In Emilia Romagna c’è ancora la ‘ndrangheta. Quattro anni dopo l’operazione Aemilia e a otto mesi dalla sentenza storica del primo maxi processo alle cosche in Regione con 119 condanne, sedici persone sono finite agli arresti e 64 sono indagate con l’accusa di essere legate alla cosca Grande Aracri. L’operazione si chiama Grimilde, coordinata dalla Dda di Bologna, ha colpito i vertici dell’organizzazione originaria di Cutro, in provincia di Crotone. Sono finiti in manette il boss Francesco Grande Aracri e i figli Salvatore e Paolo, che vivevano e comandavano da Brescello, comune già sciolto per mafia nel 2016. Ma anche Giuseppe Caruso, attuale presidente del consiglio comunale di Piacenza di Fratelli d’Italia. È accusato di associazione mafiosa e di essere stato agli ordini dei Grande Aracri quando era impiegato dell’agenzia delle Dogane. “Io so dove bussare. Ho amici dappertutto“, diceva in alcuni passaggi delle intercettazioni del 2015. E, parlando con il fratello: “Al figlio del boss gli parlo chiaro, dobbiamo succhiare dalla Spa“. Fdi ha deciso di cacciare Caruso dal partito e la presidente Giorgia Meloni ha annunciato che intendono costituirsi parte civile nel processo.
Le accuse – I sedici arrestati sono accusati a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione, tentata estorsione, trasferimento fraudolento di valori, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, danneggiamento, truffa aggravata dalle finalità mafiose. Nell’ambito della stessa operazione, che ha coinvolto 300 agenti della polizia di Stato, è stato eseguito un sequestro preventivo di beni emesso dalla Dda di Bologna nei confronti dei principali appartenenti al gruppo criminale riguardante società, beni mobili e immobili, conti correnti. Sono state fatte anche 100 perquisizioni nei confronti di coloro che, pur non essendo direttamente destinatari del provvedimento restrittivo emesso dall’Autorità Giudiziaria di Bologna, sono risultati, nel corso dell’indagine, collegati al gruppo ‘ndranghetistico. Francesco Grande Aracri, già condannato per associazione mafiosa nel 2008 e fratello più anziano del boss Nicolino Grande Aracri, viveva a Brescello. La cittadina in provincia di Reggio Emilia è stata la prima, nel 2016, a essere sciolta in Emilia Romagna per le infiltrazioni della criminalità organizzata. Nel 2014, l’ex sindaco Marcello Coffrini, in un’intervista alla web tv Cortocircuito, definì il boss “gentile e molto tranquillo.
Il presidente del consiglio comunale di Piacenza Caruso è entrato in carica a fine giugno 2017 nella giunta di centrodestra guidata da Patrizia Barbieri. Le accuse risalgono alla sua attività come dipendente dell’agenzia delle Dogane, prima di arrivare in consiglio comunale. Secondo il gip il politico Fdi “ha un ruolo non secondario nella consorteria“. E nelle intercettazioni del 2015 diceva: “Perché io ho mille amicizie, da tutte le parti, bancari… oleifici… industriali, tutto quello che vuoi… quindi io so dove bussare… quindi se tu mi tieni esterno ti dà vantaggio, se tu mi immischi… dopo che mi hai immischiato e mi hai bruciato… è finita”. Nel dialogo spiegava a Giuseppe Strangio che, in relazione alla funzione che all’epoca rivestiva all’ufficio delle Dogane di Piacenza, avrebbe dovuto cercare di mantenere un certo distacco da Salvatore (per gli inquirenti Salvatore Grande Aracri) perché questi, come il padre Francesco, era controllato dalle forze dell’ordine. Sarebbe quindi stato più utile per la consorteria, ricapitola il gip, che Caruso non apparisse all’esterno come un associato, “al fine di poter agire nell’interesse del sodalizio con più efficacia”. “Ultimamente – si legge nella conversazione di Caruso, intercettata – Salvatore stesso (sottinteso: mi dice) ‘stai a casa, lasciami stare, vediamoci poco’. Perché? Perché è giusto che sia così… nel senso che io dal di fuori se ti posso dare una mano te la do, compà, perché al di fuori mi posso muovere… guardo, dico, se c’è un problema, dico: ‘stai attento’. Altrimenti, dopo che si viene ‘bruciati’, “la gente ti chiude le porte, la gente mi chiude le porte… che vuoi da me… se tu sei bruciato non ti vuole… hai capito quello è il problema… quindi allora se tu ci sai stare è così… loro invece a tutti i cani e i porci è andato a dire che io riuscivo… che a Piacenza io riuscivo a fare i libretti, le cose”.
In un altro passaggio delle intercettazioni parla con il fratello Albino, anche lui arrestato, e si riferisce al suo rapporto con il figlio del boss Grande Aracri: “Io con Salvatore gli parlo chiaro, gli dico… Salvatò, non la dobbiamo affogare sta azienda, dobbiamo cercare di pigliare la minna e succhiare o no?”. Secondo il gip Alberto Ziroldi, Caruso con quelle parole stava “illustrando in modo assolutamente genuino quale fosse il reale intento e scopo dell’organizzazione criminale nell’aiutare la società Riso Roncaia Spa“. In un altro passaggio dell’ordinanza, il giudice sottolinea come i fratelli Caruso abbiano fornito “in più occasioni la confessione stragiudiziale della loro appartenenza al sodalizio criminoso, comportandosi di conseguenza”.
