Colpo di scena nella Capitale per uno dei locali più famosi della comunità LGBT costretto a chiudere per i bilanci in forte perdita. Un trend negativo (600mila euro persi in due anni) iniziato già nel 2016/2017. Imma Battaglia, fondatrice del Gay Village e icona della lotta per i diritti civili, polemica per il nuovo locale “Village” aperto all'Eur
Nonostante il recente matrimonio celebrato con l’attrice Eva Grimaldi, per Imma Battaglia, fondatrice del Gay Village e icona della lotta per i diritti civili, sono ore concitate e niente affatto serene. Infatti il suo storico locale, attivo da 18 anni e uno dei capisaldi della movida LGBT romana, è fallito. Sul quotidiano “Il Tempo” sono stati pubblicati i bilanci e si evince che sono diverse le cause che hanno portato alla chiusura del Gay Village.
Tra i motivi i timori dovuti agli attentati dell’Isis dal 2016. Il Capo della Polizia Franco Gabrielli, infatti, con le sue nuove misure di sicurezza contro possibili attentati, ha inasprito le regole e quindi di conseguenza ci sono state anche delle spese importanti ed extra per garantire e adempiere alle regole. Poi ci sono da considerare nel bilancio anche i due giorni di chiusura a causa della “bomba d’acqua” che si è riversata sulla Capitale l’estate scorsa, e sono circa 100mila euro in negativo. C’è anche lo stop sulla gestione degli affari per quasi un anno di Imma Battaglia, a causa dei preparativi del suo matrimonio. La stessa attivista è su tutte le furie perché l’altra discoteca concorrente Qube di Portonaccio gestito da Shlomo, ha cercato di trarre profitto dalla situazione di difficoltà del Gay Village.
Infatti lo scorso 7 giugno, al parco del Ninfeo dell’Eur, è stata inaugurata la stagione del “Village”. Però sia il nome che il logo con la bandiera tricolore sono simili al locale chiuso, per questo Imma Battaglia si è risentita: “Il Qube vuole fare denaro sulla fama degli altri”. Pronta e secca la replica: “Il Gay Village non esiste più semplicemente perché è fallito”. Il marchio originale potrebbe essere ceduto presto. Finisce così un’era di uno dei capisaldi della comunità LGBT.