L’Italia sta vivendo un declino demografico frutto del combinato disposto del calo delle nascite e dell’aumento dei decessi. Una tendenza ormai in atto dal 2015 che si sta traducendo in “un vero e proprio calo numerico di cui si ha memoria nella storia d’Italia solo risalendo al lontano biennio 1917-1918, un’epoca segnata dalla Grande Guerra e dai successivi drammatici effetti dell’epidemia di ‘spagnola’”, ha spiegato il presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo, in occasione della presentazione del Rapporto annuale dell’Istituto di statistica. Insomma per trovare una situazione comparabile occorre tornare indietro di un secolo. A limitare gli effetti del calo demografico è “il saldo migratorio con l’estero, positivo da oltre 40 anni”: nel 2018 si stima un saldo positivo di oltre 190mila persone.
L’Italia non fa più figli e nel frattempo invecchia: “Nel 2050, la quota dei 15-64enni potrà scendere al 54,2% del totale, circa dieci punti percentuali in meno rispetto a oggi. Si tratta di oltre 6 milioni di persone in meno nella popolazione in età da lavoro. L’Italia sarebbe così tra i pochi Paesi al mondo a sperimentare una significativa riduzione della popolazione in età lavorativa”, avverte l’Istat nel Rapporto annuale, ricordando che la popolazione residente in Italia è in calo dal 2015 di 400mila residenti.
Senza gli stranieri la recessione demografica sarebbe iniziata già negli anni ’90. Il saldo migratorio è in lieve ripresa negli ultimi tre anni, dopo una fase di contrazione a seguito della lunga crisi economica avviatasi nel 2008. Le iscrizioni in anagrafe dall’estero si sono ridotte da 494 mila del 2008 a 349 mila del 2018, mentre le cancellazioni dall’anagrafe per l’estero sono aumentate in maniera marcata, passando da 62mila a 160mila nel decennio. Dal riscontro anagrafico, il saldo migratorio netto con l’estero si è quindi ridotto a 190mila unità nel 2018 (era di 433 mila unità nel 2008). Il saldo migratorio positivo limita gli effetti del calo demografico dovuto al saldo naturale negativo, stimato pari a -187mila nel 2018.
Meno donne in età fertile uguale meno nascite
I decessi nell’anno scorso sono stati poco più di 633mila, circa 50mila in più. Secondo i dati provvisori relativi al 2018 invece, “sono stati iscritti in anagrafe per nascita oltre 439mila bambini, quasi 140mila in meno rispetto al 2008″ e 10mila in meno rispetto allo scorso anno. D’altra parte il 45% delle donne tra i 18 e i 49 anni, qui i dati si fermano al 2016, non ha ancora avuto figli. L’Istat indica proprio questo aspetto tra le principali ragioni della bassa natalità: “La diminuzione della popolazione femminile tra 15 e 49 anni osservata tra il 2008 e il 2017 – circa 900mila donne in meno – spiega circa i tre quarti del calo di nascite che si è verificato nello stesso periodo. La restante quota dipende dalla diminuzione della fecondità (da 1,45 figli per donna del 2008 a 1,32 del 2017). Inoltre, “la diminuzione delle nascite è attribuibile prevalentemente al calo dei nati da coppie di genitori entrambi italiani, che scendono a 359mila nel 2017 (oltre 121mila in meno rispetto al 2008)”. “Per le donne e le coppie, la scelta consapevole di non avere figli è poco frequente – osserva l’Istat – mentre è in crescita la quota delle persone che sono costrette a rinviare e poi a rinunciare alla realizzazione dei progetti familiari a causa delle difficoltà della propria condizione economica e sociale“.
Anche i cittadini stranieri fanno meno figli
I cittadini stranieri residenti in Italia al gennaio 2019 sono 5,2 milioni (l’8,7% della popolazione). I minori di seconda generazione sono 1 milione e 316 mila, pari al 13% della popolazione minorenne. Di questi, il 75% è nato in Italia (991 mila). Ma, rileva l’Istat, anche “il contributo dei cittadini stranieri alla natalità della popolazione residente si va lentamente riducendo. Dal 2012 al 2017 diminuiscono, infatti, anche i nati con almeno un genitore straniero (oltre 8mila in meno) che scendono sotto i 100mila (il 21,7% del totale)”. Ecco che anche “la popolazione straniera residente sta a sua volta invecchiando: considerando la popolazione femminile, la quota di 35-49enni sul totale delle cittadine straniere in età feconda passa dal 4,7% del primo gennaio 2008 al 52,4% del primo gennaio 2018″.
Sono i migranti a frenare il calo demografico
“Nel corso del 2017 sono stati rilasciati quasi 263mila nuovi permessi di soggiorno, in lieve aumento rispetto al 2016, dopo una tendenza alla diminuzione già messa in luce negli anni precedenti: nel 2010 erano quasi 600mila“, sottolinea il Rapporto annuale. “Diminuiscono i nuovi flussi in ingresso per lavoro, fino a scendere sotto il 5% nel 2017, e aumentano quelli per motivi di famiglia – si legge – Dal 2014 al 2017 si accentuano i flussi dettati dall’emergenza: i permessi rilasciati per asilo e protezione umanitaria raggiungono il 38,5%, un valore prossimo a quello dei permessi rilasciati per motivi di famiglia che, con incidenze più stabili nel tempo, sono pari al 43,2% del totale dei nuovi permessi in ingresso nel 2017″. “I principali paesi di cittadinanza delle persone in cerca di asilo e protezione internazionale sono Nigeria, Pakistan e Bangladesh. Insieme, questi tre paesi coprono più del 41% dei flussi in ingresso per questa motivazione”, continua l’Istat. Al primo gennaio 2018, le persone che hanno acquisito la cittadinanza sono oltre un milione e 340mila nella popolazione residente: “Nel 56,3% dei casi si tratta di donne“.