Chi è Caruso: politico noto a Piacenza – Caruso è un politico molto noto a Piacenza, dove da anni milita nella destra locale. Consigliere comunale d’opposizione dal 2002 al 2012 per Alleanza Nazionale prima e poi per il Popolo delle Libertà, è quindi entrato in Fratelli d’Italia. Presente a tutte le iniziative di partito, è uno dei volti più noti di Fratelli d’Italia, che oggi lo ha sollevato da ogni incarico. Il consigliere comunale abita a Piacenza da più di 30 anni. Nel suo curriculum impieghi come consulente del lavoro, revisore dei conti, analista programmatore, infine dipendente dell’Amministrazione delle Dogane. Alle elezioni comunali del 2017, in cui poi vinse il centrodestra con l’attuale amministrazione Barbieri, ottenne 155 preferenze che gli permisero l’ingresso in consiglio comunale e di essere proposto da Fdi, che aveva ricevuto in giunta un solo assessore, come candidato alla presidenza del consiglio comunale. I fatti che gli vengono contestati risalgono a un periodo precedente a questa elezione.
Operazione Grimilde dal nome della sindrome “di chi non riesce a guardarsi allo specchio”: “Perplessi su come l’Emilia non riesca a superare queste cose”
Illustrando i dettagli dell’operazione, nel corso della conferenza stampa a Bologna, il responsabile della Direzione centrale anticrimine (Dac) della Polizia Francesco Messina ha fatto alcune considerazione anche sul contesto generale emiliano e sulle difficoltà della società civile a prendere coscienza della gravità del radicamento della ‘ndrangheta sul territorio: “C’è qualche perplessità”, ha dichiarato, “si fa un po’ fatica da addetti ai lavori a capire come, in un’area come questa dove c’è un grande senso civico e una diffusa cultura della legalità, queste cose non si riescano a superare. Per questo abbiamo chiamato l’operazione ‘Grimilde’, con riferimento alla sindrome di Grimilde che non ammette le sue imperfezioni e non si guarda allo specchio“.
La bocciofila del boss – L’associazione criminale, ha spiegato poi il capo della squadra Mobile di Bologna, Luca Armeni, “nel momento in cui non riusciva ad imporsi passava all’intervento ‘militare'”. Come quando dopo aver acquistato una bocciofila a Reggio Emilia, con pizzeria annessa, ha cominciato a minacciare il proprietario di un ristorante concorrente: “Devi andare via, sennò ti ammazziamo”. L’associazione, che secondo gli investigatori era guidata da Francesco Grande Aracri e dai figli, “aveva creato anche una società per costruire 350 villette in Belgio“, a Bruxelles. “A Francesco Grande Aracri era stato proposto questo affare – ha spiegato Armeni – e allora decide di assumere operai pagandoli dai 3 ai 5 euro l’ora, senza giorni di riposo. Questo sottolinea la loro mancanza di scrupoli”.
Fratelli d’Italia espelle Caruso. La presidente Meloni: “Ci costituiremo parte civile”
Fdi e la presidente Giorgia Meloni hanno preso le distanze dal loro esponente finito agli arresti. “Il coinvolgimento di Giuseppe Caruso, anche se non legato alla attività politica ma al suo ruolo di funzionario dell’Agenzia delle Dogane che fa capo al Ministero dell’Economia, ci lascia sconcertati”, si legge in una nota. “Confidiamo nel lavoro degli inquirenti, e auspichiamo che Caruso dimostri la sua totale estraneità in questa vergognosa vicenda. Ribadiamo con assoluta fermezza che in Fratelli d’Italia non c’è stato, non c’è e non ci sarà mai spazio per nessuna mafia e per noi, come noto, chi fa politica a destra e tradisce l’Italia merita una condanna doppia. Anche per questo Fratelli d’Italia è pronta a costituirsi parte civile nel processo per difendere la sua immagine e la sua onorabilità. Finché non sarà chiarita la sua posizione, Giuseppe Caruso è sollevato da ogni incarico e non può essere più membro di Fratelli d’Italia”.
Cafiero: “Ndrangheta al Nord presente in tutte le Regioni” –“La ‘Ndrangheta è infiltrata in numerosissimi Comuni del nord, è presente in tutte le regioni. È evidente che la politica regionale e comunale deve muoversi per impedire che le organizzazioni mafiose continuino a infiltrarsi sovvertendo il sistema economico e per consentire alle imprese sane di lavorare perché laddove c’è mafia non ci sono lavoro e sviluppo”, dice il procuratore nazionale Antimafia, Federico Cafiero De Raho. Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, è stato trai primi a commentare l’operazione: “Nessuna tregua e nessuna tolleranza per i boss, avanti tutta contro i clan”, ha dichiarato. I parlamentari emiliani del M5s hanno attaccato: “Gli ‘struzzi’ che negano la gravità della ‘ndrangheta sono serviti. Chi come l’ex sindaco di Brescello Marcello Coffrini definiva nel 2014 Francesco Grande Aracri come ‘uno composto, educato, che ha sempre vissuto a basso livello’ oggi ha avuto la risposta”. Per l’eurodeputata M5s Sabrina Pignedoli: “L’operazione Grimilde mette in luce i rapporti tra incestuosi fra ‘ndrangheta e politica”. Il presidente della Regione Stefano Bonacini ha invece commentato: “Via le mafie dall’Emilia-Romagna. Ci battiamo ogni giorno affinché cresca la coscienza civile e la cittadinanza responsabile, per non lasciare spazi di alcun tipo alla criminalità organizzata. E collaboriamo con le prefetture, gli inquirenti e le forze dell’ordine, impegnati in un lavoro straordinario ogni giorno, come hanno dimostrato anche oggi, facendo fronte comune”.