Si è fatto interrogare per ripetere ciò che ha detto più volte: “Non potevo riferire a Luigi Marroni ciò che non sapevo ed escludo categoricamente di aver parlato con lui dell’inchiesta”. Ciò che non sapeva sarebbe l’indagine in corso sulla Centrale acquisti della pubblica amministrazione. Si è espresso in questi termini Luca Lotti ascoltato dal gup di Roma, Clementina Forleo. Il braccio destro di Matteo Renzi è comparso all’udienza preliminare sul caso Consip. L’ex ministro dello Sport, che ha reso dichiarazioni spontanee ed è stato interrogato dal pm Mario Palazzi, è accusato di favoreggiamento perché avrebbe rivelato all’allora amministratore delegato della società di appalti pubblici, Luigi Marroni, dell’inchiesta in corso su Consip. “Escludo udo categoricamente” di averne parlato con con Marroni, “nel nostro incontro del 3 agosto 2016”, anche perché “non potevo riferire a Marroni ciò che non sapevo“, ha ripetuto Lotti.
Lotti: “Caso procure? Già chiarito tutto con due post su facebook” – Fuori dal palazzo di piazzale Clodio l’ex sottosegretario ha anche parlato dell’inchiesta che ha travolto il Csm. Un’indagine dove non è indagato pure essendo tra i partecipanti agli incontri notturni per discutere del nuovo procuratore di Roma. Lo stesso ufficio che adesso chiede il suo rinvio a giudizio. “Non mettevo bocca sulle nomine nelle Procure. Ho letto sui giornali che c’erano relazioni con la Procura di Roma ma queste non ci sono mai state, tanto è vero che la richiesta di rinvio a giudizio nei miei confronti è stata fatta e abbiamo iniziato l’udienza preliminare”, sostiene Lotti riferendosi ad alcuni dialoghi intercettati tra lui e Luca Palamara. Dopo l’autosospensione dal Pd, Lotti intende dimettersi da deputato? “Ho già smentito nei giorni scorsi le ricostruzioni lette su questa vicenda: l’ho già detto e scritto in maniera chiara con due post su Facebook”. Per la verità nei post su facebook Lotti si era limitato a professarsi innocente, citando Enzo Tortora (Io sono innocente, spero che lo sia anche chi mi accusa”) e prendendosela con i suoi accusatori, definiti “moralisti senza morale”, “ipocriti” e “invidiosi”.
Le accuse a Lotti – A rischiare il processo per Consip insieme a Lotti sono altre sei persone. L’iscrizione nel registro degli indagati dell’ex sottosegretario di Renzi risale al 21 dicembre del 2016, il giorno dopo l’audizione, davanti agli inquirenti di Napoli, dello stesso Marroni, che aveva ammesso di aver saputo dal ministro dell’indagine aperta dalla procura partenopea. Il fascicolo passò subito a Roma per competenza e il 27 dicembre Lotti si presentò a Piazzale Clodio per essere sentito dagli investigatori. Poi il 14 luglio del 2017 era stato interrogato dei pm e secondo i suoi avvocati, Franco Coppi e Ester Molinaro, si era trattato di un “sereno interrogatorio durato circa un’ora”, in cui il ministro aveva risposto “puntualmente a tutte le domande che gli sono state rivolte” e ha ribadito “con fermezza la sua estraneità ai fatti contestati”. La procura, però, quei fatti continua a contestarglieli.
Il caso Scafarto e Sessa – L’ufficio inquirente guidato all’epoca da Giuseppe Pignatone, però, ha chiesto il rinvio a giudizio anche di Gianpaolo Scafarto, ex capitano del Noe dei carabinieri – poi promosso maggiore – per violazione di segreto, falso in atto pubblico e depistaggio: l’ultima accusa è contestata in concorso con Sessa. Al militare viene contestato anche il falso relativo all’informativa in cui attribuiva la frase “Renzi l’ultima volta che l’ho incontrato” a Romeo. In realtà a pronunciare quella frase (senza che si riferisse a Tiziano Renzi) era stato l’ex parlamentare Italo Bocchino. Scafarto ha sempre ribadito di non aver “mai taroccato” alcuna informativa. Ma, stando a chi indaga, nell’informativa aveva inserito anche il presunto coinvolgimento di “personaggi asseritamente appartenenti ai servizi segreti, ometteva scientemente informazioni ottenute a seguito delle indagini esperite”. Nell’informativa scrisse che aveva “il ragionevole sospetto di ricevere attenzioni da parte di qualche appartenente ai servizi”.
Carlo Russo, il millantato credito e Tiziano Renzi – La procura vuole poi processare per millantato credito Carlo Russo, imprenditore amico di Tiziano Renzi. Il padre dell’ex premier era stato in un primo momento indagato per traffico di influenze e poi solo per millantato credito in concorso con lo stesso Russo nei confronti di Alfredo Romeo. I pm capitolini, però, hanno poi chiesto l’archiviazione per il genitore dell’ex segretario del Pd, che però viene definito come “ampliamente inattendibile”. Inoltre chi indaga è convinto che sia stato Tiziano Renzi a mettere in contatto Russo con Marroni, e che il padre dell’ex premier abbia effettivamente incontrato Alfredo Romeo nel 2015, a Firenze, in un periodo ritenuto, però, troppo lontano dai fatti in indagine. Gli investigatori, adesso, contestano il millantato credito solo a Russo. Stando al capo di imputazione l’imprenditore si faceva promettere da Romeo, 100mila euro all’anno, “come prezzo della propria mediazione” nei confronti di Daniela Becchini, all’epoca dei fatti dg del patrimonio Inps, Silvio Gizzi, all’epoca amminstratore delegato di Grandi Stazioni rail, Monica Chittò, all’epoca sindaca del comune di Sesto San Giovanni e infine Marroni, ex ad di Consip. Stando alle indagini le mediazioni dovevano riguardare commesse e appalti. Russo, avrebbe millantato con l’imprenditore napoletano (per cui la Cassazione aveva annullato l’arresto per corruzione il 9 marzo) anche il tramite dell’attuale sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, per fargli ottenere un appalto indetto dal comune di Sesto. Era stato sempre Russo a “prospettare” a Romeo la mediazione – tramite Renzi senior – che doveva consistere nell’ottenere aggiudicazioni di appalti della Consip. Tutte mediazioni inesistenti, secondo gli investigatori.