Due mesi e dieci giorni. Poi l’ex Ilva di Taranto chiuderà. Il 6 settembre, giorno da cui non varrà più l’immunità penale per i vertici dell’azienda, in base a quanto stabilito dal Dl Crescita. Se questa evenienza dovesse diventare realtà, rimarrebbero a casa oltre 8mila dipendenti nel solo capoluogo pugliese. Il tutto a meno che il governo non individui una soluzione alternativa. È la minaccia, netta, di Geert Van Poelvoorde, amministratore delegato di ArcelorMittal Europa, i nuovi proprietari del siderurgico pugliese. “Il Governo continua a dirci di non preoccuparci, che troverà una soluzione, ma finora non c’è niente. Quindi il 6 settembre l’impianto chiuderà. Abbiamo ancora due mesi, spero che il Governo trovi una soluzione, siamo aperti a discutere” ha detto il manager del gruppo indiano a margine di una conferenza di Eurofer. E in serata è arrivata la risposta del ministero dello Sviluppo economico, con dichiarazioni e toni concilianti per quanto riguarda lo scudo dai processi (“vogliamo trovare una soluzione”), ma molto meno per la comunicazione dell’avvio della cassa integrazione tramite un comunicato stampa: “Atteggiamento irresponsabile” è stato il termine usato dalle fonti interne del dicastero per descrivere la mossa di Arcelor. Il riassunto perfetto è nelle parole del vicepremier Luigi Di Maio, che secondo quanto riportato dall’AdnKronos, in una riunione con i suoi collaboratori avrebbe detto: “Io non accetto ricatti. Qui la legge è uguale per tutti. Ilva resti aperta, non hanno nulla da temere, le soluzioni si trovano“.
“In queste condizioni non si può andare avanti”
Parole, quelle di Van Poelvoorde, che suonano come una minaccia per l’esecutivo gialloverde, anche perché soluzioni alternative non vengono individuate: si cambia o si chiude. “Noi non siamo in conflitto con il governo, non sappiamo perché faccia quello che fa, avrà le sue ragioni – ha spiegato l’ad di Arcelor – ma diciamo che in queste condizioni non si può andare avanti“. Il motivo è semplice, almeno a sentire il dirigente: “Non posso mandare i miei manager lì ad essere responsabili penalmente”, in una situazione già fuori norma perché l’impianto è sotto sequestro. Per questo motivo l’azienda è rimasta “sorpresa” dalla decisione dell’esecutivo di togliere la protezione legale. “Allo stesso tempo il governo ci dice che non vuole che ce ne andiamo, ma vuole che restiamo, e ci dicono che risolvono il problema – ha sottolineato – Noi abbiamo scritto un articolo molto chiaro per dire che il 6 settembre, quando entra in vigore questa legge, l’impianto si fermerà se nulla sarà successo”.
“Non c’è motivo per cui ci mandino via”
L’amministratore delegato ha assicurato anche che ArcelorMittal sta implementando il piano come previsto: “Noi ci fidiamo delle dichiarazioni del governo, stiamo andando avanti con il piano, non rallentiamo e aspettiamo che trovi una soluzione perché non c’è motivo per cui ci mandino via – ha spiegato – Ma apparentemente non vedono questo problema grave come lo vediamo noi e quindi hanno detto che lo risolveranno, lavorando a una soluzione legale“. L’azienda, è il ragionamento di Van Poelvoorde, avrebbe preferito aspettare che sulla vicenda dell’immunità si pronunciassero i giudici, che stanno esaminando la questione e daranno un parere a ottobre. Ma Lega e 5 Stelle hanno voluto comunque votare il provvedimento che abolisce le tutele, anticipando l’esito dell’analisi dei giudici. “Non puoi gestire un impianto sotto sequestro quando non hai protezione legale, è impossibile” ha ribadito l’ad.
Il Dl Crescita verrà approvato il 29 giugno
Il 29 giugno prossimo, nel frattempo, il Dl Crescita sarà convertito in legge e non c’è – né ci può essere – nessun segnale di modifica da parte dell’esecutivo gialloverde. Il vicepremier Di Maio, del resto, solo due giorni fa (il 24 giugno) aveva ribadito che non si sarebbe stata nessuna deroga sulla fine dell’immunità penale, confermando che non sarà più valida dal 6 settembre prossimo. “Questo era il nostro obiettivo e abbiamo detto che non siamo assolutamente contro i lavoratori e ArcelorMittal” è stata la presa di posizione del ministro dello Sviluppo Economico, a Taranto per il Tavolo del contratto istituzionale di sviluppo. Un muro contro muro al momento senza vie d’uscita plausibili, insomma, che ha messo in agitazione non poco il primo cittadino del capoluogo ionico. “Le dichiarazioni del gestore continuano a generare molta preoccupazione” ha detto Rinaldo Melucci, che ha ricordato come “già al tavolo del CIS di lunedì scorso a Taranto avevo chiesto al vicepremier Di Maio se stesse elaborando per precauzione un piano alternativo, ma la risposta non è stata convincente. Spero che il governo – ha aggiunto Melucci – agisca in fretta per mettere in sicurezza la vicenda”.
