Ambiente & Veleni

Airbnb propone il giro del mondo in 80 giorni. Ma così non andremo lontano

Mentre Greta Thunberg annuncia che partirà alla volta degli Stati Uniti in barca a vela, coerente con la sua decisione di non prendere più aerei per non inquinare, e mentre si sta formando lentamente un movimento crescente di persone che decidono di eliminare o ridurre i voli – specie quelli brevi – Airbnb, il gigante degli affitti brevi, decide di lanciare il giro del mondo in 80 giorni per soli 5mila dollari. Una notizia che probabilmente, se letta negli anni Ottanta (anni in cui l’individualismo consumista e predatorio si è radicato nelle nostre vite), mi sarebbe probabilmente rimasta indifferente. Ma che oggi, invece, mi ha fatto quasi balzare sulla sedia per la sorpresa (e spero non di non essere l’unica).

Insomma, è incredibile: mentre stiamo cercando di capire come fare per evitare che il nostro mondo collassi, mentre ci interroghiamo sul necessario cambiamento dei nostri stili di vita, mentre abbiamo con fatica elaborato la consapevolezza che il problema del riscaldamento climatico è un problema reale e drammatico e che saremo noi, con le nostre scelte e abitudini, a decidere che direzione prendere, qui si propone un pacchetto in cui il mondo viene trattato alla stregua di un territorio da saccheggiare e dove il turista è un autentico predone, che per il suo folle spostamento inquina in quantità abnorme per – tra l’altro – non conoscere nulla di ciò che vede. Un modo di viaggiare inconsapevole e insensato, proprio come il turismo mordi e fuggi delle grandi navi, dove i passeggeri vengono fatti sbarcare in paesi diversi per poche ore e spesso non sanno neppure dove si trovano, figuriamoci gli usi, le tradizioni e i modi di pensare di chi vive in quei luoghi.

Davvero: che senso ha volare da Londra in Romania, poi in Uzbekistan, poi in Egitto, Giordania, Etiopia, Kenya, Nepal, Bhutan, Thailandia, Cina, Australia, Nuova Zelanda, Giappone, Stati Uniti, Ecuadro, Cile e Islanda (questi i paesi proposti) in poco più di dieci settimana? Che senso ha correre a vedere le Galapagos, poi farsi dopo venti ore di volo una crociera sul Nilo, poi dopo altre venti una gita nel deserto australiano? Che senso ha? Non sono una psicoanalista, ma onestamente mi sembra che possa essere attratto da una simile proposta solo chi soffre di una certa onnipotenza e di uno scarso senso della realtà. E chi, ovviamente, non ha nessuna coscienza ecologica, né si prende cura in alcun modo del mondo, convinto anzi che quest’ultimo stia lì per essere semplicemente consumato.

Del problema del turismo inconsapevole si parla da tempo. I Comuni più illuminati, ad esempio, stanno mettendo dei vincoli per evitare che le città d’arte si trasformino in immensi luna park (come ormai è diventata Roma e pure Venezia), con palazzi disabitati dove tutti gli appartamenti sono stati convertiti in b&b. Da tempo ci si chiede, tra l’altro, come evitare che questi redditi da affitto turistico vengano anche dichiarati, perché siamo di fronte a una sorta di evasione di massa tra le più scandalose. Ma soprattutto da tempo ormai si sta mettendo in discussione un tipo di turismo che porta soldi ma impoverisce le città, senza arricchire chi viaggia. Un turismo a cui la proposta di Airbnb mette il turbo invece del freno, citando tra l’altro impropriamente il capolavoro letterario Il giro del mondo in ottanta giorni di Jules Verne, che nulla ha di questo spirito.

Il problema, ovviamente, non è solo Airbnb ma tutto il resto, e cioè una società e delle istituzioni che non dovrebbero far sì che di fronte a proposte del genere le persone non alzino la testa e dicano: “Questo è assurdo, no, non si può fare”. D’altronde, di ambiente e riscaldamento climatico la nostra politica non parla mai: con la Lega che governa il paese, figuriamoci, dobbiamo solo sperare in futuro che non propongano l’uscita dall’accordo di Parigi o simili follie, schierandosi con i populisti dell’Europa orientale che di recente hanno impedito l’accordo sulle emissioni zero nel 2050.

Come non parla, di ambiente e riscaldamento climatico, l’informazione, a parte alcuni siti e articoli di quotidiani: avete mai visto uno dei mille talk show politici giornalieri e serali parlare di questi temi? Avete mai sentito in campagna elettorale qualcuno dei conduttori giornalieri o serali fare domande sull’ambiente? (La colpa, ovviamente, è anche degli autori che scrivono quelle domande: questo merita un pezzo a parte). In questo scenario – abbastanza allucinante, visto che la gravità dei problemi negati è immensa, come le recenti alluvioni e l’attuale ondata di calore dimostra – un minimo di lavoro lo stanno facendo, da sole, le scuole e anche le famiglie. Però ancora è poco, specie se il cambiamento non viene spinto dall’alto. Ma se non capiamo che ormai è impossibile prenderci cura di noi se non ci prendiamo cura del mondo, non andremo lontano. Neanche se stiamo seduti su un Boeing a due piani diretti da Tokyo al Cairo.

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