Invisibile prima da viva, finita nella rete della tratta della prostituzione, e poi da morta. Arietta Mata, ungherese, aveva 24 anni quando è stata uccisa, nella notte tra il 20 e il 21 gennaio del 2018, a Castelfranco Emilia: a gettarla sui binari, dopo averla ammazzata per rubarle i soldi che teneva con sé, un uomo di 50 anni che si era presentato come il suo ennesimo cliente. Da quel momento, il corpo della ragazza è rimasto per tutti questi mesi nell’obitorio del paese modenese e solo ora, grazie ad una colletta di solidarietà, si potrà celebrare il suo funerale. Oltre al consueto iter processuale, che ha bloccato la salma per molto tempo, ci è voluto più di anno per rimettere insieme i pezzi della sua vita, quella che aveva prima di trovarsi costretta a prostituirsi sulla via Emilia, dove Arietta veniva sfruttata nel più totale anonimato e senza nessun tipo di appoggio familiare. Il Comune, in sinergia con il Consolato, è riuscito a rintracciare i parenti dopo tutti gli accertamenti del caso: “Vivono in una condizione di estrema povertà e non possono permettersi di pagare per far ritornare la sua salma in patria”, spiega a ilfattoquotidiano.it il sindaco di Castelfranco Emilia, Giovanni Gargano. “Arrivare a loro è stato difficile, nessuno sapeva niente di lei e ci mancavano anche le informazioni più semplici. Ma come Comune siamo andati fino in fondo anche per rispondere a una sensibilità che caratterizza i nostri cittadini, perché crediamo che tutte le persone meritino la stessa dignità, e in questo caso dignità significa far ritornare questa ragazza vicino alla propria famiglia”.
In attesa di superare gli ostacoli economici e burocratici per far riavere il corpo ai parenti, a Castelfranco è partita una raccolta fondi per celebrare almeno il funerale, a cui provvederà il Comune. A organizzarla ci stanno pensando il presidio locale di Libera e la Comunità Papa Giovanni XXIII, che da oltre 40 anni si occupa di povertà e emarginazione, con una particolare attenzione nei confronti delle vittime di tratta: “Le donne ungheresi sono tra le più sfruttate in Europa”, spiega Irene Ciambezi, della Papa Giovanni. “Arietta, come tantissime sue connazionali, veniva da una zona rurale con un bassissimo livello di scolarizzazione. È su questa vulnerabilità che fanno leva quelli che poi diventeranno i loro aguzzini per adescarle: le convincono a venire in Italia con false promesse, a volte presentandosi come fidanzati in grado di dar loro un futuro. Ma quando arrivano nel nostro Paese, tutto ciò che trovano è la costrizione a prostituirsi”. Da anni l’associazione ha creato delle unità di strada, attive nella zona intorno alla stazione di Modena e lungo la via Emilia verso Castelfranco, finalizzate all’emersione dello sfruttamento della prostituzione e alla proposta di percorsi di recupero e integrazione per le donne vittime di tratta: “I nostri volontari avevano incontrato Arietta due volte: sapevamo che c’era questo gruppo di ragazze ungheresi totalmente succubi dei loro protettori albanesi, gli stessi che vedevamo aggirarsi per strada durante la nostra attività, sempre in agguato”, sostiene ancora Ciambezi.
E Arietta è stata vittima due volte: a ucciderla è stato proprio uno dei suoi clienti, il 50enne sardo Pasquale Concas, che ora si trova in carcere e che in passato era già stato condannato per l’omicidio di un’altra donna e indagato, sempre a Modena, per la morte di una avvocata. La notte del 21 gennaio del 2018 l’ha caricata sulla sua macchina per rapinarla e l’ha uccisa strangolandola, per poi lasciare il cadavere sui binari vicino a Castelfranco. Quando è morta, diverse associazioni del territorio hanno organizzato un corteo in ricordo di Arietta lungo il tratto di strada che finisce sulla ferrovia dov’era stata abbandonata: “È stata la prima, immediata opera di sensibilizzazione, perché non volevamo che fosse dimenticata come succede a tante altre vittime della tratta, anche se per risolvere il problema su larga scala è necessario il contrasto da parte delle forze dell’ordine”, racconta ancora Ciambezi. Ed è anche grazie al lavoro dei volontari e al racconto di alcune ragazze che lo scorso 4 giugno sono state arrestate 12 persone che gestivano la rete della prostituzione sul territorio modenese, per un giro di affari di oltre 180mila euro al mese che coinvolgeva centinaia di clienti provenienti da tutta la regione. “Erano gli stessi protettori di Arietta, almeno sotto questo punto di vista è stata fatta giustizia. Rimane l’enorme necessità di richiamare l’attenzione sullo scoraggiamento della domanda, per rompere la catena del mercato del sesso. Da una parte ci sono gli sfruttatori, dall’altra i consumatori: in mezzo, la vittima di questa ragnatela, è sempre e solo la donna”.