Tecnologia

Perché il connettore USB non è sempre stato reversibile? L’ha svelato uno degli inventori

Ajay Bhatt, che ha collaborato in Intel alla creazione dell’interfaccia USB, spiega perché quando fu creato il connettore USB non era reversibile, e per anni abbiamo dovuto prestare attenzione al verso in cui lo inserivamo.

Quante volte avete dovuto aguzzare la vista per capire “in quale verso” bisogna inserire il connettore USB per caricare lo smartphone, lo smartwatch o altri dispostivi hi-tech? Per anni i connettori USB infatti hanno funzionato in un solo verso, e ogni volta che li si usa si ha il 50% di possibilità di sbagliarlo. Ora si stanno diffondendo i prodotti con presa USB-C, che è reversibile, e il problema non c’è più: a prescindere da come si inserisce, funziona sempre. Qualcuno si starà chiedendo perché nessuno ci abbia pensato prima.

La risposta è che sì, ci si era pensato, ma c’era un problema di costi. L’ha spiegato alla National Public Radio il signor Ajay Bhatt, colui che ha collaborato in Intel alla creazione dell’interfaccia USB. Si è trattato di un “prezzo da pagare” per persuadere le altre realtà del settore PC ad adottare l’USB. Per capire, bisogna tornare indietro nel tempo fino agli anni ’90, quando un consorzio di aziende del settore hi-tech sviluppò lo standard industriale Universal Serial Bus, introdotto sul mercato nel 1996.

Foto: Depositphotos

 

Inizialmente non erano in molti a credere all’idea dello standard USB, e il percorso per renderlo realtà è stato lungo, “ci è servito del tempo per dimostrare che questa tecnologia fosse indispensabile” spiega Bhatt. In quell’epoca “le interfacce disponibili erano complesse e molto poco amichevoli verso i consumatori”, quindi una nuova tecnologia di connessione era qualcosa da far capire e da spingere, sia con i produttori di PC sia con i consumatori. Se fosse costata una fortuna, nessuno l’avrebbe adottata.

Invece, i costi di implementazione furono tenuti il più basso possibile, sacrificando appunto la reversibilità, che avrebbe raddoppiato cavi e circuiti, facendo lievitare i costi. Però con il tempo spopolarono i pendrive (quelli che spesso chiamiamo “chiavette USB”), e arrivò una lunga serie di dispositivi con questo connettore, dai mouse alle tastiere, dalle cuffie ai dispositivi di archiviazione esterna, e via dicendo.

Oggi i costi produttivi sono scesi, non c’è più bisogno di spingere l’USB perché i consumatori lo conoscono bene, e tutti possono apprezzare la reversibilità, che all’esordio era un problema comprensibile solo agli addetti ai lavori. A prescindere da questo “dettaglio”, si è trattato comunque di un grande passo avanti rispetto a quanto disponibile in precedenza.

Ajay Bhatt, crediti: Anthony Pidgeon/Redferns

 

Una curiosità nella curiosità è che Bhatt, nonostante abbia contribuito in modo evidente allo sviluppo dell’elettronica mondiale, non ha ricavato soldi o notorietà dalla sua invenzione. Ma non ha rimpianti al riguardo: “Non ci preoccupavamo della notorietà. Alla fine, è uno sport di squadra – la mia sensazione è che se tutti adottano la tua idea, allora hai avuto successo. La notorietà dovrebbe essere data alla tecnologia“.