Entro il 3 luglio il ministero dello Sviluppo deve varare il decreto sulle remunerazioni ai grandi impianti che si rendono disponibili a fornire energia in caso di problemi di approvvigionamento. Italia Solare, Greenpeace, Legambiente. WWF, Assoutenti e Casa del Consumatore chiedono di rivedere un meccanismo che premia le fonti fossili e appesantisce le bollette. Per gli operatori, senza incentivi è impossibile tenere in esercizio impianti necessari per la tenuta del sistema
Entro il 3 luglio il ministero dello Sviluppo economico dovrà firmare il decreto attuativo sul “capacity market”, il provvedimento che disciplinerà le remunerazioni supplementari ai grandi impianti di produzione elettrica per la loro disponibilità a fornire energia in caso di problemi di approvvigionamento. Siamo agli sgoccioli ma la strada è ancora tutta in salita. Si sono creati due fronti: il primo formato da ambientalisti e consumatori che si oppongono in toto al decreto così come è stato abbozzato dal Mise, il secondo che spinge per una immediata approvazione. Per chi si oppone, il provvedimento “va in totale controtendenza rispetto al processo di decarbonizzazione in atto” e “incentiva di fatto una corsa alla realizzazione di nuove centrali alimentate ancora a fonti fossili”, il tutto “sulle spalle dei consumatori” che pagheranno le remunerazioni in bolletta. I favorevoli, invece, affermano che “il via libera della Commissione europea al capacity market è un passo fondamentale verso la decarbonizzazione del Paese” e “assicura l’approvvigionamento energetico”.
Il fronte del no
In un comunicato congiunto, Italia Solare, Greenpeace, Legambiente, WWF, Assoutenti e Casa del Consumatore chiedono di rivedere il meccanismo pensato dal governo italiano. “Con questo sistema nuove centrali termoelettriche verranno remunerate per i prossimi 15 anni grazie a ben oltre un miliardo annuo pagato dai consumatori”. Precisamente, secondo i conti della Commissione europea, il tutto costerà tra 900 milioni e 1,4 miliardi di euro all’anno, che verranno prelevati dalle bollette. “Il rischio – continua la nota – è quello di cristallizzare un modello ormai vecchio”. Il ragionamento delle associazioni è lineare: la necessità del capacity market nasce nel 2012 quando la significativa crescita delle energie rinnovabili ha portato le centrali termoelettriche a lavorare meno, con conseguenti ricadute negative sui conti aziendali. Tant’è che molte hanno chiuso i battenti. E’ sorto allora il problema di garantire un approvvigionamento energetico sicuro e stabile: fotovoltaico ed eolico infatti non sono programmabili e prevedibili (dipendono dai fattori atmosferici), e quindi è nata la necessità di garantire sempre l’energia tramite le centrali termoelettriche per evitare black out. Solo che se queste non lavorano un numero minimo di ore non conviene economicamente tenerle aperte. Di qui l’idea di sostenerle, con una remunerazione, in modo tale che rimangano in stand by e siano sempre “pronte” all’uso. L’obiettivo è di avere a disposizione risorse capaci di coprire le punte di carico in ogni area della rete.
Fin qui erano tutti d’accordo. Ora però le cose sembrano cambiate: le fonti rinnovabili sono ora più prevedibili e programmabili, grazie alle nuove tecnologie e soprattutto al sistema degli accumuli. Trend che si consoliderà nei prossimi anni, spiega Paolo Rocco Viscontini, presidente di Italia Solare, a ilfattoquotidiano.it: “C’è un nuovo mondo degli accumuli (batterie) in fortissima evoluzione. Ci sono grandi gruppi industriali che stanno facendo investimenti giganteschi su questo fronte. Noi vediamo il prossimo futuro con grandi accumuli accanto a centrali e a case italiane che permetteranno l’aumento dell’autoconsumo e delle riserve per la sicurezza energetica”. E invece, il provvedimento pensato dal governo prevede incentivi alle centrali termoelettriche per ben 15 anni, tra l’altro anche per quelle nuove ancora non realizzate: è una strategia “anacronistica”, secondo Italia Solare, che “blocca risorse importanti” quando magari “tra neanche dieci anni sarà tutto diverso, grazie alle nuove tecnologie, alle smart grid e agli accumuli”. Insomma, si “sta creando un altro diritto acquisito sulle spalle dei consumatori”. In più c’è anche il nuovo Regolamento europeo sul mercato elettrico, che entrerà in vigore il 4 luglio. Al contrario del decreto italiano, rimarcano le associazioni, le norme Ue “prefigurano un settore sempre più distribuito, basato sulle comunità energetiche e sulle fonti rinnovabili” e “considerano il capacity solo come ultima ratio”.
Il fronte del sì
Sul fronte opposto c’è chi ritiene vada messa al primo posto la sicurezza di tutto il sistema elettrico, con margini che è legittimo chiedersi se siano eccessivi. Gli operatori del termoelettrico spingono per partire con le nuove norme il prima possibile, ponendo il problema dell’adeguatezza degli approvvigionamenti che non sarebbe garantita solo dalle fonti rinnovabili, considerando anche che entro il 2025 è previsto il phase out dal carbone. Elettricità Futura sottolinea in particolare come “l’attuale struttura del mercato non rende economicamente sostenibile il mantenimento in esercizio di impianti che comunque sono necessari per la gestione del sistema elettrico”. Dunque “il mercato elettrico italiano deve evolvere da un lato per consentire l’incremento della generazione elettrica rinnovabile ed il phase-out degli impianti termoelettrici a più alto impatto climalterante, e dall’altro per rispondere all’esigenza di adeguatezza del sistema elettrico, con adeguati segnali di prezzo”. Dal canto suo Utilitalia evidenzia che con l’aumento della generazione da rinnovabili “è evidente che la sicurezza e l’approvvigionamento del sistema devono essere garantiti”. A questo proposito l’associazione ricorda il recente blackout elettrico in Sudamerica: “Si tratta di elementi imprescindibili, e oltre a favorire lo sviluppo delle energie rinnovabili, il Capacity Market potrà assicurare l’adeguatezza e la sicurezza del sistema elettrico, per la progressiva realizzazione degli obiettivi 2030”. Dichiarazioni in linea con la soddisfazione del sottosegretario al ministero dello Sviluppo economico, Davide Crippa: “Il capacity market oltre a dare nuovo slancio alle energie rinnovabili, fornirà un contributo fondamentale per gestire in sicurezza la transizione ad un sistema energetico decarbonizzato, in linea con il Pniec (Piano nazionale integrato per l’energia ed il clima, ndr), con benefici attesi anche in termini di minori tensioni sui prezzi all’ingrosso e di minor rischio di interruzioni del carico”.