“L’acqua deve restare nelle mani solide dello Stato. Come rileva il Papa, è una questione geopolitica, non ragionieristica”. Con queste parole il portavoce della Rete a difesa delle fonti d’acqua del Mezzogiorno d’Italia, Maurizio Montalto, invita proprio Papa Francesco a sostenere l’appello contro l’articolo 24 del Decreto Crescita con il quale “il Governo italiano e il Parlamento – scrive – privatizzano le fonti d’acqua del Sud”. Un appello per fermare il processo di liquidazione dell’Eipli, l’Ente per lo Sviluppo dell’Irrigazione e la Trasformazione Fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia, reduce da 40 anni di commissariamento. Il decreto legittimerebbe, invece, la costituzione di una società per azioni alla quale sarebbero trasferite tutte le risorse dell’ente. Per Montalto “la liquidazione dell’Ente pubblico che gestisce le fonti pone una questione di sicurezza nazionale”.
LE PAROLE DEL PAPA – Montalto ricorda proprio le parole del pontefice che ha già affrontato in diverse occasioni del riconoscimento dell’accesso all’acqua potabile, come di un “diritto che scaturisce dalla dignità umana, dunque incompatibile con la concezione dell’acqua come una qualsiasi merce”. Tra l’altro, nel corso della Giornata mondiale del creato, Papa Francesco ha fatto una riflessione ulteriore: “Mi domando se in mezzo a questa ‘terza Guerra mondiale a pezzetti’ che stiamo vivendo – ha detto – non stiamo andando verso la grande guerra mondiale per l’acqua”.
L’APPELLO DELLA RETE – L’appello proposto dalla Rete, al quale hanno aderito diversi movimenti, associazioni e gruppi di cittadini, chiede da un lato di bloccare la liquidazione dell’Eipli e, dall’altro, che si avviino “i lavori per la definizione e l’approvazione di una norma ordinaria che – spiega il portavoce della Rete – nel rispetto della volontà espressa dagli italiani con il referendum del 2011, garantisca la gestione pubblica delle fonti d’acqua”.
L’INVITO AL PONTEFICE – A Papa Francesco si chiede di sostenere “l’impegno in favore della vita delle generazioni attuali e future”. “La criminalità organizzata ha già messo le mani sull’acqua” aggiunge Montalto, secondo cui privatizzare le fonti e allargare le maglie del codice degli appalti “rende il sistema strutturalmente più vulnerabile alle infiltrazioni”. In Campania, solo per fare un esempio, il clan dei Casalesi ha già dimostrato interesse nel settore dell’acqua.