Il piano di dismissione di 34 piattaforme offshore? Dopo due anni di confronto, se ne sono ormai perse le tracce, da tempo chiuso nei cassetti del ministero dello Sviluppo economico. A denunciarlo nel corso di un presidio di fronte al Mise a Roma le associazione ambientaliste Greenpeace, Legambiente e Wwf, rendendolo pubblico: “Nell’incapacità dei ministeri competenti, ci assumiamo la responsabilità di tirare fuori le carte di un piano di decommissioning di 34 impianti offshore (25 piattaforme, 8 teste di pozzo sottomarine, 1 cluster): tra questi ben 27 si trovano nella fascia di interdizione delle 12 miglia”, hanno denunciato.

Le associazioni hanno ripetutamente chiesto in questi mesi di rendere pubblico il piano concordato con i ministeri competenti, ma invano, nonostante l’approssimarsi della scadenza del 30 giugno, quando il ministero dello Sviluppo Economico dovrà procedere con la dichiarazione di dismissione mineraria prevista dal decreto ministeriale del 15 febbraio 2019. “Manca la volontà politica“, hanno spiegato in coro le associazioni. E ancora: “Sono impianti non produttivi, che devono essere dismessi, ma il piano deve essere presentato e messo in atto”, ha spiegato Isabella Pratesi (Wwf Italia). “Sono relitti industriali, la metà non ha mai ricevuto una valutazione di impatto ambientale, ben quattro hanno più di 40 anni, altri quattro più di 50 anni. O non sono mai entrati in produzione, o non producono più nulla da cinque anni, oppure hanno una produzione minima, al di sotto delle royalties. Tradotto, nonostante il forte impatto ambientale, non ne ricaviamo nemmeno un quattrino”, ha denunciato Giorgia Monti (Greenpeace). “La moratoria di un anno era un buon primo passo. Poi le ripicche interne alla maggioranza hanno prevalso su un ragionamento serio“, ha aggiunto Andrea Minutolo (Legambiente).

E se il governo viene contestato per aver lasciato la questione in sospeso, non mancano le accuse alla Lega, che prima si schierò contro le trivelle al referendum del 17 aprile 2016, per poi effettuare una giravolta negli scorsi mesi, facendo pressioni contro lo stop: “Salvini? Ricordiamo quando indossava la maglietta No-Triv al referendum…Questa è una battaglia che opportunisticamente hanno cavalcato tutti. Ma ora il governo deve mantenere le promesse. Il fatto che rimangano in mare impianti che devono essere dismessi è qualcosa che va a vantaggio dei petrolieri, perché smantellare costa”, ha concluso Giorgia Monti

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