” per chi ha ambizioni di vittorie, con la Juventus però a fare stranamente da anomalia giocando nel mezzo, puntando sul bel gioco di un allenatore di provincia (non più a basso costo però) mantenendo altissime ambizioni di vittoria. Sarà una stagione interessante dunque, anche in considerazione dello scontro tra diverse scuole di pensiero, scontro che solo due stagioni fa si sarebbe giocato a parti invertite.