Il comunicato dei sindacati sulla cassintegrazione
L’annuncio dell’ad Geert Van Poelvoorde è arrivato nel giorno in cui è stato diramato un comunicato stampa durissimo da parte dei sindacati, che chiedono ad ArcelorMittal di bloccare le procedure per l’avvio della cassi ntegrazione ordinaria nell’ex stabilimento Ilva di Taranto (prevista da luglio per 1400 operai). In queste ore, hanno scritto Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm in una nota congiunta rivolta all’amministratore delegato e al direttore delle risorse umane dell’impianto, la società “sta comunicando ai lavoratori il numero delle giornate di cassa integrazione richiedendone inoltre la programmazione nel periodo indicato”. Un atteggiamento che le tre sigle hanno definito “irresponsabile“, ponendo l’accento sul fatto che l’esame congiunto della situazione non è ancora stato ultimato. L’incontro del 25 giugno non ha infatti prodotto “alcun avanzamento”, secondo quanto recitava una nota precedente.
Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm: “Atteggiamento irresponsabile da parte di Arcelor”
Tanto è vero che le stesse organizzazioni sindacali hanno chiesto martedì un immediato confronto presso il ministero dello Sviluppo economico, premettendo che se la convocazione non fosse arrivata in tempi brevi avrebbero provveduto loro stessi a convocare un consiglio di fabbrica unitario presso il Mise. “Di fronte a scelte già prese dalla multinazionale“, si legge nell’ultimo comunicato diffuso, i sindacati “non avrebbero nessun motivo di incontrarsi con l’azienda”, per quanto un nuovo confronto sia fissato per il prossimo 1° luglio. Proprio il giorno in cui la cassa integrazione dovrebbe prendere il via per quasi 1400 lavoratori nel sito di Taranto. L’intenzione di procedere con la misura è stata comunicata dall’azienda lo scorso 5 giugno, con la precisazione che si sarebbe comunque trattato di un provvedimento temporaneo, per fare fronte alle difficili condizioni di un mercato – quello dell’acciaio – che è comunque ciclico. La notizia era in effetti arrivata dopo che in maggio era già stata decisa la riduzione della produzione primaria in Europa. Quella di Taranto, nello specifico, è stata rallentata da 6 a 5 milioni di tonnellate.
La risposta (interlocutoria) del ministero dello Sviluppo Economico
In serata, a distanza di qualche ora dall’annuncia dell’ad di Arcelor Mittal Europa, è arrivata la replica del ministero dello Sviluppo economico. Non si tratta, almeno per ora, di una risposta ufficiale, bensì di una dichiarazione affidata alle agenzie da stampa da fonti del dicastero guidato da Luigi Di Maio. “Vogliamo trovare una soluzione assieme ad Arcelor Mittal visto che, come già detto, l’azienda era stata informata già a febbraio 2019 degli sviluppi circa la possibile revoca dell’immunità penale introdotta nel decreto-crescita – ha fatto sapere il Mise – alla luce della questione di legittimità costituzionale sollevata dal Gip di Taranto l’8 febbraio scorso sui diversi provvedimenti (tra cui proprio l’immunità penale) emessi dai Governi precedenti per salvare lo stabilimento siderurgico”. Non solo. Per quanto riguarda la cassa integrazione, per il ministero “l’avvio della Cig tramite comunicato stampa è un atteggiamento irresponsabile che mina l’equilibrio sociale del territorio di Taranto. Un equilibrio messo già a dura prova in questi decenni e che crea allarmismo e tensione – ha aggiunto il Mise – frutto anche delle dichiarazioni dell’ad di ArcelorMittal Europa, Geert Van Poelvoorde, sulla presunta chiusura dello stabilimento“.
Anche Matteo Salvini è intervenuto sulla questione in tarda serata, durante la registrazione della puntata di Porta a Porta in onda mercoledì sera, dichiarando che sull’ex Ilva “non ci possiamo permettere la chiusura. Sono 11mila posti di lavoro diretti e altrettanti indiretti. Per carità la tutela ambientale, ma gli imprenditori arrivati adesso hanno ereditato una situazione disastrosa e, in nove mesi, non possono sistemarla”.