Per l'assassinio del collaboratore di giustizia, ex uomo del clan Santapaola, è finito in manette Sergio Tiscornia, operaio di 50 anni, fidanzato dell'ex amante ed ex socia della vittima. Fondamentale per l'arresto è stata una consulenza fornita da una associazione di sordomuti per leggere il labiale del presunto omicida mentre spiegava di avere usato un solo colpo di pistola
Non è legata a vendette di mafia la morte del collaboratore di giustizia Orazio Pino, ucciso a Chiavari il 23 aprile scorso con un colpo di pistola. Il 70enne, che era stato un uomo della cosca del boss di Catania Benedetto Santapaola, è stato ucciso per motivi passionali ed economici: nella notte gli investigatori della Squadra Mobile di Genova hanno arrestato per la sua morte Sergio Tiscornia, operaio di 50 anni, fidanzato di Adriana Hernandez Escobar, ex amante ed ex socia della vittima.
Fondamentale per l’arresto è stata una consulenza fornita da una associazione di sordomuti per leggere il labiale del presunto omicida mentre spiegava di avere usato un solo colpo di pistola per l’assassinio, oltre a tracce di polvere da sparo sull’auto di una amica, complice involontaria dell’omicidio, e l’impronta di una scarpa sul luogo del delitto.
Secondo quanto emerso dalle indagini, coordinate dal pubblico ministero Silvia Saracino, Adriana Hernandez Escobar aveva accusato Pino di avere rubato alcuni gioielli dalla società di compro oro che avevano messo in piedi insieme. L’ex socia lo aveva denunciato ma la vicenda era stata archiviata. La donna avrebbe anche chiesto soldi per il mantenimento di sua figlia che, secondo la donna, era figlia del collaboratore.
Stando alla ricostruzione della polizia, che non ha preso al momento provvedimenti nei confronti della donna, questa si sentiva “oppressa e minacciata” dall’ex. Non è ancora stabilito se Tiscornia abbia agito di sua iniziativa o sia stato spinto a farlo da qualcun altro. L’omicidio sarebbe stato premeditato dal 2018: il presunto assassino da agosto dello scorso anno avrebbe iniziato a pedinare Orazio per studiarne gli spostamenti e le abitudini.
Il giorno dell’omicidio, hanno spiegato gli investigatori, Tiscornia avrebbe posteggiato il suo furgone a Cogorno, vicino a Chiavari, dove ad aspettarlo c’era una sua amica che lo avrebbe accompagnato fino al silos di Chiavari senza sospettare nulla. Tiscornia si sarebbe nascosto nel piano del silos dove Orazio era solito parcheggiare il suo suv Merdeces e, tra le 20.20 e le 20.30, lo avrebbe ucciso con un colpo di pistola alla testa.
Poi si sarebbe fatto riaccompagnare dall’amica a Cogorno dove avrebbe ripreso il furgone e sarebbe tornato a casa. Sull’auto della donna la polizia scientifica hanno trovato tracce di polvere da sparo e l’impronta di una scarpa da lavoro lasciata anche sul luogo del delitto. Nel corso dell’inchiesta è stato fondamentale anche l’aiuto dell’associazione sordomuti: dentro una gioielleria della sua fidanzata, Tiscornia parla con il fratello della donna e gli dice che ha usato un solo colpo di pistola. Per ricostruire la frase è stato analizzato il labiale dai membri dell’associazione.
La vittima, che a Chiavari era conosciuto come orefice, era stato un importante collaboratore di giustizia: aveva ricostruito le fasi più sanguinose della guerra di mafia a Catania negli anni Novanta. Lui stesso si era accusato di essere l’autore di decine di agguati. Per sua scelta, nel 2009 era uscito dal programma di protezione: aveva concordato una “liquidazione” economica che aveva investito nella sua attività commerciale. Dopo diverse condanne, aveva chiuso i conti con la giustizia due settimane prima della sua morte.