I servizi segreti uruguaiani sapevano da un anno che Rocco Morabito poteva fuggire. Soprattutto adesso che l’estradizione era a un passo. È anche per questo motivo che la fuga del boss della ‘ndrangheta dal carcere di Montevideo provoca i commenti dei principali investigatori italiani. “È un fatto di estrema gravità, anche perché l’estradizione di Morabito era stata richiesta a marzo e stava per essere eseguita. Il fatto che ci sia stata una vigilanza poco attenta su un latitante di questo tipo sorprende, anche perché l’Uruguay è un Paese con cui siamo in stretto collegamento investigativo e giudiziario”, dice Federico Cafiero De Raho. “Sulle modalità di evasione è ancora in corso l’acquisizione di informazioni dettagliate e bisognerà che Italia e Uruguay le condividano, anche per cercare di ricostruire la rete di relazioni che può coprire la fuga di Morabito e che potrebbe eventualmente consentirgli di raggiungere un altro Paese”, continua il procurazione nazionale antimafia.
“Quando si verifica una fuga dal carcere, c’è sempre alla base un episodio di corruzione o collusioni e connivenze. Nei 25 anni di latitanza in Sud America Morabito avrà sicuramente costruito un sistema di relazioni che poi gli è tornato utile. Con questo tipo di latitanti si dovrebbe lavorare con gli Stati affinché emettano un decreto di espulsione dal Paese anziché chiedere l’estradizione. Le autorità dichiarano indesiderato il cittadino straniero e in meno di 48 ore è fuori dal territorio nazionale. La procedura per l’estradizione invece richiede tempi lunghissimi, durante i quali si possono verificare episodi come questo”, dice invece Nicola Gratteri, procuratore di Catanzaro.
L’emittente Vtv Noticias racconta come i servizi di intelligence dell’Uruguay avvertirono un anno fa di una possibile fuga di Morabito. Quell’informativa non fu presa in considerazione dal ministero dell’Interno. Il documento è firmato dal Dipartimento di investigazioni e analisi penitenziario ed è datato 6 giugno 2018. Nel rapporto si sosteneva che Morabito sarebbe uscito dal sesto piano della prigione, passando sul tetto di un supermercato e sarebbe entrato in un appartamento confinante con il recinto del penitenziario. Esattamente quello che è accaduto. Sempre la stessa informativa indicava che Morabito, una volta fuori da carcere, sarebbe stato atteso da vari complici in modo da portare a termine la fuga ed evitare così il rischio di una estradizione in Italia, dove lo attendeva una condanna a 30 anni in contumacia. Secondo l’emittente le autorità penitenziarie, una volta conosciuto il documento, non presero alcuna misura aggiuntiva riguardante la sicurezza del pericoloso detenuto. Nella notte fra domenica e lunedì il “boss della cocaina“, come era conosciuto a Milano, è uscito con tre complici dal tetto della prigione centrale della capitale uruguaiana, entrando in un appartamento abitato da un’anziana donna, Elida Ituarte. “Dammi la chiave, dammi la chiave”, le ha ripetuto più volte Morabito. “Io volevo solo sapere come avevano fatto ad entrare e perché si trovavano lì”, ha raccontato la donna descrivendo tre sconosciuti, vestiti di azzurro dalla testa ai piedi, jeans, felpa e berretto di lana.
Morabito non ha alzato il tono della voce, ha riferito la donna al quotidiano ‘El Observador’. Ha ripetuto più volte che aveva bisogno della chiave dell’appartamento per poter uscire. Poi ha raccontato che erano idraulici che dovevano riparare i tubi dell’edificio, ha parlato di una figlia malata che doveva correre a vedere. “Siamo del consorzio, siamo qui per riparare una conduttura”, ha detto il boss. Accanto a lui due uomini – molto giovani – che non aprivano bocca. Dal carcere sono fuggiti in quattro, ma la donna ne ha visti solo tre e con uno solo di loro ha parlato. Lo ha riconosciuto nelle fotografie, il giorno dopo. “Era lui”, ha detto, ma “adesso è molto più magro”.
'ndrangheta
Uruguay, De Raho: “Scarsa vigilanza su Morabito è fatto grave”. Media: “007 avevano avvertito di possibile fuga”
La fuga del boss della 'ndrangheta dal carcere di Montevideo provoca i commenti dei principali investigatori italiani. Gratteri: "Quando si verifica una fuga dal carcere, c'è sempre alla base un episodio di corruzione o collusioni e connivenze". L'emittente Vtv Noticias racconta come i servizi di intelligence dell’Uruguay avvertirono un anno fa di una possibile fuga del narcotrafficante della 'ndrangheta
I servizi segreti uruguaiani sapevano da un anno che Rocco Morabito poteva fuggire. Soprattutto adesso che l’estradizione era a un passo. È anche per questo motivo che la fuga del boss della ‘ndrangheta dal carcere di Montevideo provoca i commenti dei principali investigatori italiani. “È un fatto di estrema gravità, anche perché l’estradizione di Morabito era stata richiesta a marzo e stava per essere eseguita. Il fatto che ci sia stata una vigilanza poco attenta su un latitante di questo tipo sorprende, anche perché l’Uruguay è un Paese con cui siamo in stretto collegamento investigativo e giudiziario”, dice Federico Cafiero De Raho. “Sulle modalità di evasione è ancora in corso l’acquisizione di informazioni dettagliate e bisognerà che Italia e Uruguay le condividano, anche per cercare di ricostruire la rete di relazioni che può coprire la fuga di Morabito e che potrebbe eventualmente consentirgli di raggiungere un altro Paese”, continua il procurazione nazionale antimafia.
“Quando si verifica una fuga dal carcere, c’è sempre alla base un episodio di corruzione o collusioni e connivenze. Nei 25 anni di latitanza in Sud America Morabito avrà sicuramente costruito un sistema di relazioni che poi gli è tornato utile. Con questo tipo di latitanti si dovrebbe lavorare con gli Stati affinché emettano un decreto di espulsione dal Paese anziché chiedere l’estradizione. Le autorità dichiarano indesiderato il cittadino straniero e in meno di 48 ore è fuori dal territorio nazionale. La procedura per l’estradizione invece richiede tempi lunghissimi, durante i quali si possono verificare episodi come questo”, dice invece Nicola Gratteri, procuratore di Catanzaro.
L’emittente Vtv Noticias racconta come i servizi di intelligence dell’Uruguay avvertirono un anno fa di una possibile fuga di Morabito. Quell’informativa non fu presa in considerazione dal ministero dell’Interno. Il documento è firmato dal Dipartimento di investigazioni e analisi penitenziario ed è datato 6 giugno 2018. Nel rapporto si sosteneva che Morabito sarebbe uscito dal sesto piano della prigione, passando sul tetto di un supermercato e sarebbe entrato in un appartamento confinante con il recinto del penitenziario. Esattamente quello che è accaduto. Sempre la stessa informativa indicava che Morabito, una volta fuori da carcere, sarebbe stato atteso da vari complici in modo da portare a termine la fuga ed evitare così il rischio di una estradizione in Italia, dove lo attendeva una condanna a 30 anni in contumacia. Secondo l’emittente le autorità penitenziarie, una volta conosciuto il documento, non presero alcuna misura aggiuntiva riguardante la sicurezza del pericoloso detenuto. Nella notte fra domenica e lunedì il “boss della cocaina“, come era conosciuto a Milano, è uscito con tre complici dal tetto della prigione centrale della capitale uruguaiana, entrando in un appartamento abitato da un’anziana donna, Elida Ituarte. “Dammi la chiave, dammi la chiave”, le ha ripetuto più volte Morabito. “Io volevo solo sapere come avevano fatto ad entrare e perché si trovavano lì”, ha raccontato la donna descrivendo tre sconosciuti, vestiti di azzurro dalla testa ai piedi, jeans, felpa e berretto di lana.
Morabito non ha alzato il tono della voce, ha riferito la donna al quotidiano ‘El Observador’. Ha ripetuto più volte che aveva bisogno della chiave dell’appartamento per poter uscire. Poi ha raccontato che erano idraulici che dovevano riparare i tubi dell’edificio, ha parlato di una figlia malata che doveva correre a vedere. “Siamo del consorzio, siamo qui per riparare una conduttura”, ha detto il boss. Accanto a lui due uomini – molto giovani – che non aprivano bocca. Dal carcere sono fuggiti in quattro, ma la donna ne ha visti solo tre e con uno solo di loro ha parlato. Lo ha riconosciuto nelle fotografie, il giorno dopo. “Era lui”, ha detto, ma “adesso è molto più magro”.
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Roma, 7 mar. (Adnkronos) - Esperti e stakeholder del settore energetico si sono riuniti ieri mattina a Key, in occasione del convegno 'Accelerating Sustainable Electrification: Key to Economic and Social Development on the African Continent' curato da Res4Africa Foundation, per parlare del ruolo fondamentale dell'elettrificazione nella trasformazione socioeconomica dell'Africa. Con una popolazione prevista di 2,5 miliardi entro il 2050, il continente deve prepararsi per affrontare una crescente domanda di energia, che richiede soluzioni urgenti e sostenibili.
La conferenza, organizzata in due panel, ha evidenziato la necessità di uno sviluppo di energia rinnovabile su larga scala, di modernizzazione delle reti elettriche e di investimenti in soluzioni per l’accumulo di energia, in modo da garantire l'accesso universale a un'elettricità affidabile, sicura e conveniente.
Oltre alle discussioni, le delegazioni africane presenti hanno avuto l'opportunità di esplorare le soluzioni innovative presenti a Key, rafforzando ulteriormente le collaborazioni pubblico-private volte all'elettrificazione sostenibile.
“I porti e le infrastrutture costiere rivestono un ruolo fondamentale per lo sviluppo dei progetti di energia rinnovabile offshore, poiché rappresentano il punto di partenza e di supporto logistico per la costruzione, l'installazione e la manutenzione degli impianti”. È quanto ha dichiarato ieri mattina Fulvio Mamone Capria, presidente di Aero, Associazione delle Energie Rinnovabili Offshore, al termine del convegno 'Portualità, logistica, trasporti e filiera industriale per l’eolico offshore in Italia'.
I porti sono destinati a diventare sempre di più hub dell’energia, capaci di garantire l'efficienza e la sostenibilità delle operazioni, ma anche di favorire l'innovazione tecnologica e il coordinamento delle attività tra i diversi attori del settore. “L'adeguamento e il potenziamento delle infrastrutture portuali sono determinanti per ridurre i costi e migliorare la competitività delle energie rinnovabili marine, rendendo i progetti più scalabili e accessibili”, ha continuato Mamone.
Il decreto ministeriale sui porti permetterà di semplificare gli investimenti e incentivare la creazione di un'infrastruttura solida e ben collegata.
Roma, 7 mar. (Adnkronos) - Esperti e stakeholder del settore energetico si sono riuniti ieri mattina a Key, in occasione del convegno 'Accelerating Sustainable Electrification: Key to Economic and Social Development on the African Continent' curato da Res4Africa Foundation, per parlare del ruolo fondamentale dell'elettrificazione nella trasformazione socioeconomica dell'Africa. Con una popolazione prevista di 2,5 miliardi entro il 2050, il continente deve prepararsi per affrontare una crescente domanda di energia, che richiede soluzioni urgenti e sostenibili.
La conferenza, organizzata in due panel, ha evidenziato la necessità di uno sviluppo di energia rinnovabile su larga scala, di modernizzazione delle reti elettriche e di investimenti in soluzioni per l’accumulo di energia, in modo da garantire l'accesso universale a un'elettricità affidabile, sicura e conveniente.
Oltre alle discussioni, le delegazioni africane presenti hanno avuto l'opportunità di esplorare le soluzioni innovative presenti a Key, rafforzando ulteriormente le collaborazioni pubblico-private volte all'elettrificazione sostenibile.
“I porti e le infrastrutture costiere rivestono un ruolo fondamentale per lo sviluppo dei progetti di energia rinnovabile offshore, poiché rappresentano il punto di partenza e di supporto logistico per la costruzione, l'installazione e la manutenzione degli impianti”. È quanto ha dichiarato ieri mattina Fulvio Mamone Capria, presidente di Aero, Associazione delle Energie Rinnovabili Offshore, al termine del convegno 'Portualità, logistica, trasporti e filiera industriale per l’eolico offshore in Italia'.
I porti sono destinati a diventare sempre di più hub dell’energia, capaci di garantire l'efficienza e la sostenibilità delle operazioni, ma anche di favorire l'innovazione tecnologica e il coordinamento delle attività tra i diversi attori del settore. “L'adeguamento e il potenziamento delle infrastrutture portuali sono determinanti per ridurre i costi e migliorare la competitività delle energie rinnovabili marine, rendendo i progetti più scalabili e accessibili”, ha continuato Mamone.
Il decreto ministeriale sui porti permetterà di semplificare gli investimenti e incentivare la creazione di un'infrastruttura solida e ben collegata.
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.